Comunicato Rai pro Israele, Verducci (Pd): “Intervento dell’ad va contro libertà d’espressione”
Ha sollevato polemiche l'intervento dell'amministratore delegato della Rai, Roberto Sergio, che domenica ha fatto leggere in direttamente dalla conduttrice Mara Venier un suo comunicato che prendeva le distanze dalle parole pronunciate da Ghali: "Stop al genocidio. La nota dell'ad ha portato molti esponenti delle opposizioni a protestare, mentre il ministro Tajani ha detto che è stato corretto perché è servito a "riequilibrare la situazione". Francesco Verducci, senatore del Pd, siede nella commissione di Vigilanza Rai ed è vicepresidente della commissione contro razzismo, antisemitismo e discriminazioni. A Fanpage.it ha chiarito che secondo lui le parole di Ghali sono sbagliate, ma l'intervento dell'amministratore delegato ha creato un "precedente pericoloso" per il modo in cui è avvenuto: "Un clima di condizionamento. Di intimidazione rispetto ad alcuni temi. Non c'è neanche bisogno di censura, c'è già un clima che di fatto è censorio".
È grave che l'amministratore delegato della Rai intervenga con un comunicato, fatto leggere in diretta dalla conduttrice, per contrastare le parole di un ospite (peraltro un artista in gara a Sanremo)?
Al di là del contenuto di quel comunicato, c'è un tema che riguarda la modalità dell'intervento. Io penso che sia un intervento assolutamente sbagliato. Non per il merito del comunicato ma per il metodo.
Perché?
È un precedente molto pesante per le modalità in cui è avvenuto. E può essere un precedente pericoloso per l'autonomia del servizio pubblico e per lo spazio di libertà che si deve sempre rispettare. Qui stiamo parlando dell'amministratore delegato, il suo intervento in diretta tramite comunicato è abnorme. In Rai c'è una struttura, un codice etico, dei meccanismi da seguire. Il fatto che l'ad intervenga in prima persona, facendo leggere il comunicato, è evidentemente una forzatura. I contenuti di una trasmissione, incluse le opinioni degli ospiti, si gestiscono all'interno della trasmissione, sotto la responsabilità del conduttore o della conduttrice.
Anche sulla conduttrice c'è stata polemica: Mara Venier ha fermato Dargen D'Amico mentre parlava di immigrazione.
Una vicenda pessima e inquietante. Il fatto che un artista – rispondendo a domande fatte dai giornalisti presenti, peraltro – dica la sua e venga stoppato, redarguito, dicendo "no, qui non si può parlare di questo". È stata una forzatura. Un mettere a tacere palesemente un tema e un'opinione perché ritenute politicamente problematiche. La Rai non può essere questo. A vedere quelle immagini traspare un clima pesantissimo di condizionamento della libertà di espressione.
E nel caso di Ghali?
Qui c'è addirittura un intervento per interposta persona dell'amministratore delegato, tramite la conduttrice. Un precedente pesante, improprio, che andava evitato, sempre dal punto di vista del metodo.
Sul contenuto del comunicato di Sergio è d'accordo?
Il merito io lo condivido, sono tre righe di comunicato in cui c'è solidarietà a lla popolazione di Israele. Condivido assolutamente. Certo, si sarebbe dovuta aggiungere la preoccupazione per la catastrofe umanitaria a Gaza. Allo stesso modo penso che Ghali abbia sbagliato a parlare di ‘genocidio'. Le parole sono importanti, e non vanno sbagliate. C'è un intervento militare di Israele nella striscia di Gaza. Devastante, drammatico, e secondo me sbagliato in queste forme perché mina il diritto internazionale e umanitario. Non bisogna sbagliare termini, perché siamo in un contesto di enorme rigurgito di antisemitismo, islamofobia, intolleranza e discriminazioni. Ma tornando alla Rai, ripeto, penso che il tema sia il metodo. Il rispetto dello spazio della libertà di espressione. Un intervento dell'ad, in quel contesto e con quelle modalità, è sbagliato.
