Consiglio Ue, Polonia e Ungheria bloccano l’accordo sui migranti e mettono in imbarazzo Meloni
Il primo giorno del Consiglio europeo iniziato ieri aveva portato, secondo Giorgia Meloni, una bozza "soddisfacente" delle conclusioni finali in cui "le posizioni italiane ci sono". Così aveva dichiarato la stessa presidente del Consiglio. Poi, però, in serata è arrivato il blocco degli alleati dell'asse sovranista: Polonia e Ungheria si sono opposti al Patto sulle migrazioni, approvato venti giorni fa. Un testo che anche il centrodestra italiano aveva salutato come un successo, o almeno come un buon punto di partenza, mentre il Pd aveva lamentato la mancanza di attenzioni ai diritti umani. I leader polacco e ungherese, Mateusz Morawiecki e Viktor Orbán, hanno invece protestato duramente chiedendo che il Patto venga cambiato e ulteriormente indebolito.
In mattinata, Giorgia Meloni aveva affermato che "quello che c'è scritto oggi sulle migrazioni era probabilmente impensabile otto mesi fa, siamo davvero riusciti a cambiare il punto di vista". Evidentemente, però, non erano d'accordo Ungheria e Polonia. I due presidenti hanno chiesto che sia rimossa la norma che prevede di redistribuire una parte dei migranti tra i Paesi europei, e di far pagare una sorta di sanzione agli Stati che rifiutano, pari a 20mila euro a migrante. In più, hanno proposto di introdurre il principio dell'unanimità nel regolamento, così da potersi sempre opporre alle decisioni sul tema.
"Una grande battaglia è in corso al Consiglio Europeo sul Patto sulla migrazione. Bruxelles spinge per un testo pro-immigrazione, mentre il duo polacco-ungherese combatte e resiste insieme. Sarà una lunga notte!", ha twittato durante il dibattito Balázs Orbán, direttore politico di Viktor Orbán. A sua volta, il leader ungherese ha detto in un'intervista a Kossuth Radio che si è trattato di "una guerra sull'immigrazione. Non una rivolta, ma una lotta per la libertà". Sul piano formale, la contestazione è che in passato si era deciso che in materia di migrazioni le decisioni sarebbero passate dai capi di Stato e di governo, mentre il Patto sulle migrazioni è stato approvato dai ministri dell'Interno, con un "colpo di mano", secondo Orbán.
Il piano polacco si chiamerebbe "Europa delle frontiere" e prevederebbe un "no all’immigrazione clandestina" e "no all’imposizione di sanzioni pecuniarie o sanzioni varie" per chi non accetta di prendere parte alle redistribuzioni. Una misura che toglierebbe un importante sostegno all'Italia, uno dei Paesi con il maggior numero di primi ingressi di persone migranti. E che, peraltro, aumenterebbe le distanze con il Parlamento europeo e allungherebbe i tempi della trattative per arrivare ad approvare il Patto sulle migrazioni.
Il testo che aveva messo tutti d'accordo a inizio giugno (si erano opposti solo in due, proprio Ungheria e Polonia) è la versione del Consiglio europeo: poi dovrebbero iniziare le trattative con il Parlamento europeo – che ha già dato il via libera alla sua versione ad aprile – per arrivare a un testo definitivo e ufficiale. Le tempistiche impongono di riuscire a concludere il tutto entro il prossimo giugno, quando ci saranno le elezioni europee. E più i mesi passano, più si avvicina l'inizio della campagna elettorale e il Patto sulle migrazioni diventa un argomento spinoso e facile da strumentalizzare.
Il passo indietro dei sovranisti, così, mette in difficoltà l'Ue e anche Giorgia Meloni, che si trova dalla parte opposta rispetto ai suoi storici alleati. "Abbiamo ottimi rapporti con la premier italiana", ha ribadito il polacco Morawiecki, ma adesso la presidente del Consiglio italiana è costretta a cercare una mediazione per non sacrificare le ‘conquiste' dell'Italia che tanto aveva esaltato. Ieri il dibattito è proseguito fino all'una di notte, ma è stato impossibile arrivare a una conclusione condivisa sulle migrazioni. I lavori sono stati aggiornati a oggi, e ci saranno poche ore di tempo per trovare un compromesso.