Contro chi fa il saluto romano si applica la legge Scelba, la Cassazione ha deciso: cosa cambia ora
Il saluto romano si contesta con la legge Scelba, non con la legge Mancino. La decisione giuridica sulla norma da seguire nei processi e nelle indagini su chi fa un saluto romano in pubblico era attesa da anni, ed è arrivata oggi dalle sezioni unite della Corte di Cassazione. Ne dovranno prendere atto tutti i procedimenti in corso che riguardano dei saluti romani fatti in pubblico, soprattutto durante commemorazioni pubbliche. D'ora in poi il saluto romano potrà essere punito solo se c'è un "concreto pericolo" che il partito fascista venga ricostituito.
Perché la decisione della Cassazione era così attesa
Il caso che ha portato il tema all'attenzione della Corte è quello di otto militanti di estrema destra che nel 2016, alle commemorazioni per lo studente Sergio Ramelli, fecero il saluto romano.Gli otto erano stati assolti in primo grado perché mancava l'elemento soggettivo, cioè l'intenzione di compiere il reato, mentre erano stati condannati in appello nel 2023. La condanna però era arrivata applicando la legge Mancino, perché il tribunale milanese aveva stabilito che il saluto romano diffondeva "idee fondate sulla superiorità e sull'odio razziale ed etnico e sulla violenza". Dopo il ricorso in Cassazione, era stata richiesta una pronuncia delle sezioni unite sul tema.
La pronuncia arrivata oggi era molto attesa proprio perché influenzerà anche gli attuali e futuri processi che riguardano saluti romani fatti in pubblico. Adesso il processo d'appello dei andrà rifatto applicando invece la legge Scelba. Pochi giorni fa, il presidente del Senato Ignazio La Russa aveva commentato i fatti di Acca Larentia e sottolineato che il saluto romano non è sempre reato e si era detto "interessato, da avvocato" a conoscere la pronuncia della Cassazione.
Cos'è la legge Scelba e cosa cambia dopo la pronuncia
La legge Scelba risale al 1952, e fu creata per dare applicazione alla disposizione della Costituzione che vieta la ricostituzione del partito fascista. All'articolo 5, la norma punisce chiunque "partecipando a pubbliche riunioni, compie manifestazioni usuali del disciolto partito fascista". Invece, la legge Mancino fu approvata nel 1993 per punire gesti e slogan legati al fascismo che incitassero a violenza e discriminazione su base razziale, etnica, religiosa o nazionale.
La Corte di Cassazione ha stabilito che la "chiamata del presente" e il "saluto romano" è un "rituale evocativo della gestualità propria del disciolto partito fascista". Perciò rientra tra i contenuti della legge Scelba, che punisce quelle circostanze in cui ci sia un "concreto pericolo di riorganizzazione del disciolto partito fascista".
Non è detto, comunque, che in "determinate condizioni" non possa applicarsi, in aggiunta, anche la legge Mancino. In particolare, se ci sono "manifestazioni esteriori proprie o usuali di organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi che hanno tra i propri scopi l'incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi". Insomma, il fatto che si faccia il saluto romano non esclude che possano essere commessi altri reati, come l'incitamento alla violenza, ma il saluto romano in sé dovrà essere valutato secondo la legge Scelba.
L'avvocato di due degli otto imputati, Domenico Di Tullio, ha sottolineato che stando alla pronuncia della Cassazione "il saluto romano è punibile dalla legge Scelba solo quando ci sia reale e concreto pericolo di ricostituzione del partito fascista. Cosa che ovviamente non è nella cerimonia commemorativa del presente".
Per questo, secondo il difensore, "il saluto romano fatto da oltre quarant'anni nel corso di commemorazioni di defunti e vittime del terrorismo non è reato". Invece, per applicare la legge Mancino "è necessario che ci sia un'organizzazione che ha tra gli scopi la discriminazione razziale e la violenza razziale. Non è il caso del presente e del saluto romano, che non ha i requisiti della riorganizzazione né di discriminazione".