Con il Jobs Act è boom di licenziamenti disciplinari
È l’INPS, con la pubblicazione dei dati dell’Osservatorio sul precariato, a certificare una volta di più i “meriti” e gli “effetti collaterali” della riforma del lavoro impostata dal Governo Renzi, con il Jobs Act e le misure di decontribuzione sulle nuove assunzioni. I dati relativi al primo bimestre 2017, infatti, testimoniano l’aumento in percentuale del saldo positivo tra assunzioni e cessazioni nel settore privato: nel periodo considerato è di +211.000, superiore a quello del corrispondente periodo del 2016 (quando il saldo fece segnare un +182.000) e inferiore a quello osservato nel 2015 (+244.000). Su base annua, il saldo è positivo, con 352mila nuovi contratti di lavoro in più, anche vale la pena di rilevare come si tratti per gran parte di contratti a tempo determinato (284mila nuove assunzioni), mentre quelli a tempo indeterminato sottoscritti sono solo 33mila in più. A tale riscontro, vanno sommate le trasformazioni da determinato a indeterminato, che sono circa 60mila, in riduzione del 13,6% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno.
Come dicevamo in apertura, aumentano però anche i licenziamenti disciplinari che, dopo le modifiche introdotte col Jobs Act, sono “più facili” da portare a termine per i datori di lavoro (dal momento che non c'è il reintegro automatico in caso di licenziamenti illegittimi). Nei primi due mesi del 2017 sono stati registrati 5347 licenziamenti disciplinari, con un aumento del 30% circa rispetto allo stesso periodo dello scorso anno e del 65% circa rispetto a quando la normativa era diversa ed era previsto il reintegro in caso di licenziamento illegittimo.
Cresce, infine, anche l’utilizzo dei voucher nel mese di marzo, certamente in relazione alla “corsa” per accaparrarsi gli ultimi buoni utilizzabili prima della definitiva abolizione dello strumento disposta dal Governo Gentiloni.