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Conte si prende la colpa della sconfitta alle europee ma resta alla guida del M5s

Giuseppe Conte si assume “tutta la responsabilità” del deludente risultato alle europee del M5S, fermatosi al 9,9% rispetto al 17% del 2019. Ma per il momento, la sua leadership, assicura, non è in discussione.
A cura di Giulia Casula
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"Mi assumo tutta la responsabilità del risultato, per non aver mobilitato i cittadini convincendoli dell'importanza di rinnovarci la fiducia". Fa mea culpa Giuseppe Conte dopo il deludente 9,9% del Movimento 5 Stelle alle elezioni europee. Ma la sua leadership – assicura – non è in discussione.

"Nessuno tra tutti quelli intervenuti ha posto il tema della mia leadership. Ma la mia guida è funzionale a un progetto, per cui torneremo a discutere di questo nella Costituente", dice l'ex premier intervistato dal Fatto Quotidiano. Il conclave grillino per Conte sarà "l'occasione di riaffermare la nostra identità, e definire temi e obiettivi di medio e lungo periodo".

Il leader si dice comunque pronto a fare un passo indietro, se dal partito arrivasse una richiesta di dimissioni. "Nel momento in cui non fossi più utile al progetto mi farei da parte, sempre pronto a dare il mio contributo al M5S". Per Conte, però, la sconfitta europea non è da imputare a un errore nella selezione dei temi che hanno composto l'agenda del M5s, principalmente incentrata sulla pace. "I cittadini hanno sempre ragione, ma non ha senso dire che abbiamo sbagliato temi che hanno radici profonde nei nostri principi e nei nostri valori, che per noi non sono derogabili", dice. "Abbiamo casomai sbagliato nel declinarli e comunicarli", aggiunge.

Insomma, un approccio comunicativo poco convincente che non premiato il Movimento 5 Stelle, già messo in difficoltà dai tentativi di trasformare la campagna elettorale in un duello tra Giorgia Meloni ed Elly Schlein. "Sicuramente la polarizzazione voluta da Meloni, d'accordo con Schlein e con la complicità dei mezzi di informazione, non ci ha favorito", ammette Conte. "In passato sarebbe stato facile supplire con la capacità pionieristica del M5S di usare i social network. Oggi sui social ci siamo tutti". Eppure, nonostante il voto europeo abbia confermato – con un risultato al di sopra delle aspettative – il Partito democratico come prima forza d'opposizione nel nostro paese, per l'ex premier quello con il Pd resta "un confronto tra pari, nel rispetto dei nostri valori e delle nostre peculiarità".

Il leader non si sottrae, inoltre, a una velata accusa nei confronti dei dem di essersi impossessati di temi un tempo bandiera del Movimento, come il salario minimo. "Le nostre battaglie sono diventate di moda anche tra chi come il Pd si oppose al reddito di cittadinanza e alla legge Spazzacorrotti e non voleva il salario minimo legale", dice. "Ma questo è un bene perchè le nostre proposte sono diventate tema di battaglia comune per il fronte progressista", aggiunge ribadendo, con una chiara allusione alla segretaria dem, di non essersi pentito "di non aver ingannato i cittadini evitando di mettere il mio nome sulla scheda elettorale anche se avrebbe migliorato il 9,99% di consenso elettorale. I principi sono principi", sottolinea.

Conte coglie anche l'occasione di rispondere all'ex leader Luigi Di Maio, il quale nei giorni scorsi aveva accusato l'avvocato di aver tolto l'anima ai Cinque stelle. "Forse è arrivato il momento di chiedere scusa agli elettori del Movimento rimasti delusi per il nostro sostegno al governo Draghi", dice. "Mi scuso innanzitutto io, anche se è noto che la mia posizione fu motivata solo dal fatto di difendere le riforme del Movimento in un momento tragico, con la gente in fila per i tamponi", prosegue. "Però la folgorazione di alcuni nostri ministri per quel governo, al punto di rinnegare valori e principi professati per anni, ha avuto per noi conseguenze disastrose, minano la nostra capacità di difendere l'agenda sociale del M5s. Sentirli inneggiare ancora oggi all'agenda Draghi come fosse un testo sacro rischia di riaprire una ferita che però vogliamo rimarginare", assicura.

Infine, l'ex premier torna su quanto accaduto la settimana scorsa alla Camera, dove il deputato grillino Leonardo Donno è rimasto coinvolto in una rissa, dopo aver sventolato la bandiera tricolore davanti al ministro Calderoli durante la discussione della riforma sull'Autonomia. Un'azione derubricata a "provocazione" da parte di Giorgia Meloni, che per Conte è inaccettabile. "Ha di fatto giustificato i calcoli e pugni nell'Aula della Camera. È gravissimo", dice. "Ma è anche un triste epilogo per quelli che si definiscono patrioti considerare il tricolore portato da Donno come un'offesa. D'altronde Meloni sta dando il suo via libera all'autonomia differenziata, una secessione che tradisce il Sud e spacca il Paese, condannato a morte i servizi e la sanità nelle aree più in difficoltà. Per questo invito tutti a unirsi a noi in piazza a Roma, martedì, per dire no a questo scellerato progetto di autonomia differenziata", conclude.

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