Il Natale di alcuni anni fa si palesò alla mia tavola la figlia di mia zia Ermenegilda (il nome reale vi assicuro è peggiore).
La sua scia di profumo la anticipava di quindici metri, e forse non era profumo.
Sorrideva, ma la punta dei denti incisivi allungabili si intuiva, appena sotto le sue labbra.
Come potete capire covo ancora del rancore, ed è un rancore di cui vado molto fiero.
Feci saltare metà pranzo di Natale alzandomi in piedi e urlando "basta" (aggiungete anche qualche parolaccia bene assestata), quando la figlia di mia zia Ermenegilda disse: "gli immigrati clandestini, dato che in Italia sono clandestini, non dovrebbero essere curati nei nostri ospedali".
Era un pensiero talmente razzista, così intelligentemente nazista, che non c'era niente da discutere e secondo me in certi casi è solo opportuno far saltare il tavolo, o in quel caso il pranzo di Natale.
E così decisi di estromettere gli Erode dal tavolo del simposio, seduta stante.
Lasciare qualcuno morire in mare o fuori da un ospedale non dovrebbe essere un argomento di discussione. Non si tratta sulla vita delle persone, a costo (ma con piacere) di ribaltare la tavolata con i maccheroncini al pomodoro e salmone.
Per questo oggi ho scelto di farvi degli auguri forse non convenzionali, ma che sento nel profondo.
Auguri a chi ama il Natale, le lucine colorate, l'albero e il puntale.
Auguri a chi però non dimentica che oggi, proprio in questo momento, c'è chi sta provando a lanciare una richiesta di approdo sicuro in un porto italiano che non risponde.
Auguri a chi ama le insegne luminose, le palline personalizzate, il profiterole con la panna sopra e le castagne vendute per strada.
Auguri anche a chi però non scorda che ieri è stato salvato Makbyel, diciotto giorni di vita di cui la metà passati in mare.
Auguri a chi non ha il libretto delle istruzioni. A chi si fida sempre un po' troppo. Auguri a chi crede a qualcosa, anche se non sa bene cosa. Auguri alle biografie e ai sorrisi ritrovati.
Auguri a chi capisce che la vita chiede di nascere ogni giorno e non di essere festeggiata una volta all'anno.