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Con i nuovi sussidi di Meloni più italiani a rischio povertà assoluta: l’allarme

Tra il 2020 e il 2021 il RdC ha consentito a 450mila famiglie di uscire dalla povertà assoluta. “Un dato importante ma non sufficiente”, dice il portavoce di Alleanza contro la Povertà. “Questo ci preoccupa ancora di più oggi, sapendo che i nuovi strumenti di contrasto (Assegno di Inclusione e Supporto per la Formazione e il Lavoro) hanno finora dimezzato quella platea già ristretta”.
A cura di Giulia Casula
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"Serve allargare la platea dei nuovi sussidi prima che sia troppo tardi: ovvero, prima che la popolazione italiana in condizione di povertà assoluta aumenti ulteriormente". A lanciare l'allarme è Antonio Russo, portavoce di Alleanza contro la Povertà (AcP).

Ieri, il Comitato scientifico incaricato dal Ministero del Lavoro di analizzare la valutazione dell'impatto  dell'Reddito di cittadinanza in tutto il periodo in cui è stato attivo (ovvero da aprile 2019 a dicembre 2023), ha pubblicato il suo resoconto. Ciò che è emerso, sulla base dei dati Inps, è che tra il 2020 e il 2021, i due anni dell'emergenza Covid, la misura introdotta dal governo Conte ha permesso a circa 450mila famiglie di uscire dalla condizione di povertà. Nel 2022 il numero è sceso a 300mila. "Un dato importante ma non sufficiente, visto che – sempre secondo quanto riferito dal ministero del Lavoro – nel 2021 solo il 38% delle famiglie in povertà assoluta ne hanno beneficiato", dice Russo.

La relazione del Comitato della ministra Calderone ha acceso dunque una luce sull'incapacità del Reddito di cittadinanza di garantire una sufficiente copertura di un rilevante numero di famiglie povere. Secondo i dati Euromod, infatti, i livelli di copertura risulterebbero inferiori alla media del resto d'Europa. "È questo un problema che abbiamo sempre evidenziato e che ci preoccupa ancora di più oggi, sapendo che i nuovi strumenti di contrasto (Assegno di Inclusione e Supporto per la Formazione e il Lavoro), introdotti dalla legge 85/2023, hanno finora dimezzato quella platea già limitata e ristretta".

Da qui la richiesta di Alleanza contro la Povertà approfondire la questione rilevata dal Ministero del Lavoro non solo in relazione al RdC, ma anche agli strumenti introdotti dal governo Meloni. "Tali misure stanno lasciando fuori una fetta troppo grande di persone e famiglie che hanno invece bisogno di essere sostenute, soprattutto per la forte pressione dell'inflazione. Torniamo quindi a sollecitare la pubblicazione di dati e l'approfondimento dell'impatto dei nuovi strumenti di contrasto alla povertà: conoscere questi numeri adesso permetterebbe infatti di applicare correttivi e modifiche", afferma Russo.

AcP insiste sulla necessità di provvedere "all'aggiornamento della soglia del reddito annuale di 6mila euro all’inflazione; di integrare il sussidio con misure personalizzate attraverso una valutazione multidimensionale dei nuclei familiari e la rimodulazione della scala di equivalenza", di lavorare per una "sinergia con gli attori del Terzo settore, per la realizzazione di iniziative che facilitino la partecipazione alle misure e la promozione di servizi adeguati", e infine di potenziare "le politiche attive del lavoro" e "innalzare la cumulabilità tra l’indennità di sostegno al reddito e i salari percepiti dalle prestazioni lavorative.

L'auspicio quindi è che "il governo consideri una priorità il monitoraggio (con l’annessa puntuale e
trasparente messa a disposizione dei dati) e la valutazione delle nuove misure introdotte dalla riforma, sulla base della loro efficacia nella riduzione della povertà", concludono.

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