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Consiglio europeo, firmato l’accordo sul Recovery Fund: all’Italia andranno 209 miliardi

Dopo quattro giorni e quattro notti di trattative il Consiglio europeo ha trovato e siglato l’accordo sul Recovery Fund e sul piano di rilancio dell’economia Ue dopo l’emergenza Coronavirus. Verranno stanziati 750 miliardi, di cui una buona parte – ben 209 miliardi tra sovvenzioni e prestiti – andranno all’Italia.
A cura di Stefano Rizzuti
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Ci sono voluti quasi cinque giorni, ma alla fine l’accordo è stato trovato. Il negoziato che si è tenuto al Consiglio europeo sul Recovery Fund si è concluso con un compromesso che ha portato alla firma dell’intesa alle 5.32 del mattina, dopo un’altra notte di lunghe trattative. Il piano per la ripresa dell’Ue dopo l’emergenza Coronavirus prevederà quindi lo stanziamento di 750 miliardi per aiutare i Paesi più colpiti dalla crisi sanitaria ed economica, di cui l’Italia beneficerà più di chiunque altra, con una fetta da ben 209 miliardi di euro tra sussidi e prestiti. “Deal”, scrive su Twitter il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, per annunciare il trovato accordo, definito “ottimo e giusto”. Esulta anche il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte: “Abbiamo conseguito questo risultato tutelando la dignità del nostro Paese e l’autonomia delle istituzioni comunitarie”, afferma al termine del Consiglio in conferenza stampa e confermando la cifra da 209 miliardi destinata all’Italia. Per il presidente del Consiglio quella di oggi è una "giornata storica per l'Europa e per l'Italia".

Merkel e Macron: giorno storico per l'Ue

Parla di giorno storico per l’Europa anche il presidente francese, Emmanuel Macron. Per la cancelliera tedesca Angela Merkell’Europa ha dimostrato di essere in grado di aprire nuovi orizzonti in una situazione così speciale”. La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, sottolinea come sia stato approvato un “pacchetto senza precedenti: il Recovery and Resilience Facility è stabilito in una maniera molto chiara: è volontario, ma chi vi accede deve allinearsi con il semestre europeo e le raccomandazioni ai Paesi. Finora dipendeva solo dai Paesi rispettarle o meno, ma ora le raccomandazioni sono legate a sussidi e potenziali prestiti”. Gioisce su Facebook anche il ministro per gli Affari europei, Enzo Amendola: "Abbiamo raggiunto un accordo storico dopo 4 giorni e 4 notti di duri negoziati. Egoismi e veti stavano mettendo a rischio il futuro dell'Europa, ma l'Italia è stata determinata".

L’accordo sul Recovery Fund: 750 mld tra sussidi e prestiti

L’intesa è arrivata sull’ultima proposta presentata da Michel, con i 750 miliardi inizialmente previsti rimasti intatti, ma con un aumento dei prestiti e una riduzione delle sovvenzioni, così come chiesto dai Paesi Frugali. Che hanno ottenuto anche un aumento dei rebates, ovvero una sorta di sconto ai versamenti per il bilancio pluriennale Ue. Per il Recovery Fund alla fine si tratterà di 390 miliardi di sovvenzioni e 360 di prestiti. L’Italia limita i danni e perde, rispetto al piano iniziale, solamente meno di 4 miliardi di sussidi (arrivando a 81) e guadagna invece quasi 40 miliardi di prestiti, con 127 miliardi totali. L’Italia sarà il primo beneficiario, seguito dalla Spagna. Le risorse provenienti dagli Eurobond arriveranno nel secondo trimestre del 2021, ma saranno utilizzabili anche retroattivamente per le spese coperte a partire da febbraio 2020, da quando è iniziata l’epidemia in Europa.

Lo scontro e l'intesa sulla governance

Uno dei temi che più hanno acceso la discussione, soprattutto tra Conte e il premier olandese Mark Rutte, è stato quello della governance, ovvero dei controlli su come questi finanziamenti vengono spesi dai singoli Stati. Alla fine si è trovato l’accordo: quando un governo presenterà il suo Piano nazionale di riforme, la Commissione deciderà entro due mesi se promuoverlo (tenendo conto di una serie di elementi, come la digitalizzazione e le politiche ambientali ma non solo), poi però arriverà anche una votazione da parte dei ministri a maggioranza qualificata. In pratica un gruppo di Paesi che rappresenta il 35% della popolazione potrà bloccare il piano per ottenere i finanziamenti. Una conquista per Rutte, così come il super-freno d’emergenza che si potrà applicare quando verrà verificato il rispetto degli obiettivi intermedi. L’iter potrà durare non più di tre mesi e l’ultima parola spetterà sempre alla Commissione. Ultimo scoglio: il rispetto dello Stato di diritto. Il principio è stato introdotto, ma in maniera meno esplicita di come inizialmente preventivato.

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