Come sta andando la proposta di legge sulla settimana corta
AGGIORNAMENTO: Il ddl sulla settimana corta presentato dalle opposizioni non è stato bocciato dalla maggioranza, come sembrava inevitabile fino a poche ore fa. Dopo una mattinata di trattative e scontri, culminata con un intervento diretto della ministra del Lavoro Marina Calderone, si è deciso che la proposta di legge andrà in Aula, senza essere cancellata ma anche senza mandato al relatore. Il dibattito, insomma, si sposterà dalla commissione Lavoro della Camera all'Aula.
Dopo mesi di lavoro interno all'opposizione, la proposta di legge per lanciare in Italia la settimana lavorativa corta (di quattro giorni, o comunque fino a 32 ore a settimana) aveva rischiato di sparire. Il testo era stato presentato a inizio ottobre, con l'aspettativa – stando al calendario parlamentare – che sarebbero partiti subito i lavori in commissione Lavoro alla Camera, per arrivare in Aula il 21 ottobre. Non solo questa scadenza era passata, ma il ddl rischiava di essere soppresso del tutto, oggi, da un voto del centrodestra. Cosa che invece non è accaduta.
Cosa dice la proposta di legge sulla settimana corta
Ricapitolando: la proposta di legge sottoscritta da Partito democratico, Movimento 5 stelle e Alleanza Verdi-Sinistra è il frutto di un lavoro di lima iniziato almeno ad aprile, quando c'erano tre ddl diversi, uno per partito. C'erano contenuti diversi nelle proposte, ma anche molti punti in comune, e infatti nel corso dell'estate si è arrivati lentamente a un testo comune.
La proposta ora è di promuovere dei contratti collettivi che riducano l'orario di lavoro (fino a 32 ore a settimana, come detto), aiutando anche le aziende che lo fanno con degli sconti sui contributi. Dopo tre anni di sperimentazione, l'orario di lavoro verrebbe ufficialmente ridotto con un Dpcm in molti settori, e non sarebbe più solo una pratica facoltativa. In più, il ddl prevede anche la possibilità per i dipendenti di lanciare un referendum interno all'azienda per promuovere un contratto che riduca l'orario di lavoro.
L'emendamento di Fratelli d'Italia per cancellare il ddl
I lavori parlamentari finora sono andati a rilento, e solo pochi giorni fa sono arrivati gli emendamenti. Con una doccia fredda per l'opposizione. Nella lista completa delle proposte di modifica, presentate quasi esclusivamente da Italia viva, ce n'era anche una di Fratelli d'Italia: "Sopprimerlo".
Un emendamento, insomma, che avrebbe cancellato del tutto il testo di legge. Non un compromesso o una modifica, anche significativa, come si era prospettato poche settimane fa, ma direttamente una soppressione dell'intero ddl.
Era arrivata la reazione delle opposizioni. La segretaria del Pd Elly Schlein aveva detto: "Fratelli d'Italia per l'ennesima volta decide di stroncare un'iniziativa unitaria delle opposizioni" e condannando un "atto di arroganza" nei confronti di "decine di migliaia di lavoratori che aspettano una risposta". Anche i capigruppo di Verdi-Sinistra e Movimento 5 stelle in commissione si erano lamentati: Franco Mari (Avs) aveva criticato la decisione di "rifiutare drasticamente il confronto", mentre Valentina Barzotti (M5s) aveva dichiarato: "La maggioranza vuole affossare con un colpo di mano un'altra proposta di legge delle opposizioni", ricordando che "diciotto Paesi nel mondo stanno già testando la cosiddetta ‘settimana corta'".
Perché il centrodestra non ha cancellato il ddl
La discussione in commissione Lavoro degli emendamenti è avvenuta oggi, mercoledì 23 ottobre. La richiesta delle opposizioni a FdI era chiara: ritirare l'emendamento soppressivo. Anche perché, nelle scorse settimane, sembrava che le basi per trovare un compromesso ci fossero. Prima della presentazione dell'emendamento era emerso uno scetticismo del centrodestra su alcuni punti specifici, ma non per forza sull'intera iniziativa.
Nel primo pomeriggio di oggi, le opposizioni hanno iniziato un'opera di ostruzionismo: tutti i deputati di Pd, M5s e Avs si sono iscritti a parlare per prendere più tempo. Mentre le trattative continuavano, è intervenuta la ministra del Lavoro Calderone: "La proposta di alcuni esponenti dell’opposizione riguardo alla riduzione dell’orario di lavoro risponde a una logica di propaganda politica", ha dichiarato con una dura nota. "Il ruolo delle parti sociali nella contrattazione già adesso consente di ridurre l’orario di lavoro o garantire il diritto alla disconnessione".
Parole che hanno scatenato la reazione della minoranza, rischiando di far saltare un possibile accordo con il centrodestra. Dopo quasi un'ora di discussione, però, è arrivata una svolta. "In commissione Lavoro non ho sentito particolari strumentalizzazioni da parte delle opposizioni", ha dichiarato Walter Rizzetto (FdI), presidente della commissione Lavoro, annunciando che "la maggioranza ritiene utile celebrare un’ampia discussione in Aula, seppur senza mandato al relatore, e ritornare poi sull’argomento, una volta terminata la legge di bilancio". Niente bocciatura, quindi, e messo da parte l'emendamento soppressivo.
Cosa succede ora
Lunedì 28 ottobre, come da programmi, il testo del ddl sulla settimana corta arriverà all'Aula di Montecitorio. Ci sarà l'inizio di una discussione, che probabilmente avrà tempi molto lunghi. Lo stesso Rizzetto ha confermato che si tornerà a parlarne dopo la legge di bilancio, quindi a gennaio. Per adesso, però, la proposta di legge è ‘sopravvissuta' a un primo tentativo di affossarla.
"Le opposizioni hanno ottenuto un successo politico non scontato", ha commentato Arturo Scotto del Pd . "Il loro blitz è fallito, nonostante la solita arroganza della Calderone che, dopo mesi di silenzio, non ha trovato di meglio che attaccare le opposizioni nel momento in cui si stava discutendo della settimana corta in commissione". Dal M5s, Valentina Barzotti ha commentato soddisfatta: "La nota con cui il presidente Rizzetto tenta di gettare acqua sul fuoco dopo le gravi esternazioni della ministra Calderone cela una evidente spaccatura nella maggioranza". Non ha caso, ha detto, "i colleghi della Lega non hanno presentato emendamenti al testo e proprio Durigon (sottosegretario leghista al Lavoro, ndr), mesi or sono, ha aperto alla possibilità di un intervento normativo in tal senso".