Ci risiamo: nella disperata ricerca di posizioni "autorevoli" a sostegno della cinica gestione dei flussi migratori provenienti dalle coste dell'Africa, torna ancora una volta papa Giovanni Paolo II. E, tanto per cambiare, è di nuovo il ministro dell'Interno e vicepresidente del Consiglio a tentare di presentare il pensiero del Pontefice polacco come una sorta di "salvinismo ante litteram". In maniera completamente errata, ca va sans dire.
Tramite i suoi profili social, infatti, Matteo Salvini ha rilanciato una card contenente una citazione di San papa Giovanni Paolo II, senza dubbio uno dei pontefici più amati della storia recente. La card, tratta dall'esortazione apostolica post sinodale Ecclesia in Europa del 28 marzo 2003, recita: "È responsabilità delle autorità pubbliche esercitare il controllo dei flussi migratori in considerazione delle esigenze del bene comune. L'accoglienza deve sempre realizzarsi nel rispetto delle leggi e quindi coniugarsi, quando necessario, con la ferma repressione degli abusi".
Letta in questo modo, sembra quasi un endorsement postumo alla linea del Viminale in materia di sbarchi, oltre che un pensiero radicalmente diverso da quello dell'attuale papa, paladino dell'accoglienza e dei porti aperti. Ma le cose stanno realmente così? Papa Wojtyla avrebbe apprezzato la politica dei porti chiusi e un decreto sicurezza bis che criminalizza i soccorsi in mare e l'accoglienza dei migranti?
Ecco, cominciamo col dire che non è la prima volta che questo passaggio tratto da Ecclesia in Europa viene utilizzato per la campagna "contro" l'accoglienza dei migranti. Già lo scorso anno, in pieno caso Aquarius, la card con il volto del pontefice polacco aveva avuto una grande diffusione sui social network. E che venga riutilizzata in concomitanza del caso Sea Watch 3, con Salvini che ha appena firmato la direttiva per impedire transito e sbarco della nave con a bordo oltre 50 persone, non è certamente un caso.
Avvenire aveva già ricostruito come si trattasse però di una indebita strumentalizzazione, evidenziando tutto ciò che non quadrava nell'operazione "Wojtyla paladino del salvinismo". Prima di tutto, spiegava Mimmo Muolo oltre un anno fa, la frase è inserita nel quinto capitolo di Ecclesia in Europa, una parte interamente dedicata al tema della solidarietà, della carità, in cui compaiono decine e decine di passaggi che parlano dell'aiuto ai poveri, del sostegno ai deboli e dell'accoglienza. Ma il punto centrale è che il taglia e cuci salviniano distorce completamente il ragionamento di Giovanni Paolo II, perché omette la frase immediatamente precedente. Ovvero questa:
Ciascuno si deve adoperare per la crescita di una matura cultura dell'accoglienza, che tenendo conto della pari dignità di ogni persona e della doverosa solidarietà verso i più deboli, richiede che ad ogni migrante siano riconosciuti i diritti fondamentali
Pari dignità, doverosa solidarietà, diritti fondamentali di "ogni migrante"… Comincia a essere molto meno leghista questo Wojtyla. Ma non basta, perché l'incipit del paragrafo, quello che indirizza il ragionamento, è ancora più netto:
Di fronte al fenomeno migratorio, è in gioco la capacità, per l'Europa, di dare spazio a forme di intelligente accoglienza e ospitalità. È la visione "universalistica" del bene comune ad esigerlo: occorre dilatare lo sguardo sino ad abbracciare le esigenze dell'intera famiglia umana. Lo stesso fenomeno della globalizzazione reclama apertura e condivisione, se non vuole essere radice di esclusione e di emarginazione, ma piuttosto di partecipazione solidale di tutti alla produzione e allo scambio dei beni.
Con queste informazioni di contesto, si capisce meglio come si tratti di un invito di senso diverso: l'accoglienza "intelligente", che tenga conto dei diritti individuali e delle esigenze di tutti. Concetto espresso più volte dallo stesso Bergoglio (e peraltro neanche coincidente con quello che guida l'operato di molte ONG): "Occorre un impegno comune nei confronti di migranti, profughi e rifugiati che consenta di dare loro un’accoglienza dignitosa […] D’altra parte, gli stessi migranti non devono dimenticare che hanno il dovere di rispettare le leggi, la cultura e le tradizioni dei Paesi in cui sono accolti".
Mai, in alcun caso, né Bergoglio né Woytjla hanno messo in secondo piano la salvaguardia della vita umana e il "sacro dovere" dell'assistenza ai deboli.