Conte e il condono a Ischia nel 2018: cosa dice l’articolo 25 del decreto Genova
Nel 2018, il primo governo di Giuseppe Conte – formato da Movimento 5 stelle e Lega – ha approvato il cosiddetto decreto Genova, con il voto favorevole di Fratelli d'Italia. In questi giorni, l'articolo 25 del decreto Genova è tornato al centro di polemiche dopo la frana di Ischia. Il dissesto che ha travolto Casamicciola, causando numerose vittime accertate, è stato infatti il risultato di diversi fattori: ci sono state forti precipitazioni nella mattina di sabato, e queste hanno interessato anche zone in cui non si doveva costruire affatto.
Cosa dice l'articolo 25 sul condono edilizio a Ischia nel decreto Genova
Proprio il tema dell'abuso edilizio chiama in causa quel decreto del governo Conte, venuto dopo il crollo del ponte Morandi a Genova, il cui articolo 25 si intitolava ‘Definizione delle procedure di condono‘ e si riferiva a tre Comuni dell'isola di Ischia, tra cui Casamicciola. Giuseppe Conte ha spiegato che non si trattava di un nuovo condono, ma di una velocizzazione delle pratiche già aperte, per "mettere ordine e accelerare" le vecchie procedure "basate sulle leggi pregresse".
A Ischia ci sono circa 27mila richieste di condono, di cui 13.500 relative a case interamente abusive, su un totale di 60mila case sull'isola. Solo a Casamicciola, un Comune di poco più di 8mila abitanti, le domande sono 3.506, secondo dati di Legambiente. Molte sono arrivate dopo il terremoto del 21 agosto 2017, a cui faceva riferimento il decreto. Lo scopo, secondo quanto dichiarato da Conte, era quindi di ‘smaltire' quelle richieste arretrate: non aggiungere nuovi condoni, ma dare risposta rapida (entro sei mesi, diceva il testo del decreto) alle richieste di condono già avviate.
Da questo punto di vista, quindi, sembrerebbe sbagliare chi accusa il governo Conte di aver eseguito un condono. L'hanno fatto Matteo Renzi e Carlo Calenda ieri, parlando di un vero e proprio "condono di Ischia". In realtà, la questione è più complicata: il decreto del governo Conte non creò un nuovo condono, ma comunque secondo molti applicò regole meno severe di quanto avrebbe potuto.
Cosa sono i condoni edilizi e come funzionano
In sostanza, un condono edilizio serve per permettere alle persone che hanno costruzioni irregolari – da una veranda, a una finestra, a una casa intera – di regolare la propria posizione con lo Stato, evitando alcune sanzioni. Può esserci poi una ‘sanatoria', ovvero del tempo per mettere in regola ciò che è stato costruito ed evitare definitivamente le conseguenze legali. Nei casi in cui non è possibile ‘sanare' le costruzioni, queste andrebbero demolite.
In Italia ci sono state tre condoni edilizi propriamente detti: uno nel 1985, uno nel 1994 e uno nel 2003, ciascuno con regole diverse. Il decreto Genova del 2018 diceva esplicitamente che, per le procedure da valutare a Ischia, avevano "esclusiva applicazione" le regole del 1985. Quindi ignorava i condoni successivi, quelli del 1994 e del 2003, che erano più stringenti in certi ambiti.
In particolare, per quel che riguarda il rischio idrogeologico, la normativa del 1985 è piuttosto vaga. Il testo parla di "interessi idrogeologici" da tutelare, ma non entra nel dettaglio. Anche Legambiente ha sostenuto che i criteri del 1985 fossero "più permissivi" di quelli successivi, perché la legge era "precedente a molte normative di contrasto del rischio sismico, vulcanico e idrogeologico". Quindi, scegliendo di applicare una legge invece di quelle successive, il governo Conte avrebbe di fatto dato il via libera a case che con criteri più stringenti non avrebbero potuto restare in piedi.
Perché non si demoliscono le case abusive
Un altro dei problemi con gli abusi edilizi è che, anche quando si dovrebbero effettuare delle demolizioni, ad esempio perché gli edifici sono pericolosi e non possono essere ‘sanati', questo spesso non avviene. Sergio Costa, ministro dell'Ambiente nel primo governo Conte, ha detto che per quanto riguarda gli immobili abusivi di Ischia, ci sono "circa 10mila" ordinanze di demolizione che vengono da sentenze penali definitive.
"Funziona così", ha spiegato Costa al Corriere della Sera: "La Procura chiede ai Comuni di attivarsi presso la Cassa depositi e prestiti, la quale deve anticipare i soldi alle amministrazioni comunali" per la demolizione. "I Comuni, però, spesso sono tutt’altro che attivi, sia per motivi di consenso sia perché non è facile poi recuperare le somme dal responsabile dell’abuso edilizio". Così, per non indebitare i Comuni, finora delle 10mila demolizioni che avrebbero dovuto esserci a Ischia ne è stato fatto "poco più del 2%", ha detto Costa.