Giorgia Meloni è la nuova presidente del Consiglio. Esattamente dieci anni fa, nel 2012 appunto, fondava Fratelli d’Italia, il partito che a settembre ha stravinto le elezioni. Ed esattamente vent’anni prima, nel 1992, aveva deciso di abbracciare la politica e la militanza iscrivendosi al Fronte della Gioventù.
Cosa è successo in questi anni? Come è arrivata Giorgia Meloni ad essere la prima donna presidente del Consiglio nella storia italiana? Come si sono intrecciate la sua vita e il suo progetto politico? