Consiglio di stato: “Fecondazione eterologa a pagamento discrimina le coppie sterili”
La fecondazione eterologa non può essere a carico delle coppie. Il Consiglio di stato ha ribadito quanto già deiciso dal Tar e ha bocciato la delibera della Regione Lombardia che aveva addossato i costi dell'eterologa a chi ne facesse ricorso. Per il Consiglio di stato, "la determinazione regionale di distinguere la fecondazione omologa da quella eterologa, finanziando la prima e ponendo a carico degli assistiti la seconda, non risulta giustificata" e "realizza una disparità di trattamento lesivo del diritto alla salute delle coppie affette da sterilità o da infertilità assolute".
Nel 2014, dopo che la Corte costituzionale aveva dato il via libera all'eterologa dopo il divieto della legge 40 del 2003, la Regione Lombardia aveva preso la decisione di addossarne i costi alle coppie, con tariffe dai 1.500 ai 4.000 euro. Movimento 5 stelle e Partito democratico avevano presentato una mozione, bocciata dal Consiglio regionale lombardo, per chiedere l'introduzione di un ticket uguale per eterologa e omologa. L'associazione Sos Infertilità onlus aveva impugnato il provvedimento, facendo ricorso al Tar. I giudici avevano ritenuto la decisione della giunta lombarda "discriminatoria", poiché stabiliva un trattamento decisamente diverso tra le coppie che ricorrono alla fecondazione omologa – a carico della Regione – e quelle che invece che ricorrono all'eterologa. Il presidente Roberto Maroni, allora, si era rivolto al Consiglio di stato, che però ha confermato quanto deciso dal Tar.
"Le esigenze finanziarie da parte dell'amministrazione non possono indurla a discriminare", si legge nella sentenza, in cui si ricorda che la Regione "deve garantire ragionevolmente il medesimo trattamento a tutti i soggetti che versino nella stessa sostanziale situazione di bisogno, a tutela del nucleo irriducibile del diritto alla salute quale diritto dell'infidivio e interesse della collettività". Secondo i giudici, tra l'altro, "pur dovendo considerare la scarsezza dei mezzi e la limitatezza delle risorse di cui dispone", l'amministrazione regionale "non può ignorare una domanda di prestazione sanitaria che si faccia portatrice di interessi sostanziali parimenti bisognosi di risposta, perchè verrebbe meno, altrimenti, al fondamentale compito che compete in uno stato sociale di diritto, quello di garantire i livelli essenziali di assistenza o, comunque, l'effettività di un diritto complesso – e così essenzialmente interrelato all'organizzazione sanitaria – come quello alla salute nel suo nucleo irriducibile, pur in un quadro di risorse finanziarie limitate". In questo modo, sostanzialmente, cade anche la motivazione che la Regione aveva presentato per la sua scelta, quella economica. Il richiamo alle esigenze finanziarie "perlatro nemmeno adombrate nei provvedimenti regionali, non può giustificare la mancanza di adeguate ragioni selettive, che pongano un ragionevole punto di discrimine nell'accesso alle prestazioni santiarie di soggetti aventi diritto", hanno scritto i giudici. Tra l'altro, l'eterologa è stata inserita nei nuovi Lea.
"La decisione del Consiglio di Stato sgombra finalmente il campo da ogni equivoco e cancella una decisione retrograda e bigotta, una vergogna che mutilava e umiliava il diritto alla genitorialità per tutti. Ora Maroni spieghi perché la Regione ha buttato i soldi dei cittadini in spese per avvocati utili solo a cancellare in Lombardia la democrazia e la laicità", ha dichiarato Paola Macchi del Movimento 5 stelle. Per Sara Valmaggi, del Partito democratico, il Consiglio di Stato ristabilisce un criterio di giustizia. La Lombardia non perda altro tempo e faccia quello che hanno fatto le altre regioni".