Conte cambia versione su Alzano e Nembro: “Il verbale Cts su zona rossa l’ho letto il 5 marzo”
Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha cambiato versione sul verbale del 3 marzo – che non è stato ancora pubblicato per intero – quello in cui il Comitato tecnico scientifico aveva suggerito al governo di allargare la zona rossa che era stata decisa per i comuni del Lodigiano ai due comuni bergamaschi di Alzano Lombardo e Nembro, che poi però non furono chiusi.
Secondo il libro scritto dai giornalisti Marco Imarisio, Simona Ravizza e Fiorenza Sarzanini, ‘Come nasce un’epidemia – la strage di Bergamo, il focolaio più micidiale d’Europa', il presidente del Consiglio Giuseppe Conte non avrebbe mai avuto accesso a quel verbale, sebbene il documento sia stato trasmesso a Palazzo Chigi.
Il premier ha riferito ai magistrati di Bergamo, che lo hanno sentito come testimone lo scorso 12 giugno a Roma, nell'ambito dell'inchiesta avviata per accertare eventuali responsabilità sui morti della Val Seriana, di non aver mai letto quel verbale: "Quel documento non mi è mai arrivato". La dichiarazione è riportata in uno stralcio del libro pubblicato dal ‘Corriere della sera'.
Ieri però durante la conferenza stampa tenuta dopo l'approvazione del decreto Agosto, Conte ha dato una versione diversa dei fatti: "Del verbale del 3 marzo del comitato tecnico scientifico io ne sono venuto a conoscenza il 5", spiegando poi che dopo un'attenta analisi degli eventi fu lo stesso Cts tra il 6 e il 7 marzo a "convincersi" che servisse chiudere l’intera Lombardia. Ricostruendo la cronologia degli eventi di quei giorni che precedettero il lockdown Conte ha così risposto ai giornalisti sul contenuto del documento diffuso poche ore prima su Alzano e Nembro. "Non posso riferire cosa ho detto agli inquirenti", ha aggiunto. In quel verbale, il Cts raccomandava al governo di istituire una zona rossa anche nella Bassa Valseriana, esattamente come già fatto nei dieci comuni del Lodigiano e a Vo' Euganeo.
Dopo una giornata di attacchi e polemiche, sollevate soprattutto dalla Lega, Conte ha ripercorso le tappe: "Io vengo a conoscenza del verbale il giorno 5 e quel giorno fermandomi con i ministri a margine del Cdm valutiamo la possibilità di una zona rossa. A quel punto valutiamo l’opportunità di una consultazione con il Cts. Lo chiede il ministro della Salute a Brusaferro che la sera del 5 elabora un parere e a notte inoltrata lo manda anche a me ci confrontiamo io e il ministro e lui il giorno dopo era a Bruxelles. Gli anticipo che sarei stato io al Cts il giorno dopo".
"Avevamo predisposto la zona rossa ma avevamo un dubbio – ha proseguito – con una situazione compromessa che senso ha istituire la zona rossa solo per due comuni? Con me alla Protezione civile c’era anche il segretario generale della presidenza del Consiglio. Da quel dialogo parte un supplemento di riflessione del Cts, che la mattina del 6 dispone dei dati aggiornati del 5. A quel punto li lascio liberi di valutare: loro si convincono che sia necessario adottare misure più restrittive".
Dai verbali desecretati del Cts, e in particolare da quello del 7, emerge come i consulenti del governo avessero raccomandato "misure rigorose" solo per la Lombardia, e 11 province. Consigliando però misure meno stringenti per il resto d’Italia. "Il parere del Cts è del 7 e in poche ore ci confrontiamo con i ministri e gli enti locali – ha continuato Conte – tra le due e le tre di notte io firmo il nuovo Dpcm con misure più radicali"-
È dell'8 marzo il primo Dpcm, quello in cui si chiude la regione Lombardia e 14 province: alle 11 province indicate dagli esperti si aggiungono Novara, Verbano Cusio Ossola e Vercelli. Dopo due giorni, con i fuori sede al Nord che hanno assaltato i treni per tornare a casa verso Sud, e con l'aumento dei contagi, il governo ha deciso di chiudere tutta Italia con il lockdown nazionale.