Silvio Berlusconi è il vincitore indiscusso di questa tornata elettorale. Perché si sa, il vecchio detto non mente: tra i due litiganti il terzo spesso ne approfitta e ne ottiene un beneficio. Se Meloni e Salvini non sono stati rivali in questa campagna elettorale poco ci mancava. È chiaro a tutti che i due abbiano condotto non la stessa partita, ma si siano occupati e preoccupati quasi esclusivamente del proprio bacino di voti e di spingere i propri candidati, emanazione diretta del proprio partito. Soprattutto da quando FdI è diventato la prima forza in Italia, secondo i sondaggi, rosicchiando consensi alla Lega, e da quando Salvini ha iniziato a perdere una dopo l’altra le sue battaglie nella maggioranza, una fra tutte quella sul green pass.
Una danza di incontri mancati, vistose assenze, photo opportunity saltate. Non per scarsa volontà, si sono affrettati a chiarire i diretti interessati, ma per colpa di treni troppo puntuali o aerei troppo ritardatari (c’è da crederci?).
Come un novello Crono Berlusconi, da padre nobile del centrodestra è finito a divorare i suoi “figli” Salvini e Meloni. Non sorprende che il Cav sia riuscito a prendersi la sua rivincita soprattutto con gli alleati, che di certo non hanno brillato alle urne, anche per via degli scossoni causati dal caso Morisi prima e dall’inchiesta di Fanpage.it ‘Lobby nera’ poi, che hanno agitato non poco gli ultimi giorni di campagna elettorale.
Il centrodestra arriva primo a Trieste solo grazie a Forza Italia
Il candidato espresso da Forza Italia, il capogruppo azzurro alla Camera Roberto Occhiuto, ha fatto incetta di voti in Calabria, Regione che si appresta a governare dopo una vittoria schiacciante. È vero che la Regione era già azzurra, grazie a Jole Santelli, prematuramente scomparsa, che l'aveva conquistata. Ma Tajani non ha comunque perso tempo e ha messo subito il cappello sul risultato: “Ancora una volta Berlusconi ha dimostrato di sapere scegliere i suoi candidati”.
E di certo non si può dire lo stesso degli uomini lanciati da Meloni e Salvini, rispettivamente Michetti a Roma e Bernardo a Milano: il primo dovrà vedersela al secondo turno, al ballottaggio con Gualtieri; il secondo è stato fermato già al primo turno da Beppe Sala. Nelle altre grandi città la sconfitta del centrodestra è stata pesantissima: a Bologna il centrosinistra ha vinto al primo turno con Matteo Lepore, a Napoli è arrivato primo Gaetano Manfredi, sostenuto da Pd e M5s. Nemmeno a Torino il centrodestra ha avuto la meglio: qui l’imprenditore Paolo Damilano – che comunque era un candidato civico vicino alla Lega, ma all’ala più moderata del ministro Giorgetti – non è riuscito a strappare il primo posto al candidato di centrisinistra Stefano Lo Russo. Unica consolazione del centrodestra è Trieste, dove il sindaco uscente Dipiazza (che è di Forza Italia), anche se non vince al primo turno arriva primo e si proietta alla sfida del ballottaggio contro l’uomo del centrosinistra Francesco Russo.
Berlusconi sembrava gongolare già ieri sera, quando davanti al seggio ha violato il silenzio elettorale, di fatto tenendo un comizio per strada alla presenza dei giornalisti. L’ex premier ha mostrato perplessità sulla scelta dei candidati per le amministrative, stroncandoli senza mezzi termini: “I candidati sono candidati che vengono fuori dalle scelte di questo o di quel leader di partito, invece che da scelte democratiche. Quindi forse la prossima volta per quanto riguarda i candidati bisognerà cambiare il sistema”. Tradotto: per Berlusconi sono stati indicati i candidati sbagliati, e i risultati gli confermano che questa volta la colpa non è sua.
Berlusconi non è (ancora) un leader in disarmo
La vittoria del Cav è ancora più vistosa, dal momento che le sue condizioni di salute non gli hanno permesso di partecipare fisicamente alla campagna elettorale, ma ha dovuto accontentarsi di seguirla da casa, con collegamenti da remoto. Un leader che pareva in disarmo, ma che è riuscito lo stesso a imprimere il suo marchio su queste elezioni, arrivando in netto vantaggio rispetto agli altri due partiti in quella che assomiglia sempre di più a una resa dei conti finale nella coalizione. E ci è arrivato anche giocando sporco, con affondi durissimi, rivolti soprattutto agli altri due leader del centrodestra. Non poteva passare inosservata la frecciatina pronunciata dal Cav in un colloquio con La Stampa: “Senta, siamo sinceri: ma se Draghi va a fare il presidente della Repubblica poi a chi dà l’incarico di fare il nuovo governo? A Salvini? Alla Meloni? Ma dai, non scherziamo”. Una dichiarazione che ha innervosito non poco i due alleati, tanto che lo staff azzurro ha smentito non solo la frase, ma ha cercato di ritirare l’intera intervista, sostenendo che quel colloquio fosse frutto della fantasia del direttore Massimo Giannini. Un po’ troppo per risultare credibile.