Diversi esponenti della maggioranza avevano chiesto delle scuse da parte della Rai dopo le sue parole a Sanremo.
Non è che la Rai si debba scusare per le opinioni di qualcuno. Sono di chi le esprime, non ne risponde la Rai. A Sanremo e ovunque le persone devono essere libere di esprimersi. Sta alla Rai costruire format in cui ci siano conduttori in grado per deontologia ed equilibrio di assicurare pluralismo, correttezza delle informazioni, rispetto del contratto di servizio.Poi nel caso specifico, se Ghali parlando di ‘genocidio' secondo me ha detto una cosa sbagliata, il giorno prima ad esempio si è reso protagonista di uno dei momenti più belli del Festival rivendicando la il proprio orgoglio e la propria italianità. Ma non tocca alla Rai intervenire. Non in questo contesto e queste forme.
Si mette in discussione la libertà d'espressione e di critica?
Sì, tutto concorre a un clima in cui poi le persone vengono indotte a non esprimersi liberamente. Un intervento come quello dell'ad è clamoroso. Ma anche la conduzione del programma, che è sembrata seguire una linea da "voi state qua, cantate e basta", è stata un pessimo precedente. Sia Dargen D'Amico che Ghali hanno risposto a domande di giornalisti presenti nel programma, esprimendo in modo molto convincente e rispettoso le proprie opinioni e, nel caso di Dargen, anche evidenze statistiche sui migranti assolutamente incontrovertibili. Non erano lì solo per cantare e fare show, ma per dire la loro. Guai violare questo diritto. Significherebbe zittire il servizio pubblico. Così come le bacchettate di La Russa ad Amadeus. Sbagliate. Fuori luogo. Inquietanti. Non può essere un esponente politico a scrivere i testi di un conduttore. Una forzatura pesante anche questa.
È un sintomo della pressione del governo?
C'è sicuramente una pressione gigantesca del governo sulla Rai, in termini generali. Non so dire quanto ciò incida sullo specifico di questa vicenda, ma il contesto è sotto gli occhi di tutti. In Rai c'è un clima molto pesante.
Tajani ha detto che serviva un intervento dell'ad per "riequilibrare". Ma tra un ospite in un programma e l'amministratore delegato della Rai non c'è una differenza?
Per me la questione è proprio l'intervento dell'amministratore delegato. Il problema è che crea un precedente. Se fosse intervenuta la conduttrice, o uno degli altri ospiti, si sarebbe restati nell'ambito del dibattito televisivo. Sarebbe stato normale. La cosa abnorme è l'intervento dell'ad. Si parla di persone su piani di potere diversi. L'ad ha altri ruoli, non quello di intervenire sui contenuti.
Si può parlare di censura?
Il problema è il clima di fondo. Venier che dice imbarazzata fuori onda "non mi mettete in difficoltà, non fate domande su certi temi", il fatto di non parlare di immigrazione o di guerra "perché è una festa" (ma che vuol dire?), il comunicato dell'ad. Tutto crea un clima pesante inaccettabile. In questo clima così condizionante, i più tendono ad autocensurarsi. Non c'è neanche bisogno di censura, c'è già un clima che di fatto è censorio.
C'è il rischio che se un'altra persona volesse parlare dello stesso tema in futuro eviterà di farlo?
Esattamente questo è il punto. Un clima di condizionamento. Di intimidazione rispetto ad alcuni temi. Nessuno dovrebbe essere messo nelle condizioni di dire "ah scusa, smetto di parlare di questo". È grave e pericoloso quando si arriva alla rimozione dei temi. Con il rischio magari che quelli che sono intervenuti poi vengano messi all'indice. Ribadisco, questo non significa non contestare un intervento sbagliato. Ma lo si fa rispettando il contesto e i ruoli, nel pluralismo, rispettando gli spazi di libertà.