Il VI Municipio di Roma, sulla pagina Facebook istituzionale, ha promosso la raccolta firme per la legge di iniziativa popolare “Un cuore che batte”, un provvedimento che prevede l’obbligo per le donne che vogliono interrompere una gravidanza di ascoltare il battito fetale durante l’ecografia. Il municipio non si è limitato a rilanciare l’iniziativa, ma ha anche indicato luoghi e orari della raccolta firme. La proposta è stata depositata in Cassazione da ProVita e Famiglia lo scorso maggio ed è sostenuta da una moltitudine di associazioni antiabortiste. Sempre a maggio, lo stesso municipio aveva già proposto una mozione per proclamare Roma “città a favore della vita”, replicando un’iniziativa già presentata in molte città italiane negli scorsi anni e che era già stata al centro di numerose polemiche.
Il progetto di legge prevede di aggiungere all’articolo 14 della legge 194 il comma 1-bis, secondo cui “il medico che effettua la visita che precede l’interruzione volontaria di gravidanza ai sensi della presente legge, è obbligato a far vedere, tramite esami strumentali, alla donna intenzionata ad abortire, il nascituro che porta nel grembo e a farle ascoltare il battito cardiaco dello stesso”. L’obiettivo è quello di scoraggiare le donne dall’interruzione di gravidanza, nella convinzione che l’ascolto del battito faccia cambiare loro idea. Secondo la legislazione vigente, l’ecografia non è un passaggio obbligato per l’Ivg.
La questione del battito fetale è molto importante nella legislazione sull’aborto a livello globale. Lo scorso anno, l’Ungheria ha approvato una legge che obbliga all’ascolto del battito. Dopo il ribaltamento della sentenza Roe v. Wade, diversi stati americani hanno adottato le cosiddette “heartbeat bill”, che vietano l’aborto nel momento in cui è percepibile il battito, ovvero intorno alle sei settimane. A quell’età gestazionale, però, il rumore che si sente è l’attività elettrica di un gruppo di cellule, non il segno di un sistema cardiovascolare sviluppato o di un “cuore che batte”. La comunità scientifica, quindi, evita di interpretare il battito fetale come segno di vita. Tuttavia, il successo delle heartbeat bill ha dato il via libera per distruggere ogni tutela dell’aborto. Queste leggi sono state scritte e promosse da un’associazione, Faith2Action, fondata dall’attivista antiabortista Janet Porter, che dopo essere riuscita a far approvare la legge in Ohio, l’ha presentata con lo stesso testo in un’altra decina di stati, riuscendo a farla adottare ovunque nonostante l’opposizione della comunità scientifica.
Oltre alla questione del limite di settimane, nel lungo elenco di restrizioni che pian piano hanno messo sempre più in discussione il diritto d’aborto negli Stati Uniti fino al suo divieto, c’è anche l’obbligo per la donna di ascoltare il battito e di essere sottoposta all’ecografia. Al momento, secondo il Guttmacher Institute, 6 stati prevedono l’obbligo di ecografia con descrizione delle immagini, mentre altri otto obbligano il medico a riferire della possibilità di vederle. Al di là di cosa prescrive la legge, questa prassi è inevitabile nei cosiddetti “pregnancy crisis center”, che in molti casi rappresentano per le donne l’unica possibilità di confermare una gravidanza in corso. Questi centri sono gestiti per la maggior parte dalla Heartbeat International, una delle più grandi associazioni antiabortiste negli Usa, che più che offrire loro assistenza in gravidanza, ha come primo obiettivo quello di dissuadere le donne dall’aborto. Diverse inchieste hanno dimostrato che la Heartbeat International si concentra soprattutto sulla sua missione di evangelizzazione e che diffonde bugie sui presunti rischi dell’aborto, come il collegamento (scientificamente infondato) tra interruzione di gravidanza e cancro al seno, o l’inesistente “sindrome post aborto”. Inoltre, l’associazione è contraria all’uso di contraccettivi e nel 2019 è stata al centro di un’inchiesta di Privacy International sull’abuso dei dati personali delle proprie pazienti.
Heartbeat International non limita la sua azione agli Stati Uniti, ma è presente in più di 60 Paesi nel mondo. Intervistata da Avvenire lo scorso anno, la vicedirettrice della comunicazione di Heartbeat International Andrea Trudden ha spiegato l’importanza dell’ascolto del battito fetale nell’operato dell’associazione: “In molti casi, negli Stati in cui esiste una legge che vieta gli aborti una volta rilevato il battito cardiaco, le donne che si sono sottoposte a un’ecografia sono state sollevate quando hanno sentito il cuore del feto, perché non dovevano più fare quella scelta”. Una delle attività principali dell’associazione è infatti quella di offrire dei corsi di formazione per le ecografie, al costo di circa 500 dollari. Il corso include anche un modulo dedicato all’abortion pill reversal, una tecnica che dovrebbe annullare gli effetti della pillola abortiva ma che, come ha specificato l’American College of Obstetrician and Gynecologist in una nota, non è scientificamente comprovata ed è eticamente dubbia. Il corso invita gli operatori sanitari a mantenere un “ministry mindset”, ovvero un’attitudine al servizio spirituale che ricordi alle pazienti i precetti religiosi su cui si fonda la “cultura della vita”.
Tra gli affiliati internazionali di Heartbeat International c’è il Movimento per la vita. Non solo il Movimento per la vita partecipa regolarmente ai corsi di formazione dell’associazione americana, ma riceve anche dei fondi: stando ai documenti finanziari dell’associazione, dal 2014 a oggi Heartbeat International ha versato 99.810 dollari all’omologo italiano “per formazione, consulenza, progetti e supporto”. Il Movimento per la vita non risulta direttamente fra i promotori della proposta di legge “Un cuore che batte”, ma lo è Federvita Piemonte, la Federazione regionale del Mpv, che tra l’altro grazie al fondo per la vita di un milione di euro voluto dall’assessore regionale Maurizio Marrone gode di un momento di particolare fortuna. Inoltre, aderiscono all’iniziativa diversi centri di aiuto alla vita e il Movimento per la vita di Venezia Mestre e di La Spezia.
Visto lo stretto legame che intercorre tra il Movimento per la vita e Heartbeat International, non è difficile collegare l’iniziativa di “Un cuore che batte” alle formazioni offerte dall’associazione americana. Negli Stati Uniti, le leggi sull’obbligo di osservare il feto e ascoltare il battito hanno avuto un ruolo fondamentale nell’attaccare il diritto all’aborto. In Italia, potrebbe accadere lo stesso. La proposta di legge non mina l’integrità della legge 194/78, ma la rafforza, coerentemente con il progetto del governo sulla “piena applicazione della 194” che vuole ostacolare l’aborto dalla porta sul retro.