Matteo Salvini, ministro degli Interni, torna a paventare la possibilità di reintrodurre il servizio militare obbligatorio. Ne aveva già parlato a giugno: si trattava – specificava all'epoca – di una posizione personale, non contenuta nel contratto di governo. In realtà, la Lega si è fatta carico della proposta anche in precedenza. Più in generale, l'esaltazione delle forze armate affonda le radici in una retorica securitaria ormai rodata, dall'operazione Strade sicure, con cui la divisa mimetica viene esibita in contesti civili, fino al costante aumento delle spese militari, che hanno portato ad esempio al recente acquisto di nuovi F35.
Senza sostare ulteriormente sul tema, ammettiamo pure che ci sia ancora bisogno di corpi militari e armati: essi dovrebbero tuttavia essere considerati un male necessario, un’anomalia, una enclave non democratica in una repubblica democratica. E invece, con la periodica proposta politica del ripristino della leva obbligatoria, assumono uno spazio centrale perfino sul piano educativo. Ma gli apparati militari sembrano non aver bisogno di Matteo Salvini per far parlare di sé: negli ultimi anni, marketing e comunicazione sono infatti stati fondamentali anche per le Forze Armate. Il rinnovamento dell’immagine è spiegato con chiarezza dal gabinetto del Ministero della Difesa nel Programma di comunicazione dell’anno 2015. Se nei programmi pubblicati gli anni successivi le affermazioni sono state più caute, meno esplicite, nel documento 2015 si possono leggere intenti di "social recruiting, inteso come logica che prende in considerazione la mutazione culturale del cittadino", o ancora che "la Strategia Comunicativa della Difesa è incentrata sulla fidelizzazione del cittadino in quanto consumatore".
Per raggiungere gli obiettivi di rafforzamento del "brand Difesa", oltre agli investimenti sui social media e la comunicazione digitale, il Ministero puntava a "incrementare i contatti con il mondo accademico e dei centri studi/analisi per veicolare la cultura della Difesa" e a favorire la presenza della stampa durante le attività delle forze armate, collaborando anche con la FNSI per l’organizzazione di un corso per operatori dell’informazione in aree di crisi, "al fine di incrementare l’osmosi con il mondo dei media", con l’opportunità di creare un "Data base – Albo dei giornalisti amici della Difesa".
Più in generale, alla luce delle indicazioni ministeriali, le Forze Armate hanno operato un rinnovamento dei loro brand, investendo sia nella produzione di gadget e abbigliamento, sia nel coinvolgimento retorico dei cittadini, ossia aumentando i livelli di engagement. Non si tratta di supposizioni, ma di obiettivi dichiarati dai corpi militari stessi, come spiegato ad esempio dal Colonnello Elio Babbo, capo dell’ufficio marketing e regolamenti dello Stato Maggiore dell’Esercito.
L’Esercito ha dato da tempo il via a un processo di "rinnovamento" del brand, che ha investito diversi pilastri dell’Istituzione.
Questo recente interesse per aspetti salienti della nostra corporate identity scaturisce da numerose esigenze commerciali, di marketing o prettamente comunicative. L’orientamento alla valorizzazione del brand agevola il confronto con nuove e stimolanti sfide, tra le quali quelle che vedranno l’Esercito dare nuovo impulso ai processi di merchandising e quelle che, in un momento di profonda riorganizzazione dello strumento militare, rendono necessario focalizzare l’attenzione sui processi di identificazione e condivisione dei valori.
Le attività che l’Ufficio predispone sono inserite nel più ampio contesto della comunicazione integrata dell’Esercito. In particolare l’Ufficio presiede agli aspetti del merchandising, della sponsorship, dell’identità visiva, del marketing relazionale, della pubblicità e degli eventi promozionali, sia organizzati dell’Esercito, sia promossi da società terze.
