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Comunali 2016, Fassino: “Renzi dovrebbe affidare la gestione del Pd a un suo vice”

Intervistato da Repubblica l’ex sindaco di Torino ha raccontato di vivere la sconfitta elettorale “come un’ingiustizia”: “Ho dato tutto quello che potevo e sapevo. Poi, certo, quando si lavora moltissimo come faccio io si fanno anche molti errori, ma questo fa parte della vita. Non c’è dubbio che io non posso non considerare oggi che questo gigantesco sforzo personale non ha trovato un riconoscimento adeguato”.
A cura di Redazione
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L'oramai ex sindaco di Torino, Piero Fassino, sta vivendo la sconfitta elettorale di domenica – che ha visto l'elezione della candidata del M5s Chiara Appendino – "come una grande ingiustizia". In un'intervista a Repubblica, l'esponente del Partito democratico si è detto preoccupato non per se stesso, "ma per la città": "Cinquestelle ha vinto con una sequenza di no. Ma che progetto ha per Torino? Non lo vedo. E la città rischia di tornare indietro". Fassino ha raccontato di aver capito "sin dal primo turno che il ballottaggio sarebbe stato difficile. Perché essendoci 27 elettori su 100, quasi tutti di centro-destra, che avevano per le mani un voto libero, per loro era un'occasione molto ghiotta per estromettere il centrosinistra che ha governato la città dal 1993. Ho fatto il possibile per evitarlo. Al primo turno abbiamo ottenuto la percentuale più alta di una grande città. Poi, certo, se il 95 per cento degli elettori di destra al ballottaggio vota per Cinquestelle, l'esito è scontato".

E c'è di più: la voglia di cambiare dei torinesi. "Domenica esco dal seggio – ha proseguito l'ex sindaco – entro in un caffè e una signora mi ferma: ‘Sindaco, volevo ringraziarla per tutto quello che ha fatto. Grazie a lei Torino è diventata una città bellissima, piena di cose'. Mi aspettavo che concludesse: e quindi l'ho votata. Macché. ‘Io ho votato la Appendino" mi ha detto. Ma perché? ‘Perché è bene cambiare'. Quando una ti dice così, cose vuoi ribattere?". Ma non è stato un sentimento "contro la giunta Fassino" a pesare, né un problema legato al governo della città.

"Io in cinque anni non ho fatto una sola nomina che fosse figlia della lottizzazione politica. Le persone sono state prese sulla base di curriculum, competenza ed esperienza. Potrei fare i nomi, uno per uno", ha spiegato l'ex sindaco, che ha negato l'esistenza di un "sistema di potere del Pd" e ha sottolineato di aver speso "ogni energia per questa città": "Sedici ore al giorno ogni settimana, ogni mese, ogni anno. Ho buttato il sangue. Ho dato tutto quello che potevo e sapevo. Poi, certo, quando si lavora moltissimo come faccio io si fanno anche molti errori, ma questo fa parte della vita. Non c'è dubbio che io non posso non considerare oggi che questo gigantesco sforzo personale non ha trovato un riconoscimento adeguato. E questo, voglio essere molto chiaro, lo vivo come una grande ingiustizia. Perché visto che siamo in un tempo in cui tutti invocano il merito, avrei voluto che si valutasse anche il mio, di merito". A travolgere il suo operato è stato, secondo Fassino, "un vento anti-politica", che, "in tutta Europa, penalizza chi sta al governo, locale o nazionale".

Il primo cittadino uscente di Torino ha poi raccontato di essersi sentito più volte con Renzi, con cui ha fatto "una riflessione sul cambiamento del sistema da bipolare a tripolare che innesca dinamiche nuove. Perché se nel ballottaggio il secondo e il terzo si coalizzano, anche senza dichiararlo, il primo soccombe". Un sistema su cui c'è "una riflessione da fare". E c'è un consiglio che Fassino darebbe al presidente del Consiglio: avere "una maggiore attenzione a quella sofferenza sociale che nella società c'è" e pensare di affidare la gestione del partito a un "numero due".

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