Conosci il Pd? Analisi del fallimento ai tempi di facebook
La pubblicità su Facebook: così fan tutti
Le valutazioni di Ballardini sulla campagna tesseramenti del Pd: "Non è altro che una brutta imitazione del berlusconismo"
“Una domanda simile non significa un accidente”. Questo il modo in cui si può condensare la campagna pubblicitaria del Pd secondo Bruno Ballardini, pubblicitario e scrittore, una lunga carriera nelle più importanti agenzie internazionali come la Young & Rubicam e la Saatchi & Saatchi. Conosci Faruk? Conosci Eva? Conosci Serena? Queste le domande che i manifesti affissi in tutta Roma, perlopiù abusivamente, rivolgevano agli ignari passanti. L’obiettivo era incuriosire le persone per poi indurle a cliccare sulla pagina Facebook segnalata in calce. Risultato? Pochissimi click, innumerevoli parodie e qualche minaccia di denuncia per affissioni abusive. Scelte strategiche sbagliate che hanno influito negativamente sull’immagine del partito, “che già di per se è pessima – precisa Ballardini – se il partito di Bersani non chiarisce alcune contraddizioni interne, di stampo politico, la gente continuerà a non volerli conoscere”.
Per quanto riguarda la semplice strategia comunicativa approntata per il tesseramento 2012, cosa c’è di sbagliato nelle scelte effettuate dal reparto pubblicitario? La mancanza di originalità può essere una causa? Secondo Ballardini, è quella principale: “Il Pd ha deciso di rivolgersi ai social network perché così fan tutti. La scelta di Facebook deve, invece, essere ragionata. Su internet non ci sono solo simpatizzanti e sostenitori. Si è in campo aperto, dove abbondano anche le critiche”. Non solo: la mancanza di originalità nella comunicazione del Partito Democratico si evince, secondo Ballardini, anche da fattori che prescindono dal mezzo utilizzato: “Si fa a volte una brutta imitazione del berlusconismo! Usano la pubblicità pensando di modificare l’attitudine e l’atteggiamento del pubblico. Non è così che si fa questo mestiere. La pubblicità serve a informare. Se prometti una cosa poi la devi mantenere. In tal caso, invece – prosegue Ballardini – non si capisce bene quale fosse il messaggio e quali i benefici che il consumatore può ottenere cliccando su quella pagina”.
L’equivoco è tutto lì: nella scelta indiscriminata dei social network e delle ultime mode in campo comunicazionale. Viral marketing e guerrilla marketing sembrano diventati l’ultima spiaggia di chi non ha particolari idee su come pianificare una strategia di comunicazione. Una sorta di ancora di salvataggio che, però, nasconde molte più insidie di quanto non siano i facili benefici: “Cosa succederebbe se tutti si mettessero a fare guerrilla? – si chiede Ballardini – persone appostate a ogni angolo di strada che ti saltano addosso solo per dirti ‘sorrida, è un flash mob?’. A questo punto meglio la vecchia pubblicità tradizionale, dove il messaggio era chiaro, diretto e senza equivoci”. Una critica forte quella di Ballardini al Partito Democratico, che non si è sentito, però, in dovere di rispondere nonostante le nostre ripetute insistenze. Stefano Di Traglia, responsabile comunicazione del Pd, non ha infatti trovato modo e tempo di riceverci, lasciando come unico commento, affidato all’ufficio stampa, un laconico: “Non vogliamo pregiudicare la campagna di tesseramento”. Più chiari di così…