Oggi, 19 giugno 2024, poco dopo le 7.40 del mattino, in Italia è nato un bambino. Quando i neonati vengono alla luce e piangono è buon segno. È la prima lezione che impari al mondo: c’è qualcosa che non va se non fai sentire la tua voce.
Questo bambino – o questa bambina – ha avuto fortuna a nascere in Italia: è un Paese dell’occidente ricco (tutto sommato) e democratico (tutto sommato); questo nuovo essere umano non è venuto al mondo in uno dei posti in cui il destino ti condanna già dalla latitudine.
Quasi contemporaneamente, mentre in un posto del Paese, non importa quale, si festeggiava una nascita, alla Camera dei Deputati veniva definitivamente approvato il disegno di legge sull'autonomia differenziata con 172 voti favorevoli, 99 contrari, un astenuto e bandiere nordiste della Lega a celebrare il sogno di una vita.
Quel bimbo, nato poco dopo le otto meno venti del penultimo mercoledì di giugno, urla a pieni polmoni dalle braccia della madre e di tutto questo nulla sa.
Lui non lo sa, ma da oggi dovrà avere un’altra fortuna: quella di vivere nella parte "buona" d'Italia. Quella cui andranno tutte le attenzioni, i sostegni, le tutele, i supporti.
Sarà avvantaggiato, se vivrà in quella parte d'Italia oltre il muro edificato in una notte d'estate da una maggioranza parlamentare di destra. Maggioranza nella quale figurano molti deputati meridionali. Chissà come giustificheranno tutto ciò.
Scuola, sanità, trasporti, cultura. Questo bimbo (o bimba) non capirà subito cosa è accaduto mentre veniva al mondo. Sperando non debba aver bisogno degli ospedali già da piccolo. Ma lo capiranno i suoi genitori negli anni fondamentali della crescita e quando si troveranno a dover fare scelte per la sua vita. Poi lo capirà lui, da adolescente e da giovane donna o uomo.
Hanno alzato un muro e lo hanno chiamato «disegno di legge». Ma se i nomi sono la conseguenza delle cose, già solo battezzare un progetto «autonomia differenziata» dovrebbe far tremare le gambe. Autonomia, quindi ognuno per i fatti propri. Ma «differenziata». Dunque chi ce la fa, ce la fa. E chi non ce la fa? Resta a terra.
Salta ogni principio di solidarietà costituzionale, salta l’unità nazionale.
Lorsignori deputati e senatori come spiegheranno domani, a quel bambino nato oggi, perché hanno deciso di spaccargli la terra sotto i piedi?
In “Lettera a una professoressa” gli studenti montanari della scuola di don Lorenzo Milani scrivevano del trattamento loro riservato: «Alle elementari lo Stato mi offrì una scuola di seconda categoria. Cinque classi in un’aula sola. Un quinto della scuola cui avevo diritto. È il sistema che adoprano in America per creare le differenze tra bianchi e neri. Scuola peggiore ai poveri fin da piccini».
Sono passati sessant’anni da quel libro. Ma pare descrivere il futuro che ci attende.