Nel coinvolgimento della cittadinanza rientra anche l’interesse delle Forze Armate per le scuole, dalle prime classi delle primarie fino agli istituti superiori. Per i più piccoli, ad esempio, l’Esercito ha pensato a una mascotte, il Lupetto Vittorio. Esiste un libro illustrato con le gesta di questo "giovane allievo di una Scuola Militare il cui sogno è diventare un soldato, perché questo per lui significa essere davvero utile agli altri" e il pupazzo con le sue sembianze è spesso presente agli eventi dell’Esercito.
Esercito e forze armate si presentano nelle scuole anche grazie ai protocolli d’intesa siglati dal Ministero della Difesa e il Ministero dell’Istruzione: dopo la scadenza dell’accordo siglato da Giannini e Pinotti nel settembre 2014, il successivo protocollo ha coinvolto anche il Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Il ruolo della Difesa si è finora espresso principalmente con l’organizzazione di iniziative storiche o valoriali di stampo militare: dai concorsi di disegni o temi per il centenario della Prima guerra mondiale fino all’iniziativa Caserme aperte, organizzata da anni in occasione del 4 novembre, non senza problemi. L’allora ministro Pinotti, ad esempio, è stata chiamata a rispondere a un’interrogazione parlamentare su quanto avvenuto nel 2013 presso la caserma De Gennaro di Forlì: fra le varie attività, come denunciato da un genitore che ha organizzato una petizione, e come poi ammesso anche dal ministro, "era stata realizzata una linea tiro presso la quale poter far provare ai visitatori pistola e fucile ad aria compressa". I visitatori, è il caso di ricordarlo, erano bambini delle scuole elementari, cui è precluso l’utilizzo di ogni tipo di arma: il divieto non è superabile nemmeno con l’autorizzazione dei genitori.
La simulazione è un sistema molto utilizzato dalle forze armate per attrarre i più giovani. In ambito tecnologico, ad esempio, i corpi militari vengono presentati come fondamentali per l’innovazione e il progresso scientifico: così, gli studenti delle superiori possono provare programmi come Soldato futuro (che mira a incrementare “l’efficienza operativa […] del combattente appiedato”, tra le cui caratteristiche figura la “letalità”) o simulatori come Virtual Battle Space, che ricrea un campo di battaglia, e Rolfo, per pilotare elicotteri virtualmente. Non mancano proposte simili anche per i bambini più piccoli, con stand e simulatori anche in parchi divertimenti.
Altro tipo di simulazione è la formazione sportiva, che ricalca l’addestramento militare: vengono infatti proposte attività motorie, di tipo bootcamp, che lo riproducono (o vi si ispirano), spesso anche nella scelta dell’abbigliamento. Questa forma di addestramento militare ludico era stata proposta anche a livello locale: in Lombardia, il progetto Allenati per la vita ha visto collaborare dal 2007 al 2010, oltre a MIUR e Difesa, l’Ufficio scolastico della Lombardia e l’Unuci. Il corso dedicato ai ragazzi degli ultimi due anni delle scuole superiori prevedeva lezioni teoriche e pratiche su cultura militare, armi e tiro, difesa nucleare, batteriologica e chimica, oltre a diritto costituzionale, orientamento, primo soccorso, sopravvivenza in ambienti ostili. Il tutto terminava poi con la competizione provinciale di sfida tra le "pattuglie" (sic) di studenti.
Il progetto, partito con Fioroni ministro e continuato con l'intesa tra Gelmini e La Russa, si arenò tra il 2010 e il 2011 sull'onda delle proteste studentesche. Ma il ministro Bussetti che cosa pensa del militarismo a scuola? Non resta che aspettare. È il caso però di non dimenticare alcune circostanze, come i ruoli ricoperti da Bussetti per l'Ufficio scolastico regionale della Lombardia, fin dal 2008, o, ancor prima, il suo essere coordinatore di Educazione fisica e sportiva nell'ambito territoriale di Varese, proprio nel periodo in cui partiva il tanto contestato progetto Allenati per la vita, su cui all'epoca espresse anche un commento positivo.