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Come il governo Meloni ha tradito tutte le promesse fatte su Opzione donna

Nonostante le promesse fatte, il governo Meloni ha tradito decine di migliaia di lavoratrici che si aspettavano di poter andare in pensione con Opzione donna. Dopo aver smontato la misura con la legge di Bilancio, per mesi il ministero del Lavoro ha annunciato un intervento correttivo mai arrivato. E nel nuovo decreto non c’è traccia dell’intervento.
A cura di Tommaso Coluzzi
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Prima le promesse, poi la retromarcia. Altre promesse, infine il silenzio. La storia dello smantellamento di Opzione donna continua a suscitare la rabbia di decine di migliaia di lavoratrici rimaste al palo, convinte fino a qualche mese fa di poter andare in pensione seppur con un ricalcolo dell'assegno interamente contributivo – e quindi con un taglio importante fino a un terzo dell'importo – poi lasciate fuori per via dell'intervento del governo. Nella manovra l'esecutivo ha deciso di rendere praticamente inaccessibile lo scivolo pensionistico, con una serie di criteri giudicati – in alcuni casi – anche fortemente discriminatori: con la riforma possono lasciare il lavoro solo le donne caregiver, disabili o licenziate.

I partiti al governo hanno promesso, in campagna elettorale, chi di rinnovare la misura (Fratelli d'Italia), chi di volerla rendere addirittura strutturale (Lega). Il risultato è che la rimodulazione della platea ha ridotto a 870 le lavoratrici che possono accedere a Opzione donna. Poi, dall'inizio del 2023, si sono rincorse le voci: si lavora per tornare alla misura originale, almeno per sei mesi, forse per otto, magari più avanti. Poi non se n'è fatto sostanzialmente nulla.

Sono 20mila le donne che non possono andare in pensione

Le lavoratrici, riunite sotto il Comitato Opzione Donna, non si danno pace: "Sono 20.000 le donne attonite che, oltre alle reiterate false promesse e propagande elettorali e post elettorali sbandierate da molti esponenti di questo esecutivo, sono state illuse per mesi con il miraggio di una riformulazione di Opzione donna dopo il vergognoso rimaneggiamento della misura – dice a Fanpage.it la fondatrice e amministratrice del comitato, Orietta Armiliato – Una misura che non solo hanno stravolto indegnamente, ma poi hanno anche ammesso di aver sottovalutato l'impatto non prorogandola, assicurando nel breve periodo un aggiustamento".

"Il breve periodo – racconta Armiliato – è iniziato nei primi giorni dell’anno, assumendo le sembianze di un fantasma che doveva palesarsi all’interno di un fantomatico decreto ad hoc". Poi la misura sarebbe dovuta passare "attraverso uno sconosciuto e introvabile decreto Lavoro", che in effetti sta per arrivare in Consiglio dei ministri, ma non riguarda Opzione donna. Infine sarebbe dovuta arrivare "all’interno dei provvedimenti disegnati dal Def". Il Comitato attacca ancora: "Nulla di tutto questo, solo chiacchiere e promesse – dice Armiliato – Ora le opposizioni stanno producendo una serie di mozioni e interrogazioni parlamentari, ma mi pare quasi ovvio che, a cominciare dalle mancate interlocuzioni con le parti sociali annunciate e mai avvenute, questo governo non abbia voglia di ascoltare nessuno".

La battaglia del Comitato Opzione Donna continua in piazza

Le donne "indignate" delle promesse tradite "scenderanno in piazza", promette Armiliato: "Lo abbiamo già fatto e lo rifaremo, al fianco delle organizzazioni sindacali per non chinare il capo alle prepotenze, alle prese in giro e alle ingiustizie". La fondatrice del comitato, alla fine della nostra conversazione, ci tiene a ribadire un dato su tutti: "La proroga della misura nella sua versione originale sarebbe costata 90 milioni di euro per il primo anno, poi 240 e 300 per il secondo e terzo. Ma nei tre o quattro anni successivi sarebbe stato tutto recuperato, visto che aderendo a Opzione donna le lavoratrici accettano una pensione calcolata interamente con il sistema contributivo". E conclude: "Qui mi taccio, non mi pare ci sia altro da aggiungere".

Le mozioni e proteste delle opposizioni su Opzione donna

Partito Democratico e Movimento 5 Stelle, pur divisi, continuano la loro battaglia parlamentare per il ripristino della versione originale di Opzione donna. Il deputato dem Andrea Orlando, ex ministro del Lavoro, ha annunciato una mozione per impegnare il governo a fare un passo indietro: "È inaccettabile il ridimensionamento di Opzione donna – ha scritto il parlamentare del Pd sui suoi social – Si tratta della conseguenza di scelte incomprensibili e dai dubbi profili di costituzionalità".

Allo stesso modo si è mossa la deputata del Movimento 5 Stelle, Chiara Appendino. Anche l'ex sindaca di Torino ha presentato una mozione firmata dai colleghi grillini in commissione Lavoro. L'obiettivo è lo stesso: "Impegnare il governo a ripristinare, nel primo provvedimento utile, Opzione donna con i vecchi requisiti". La deputata pentastellata ha spiegato: "Il governo ha tradito le promesse fatte in campagna elettorale e voltato le spalle alle lavoratrici, ora ammettano l'errore e lo correggano".

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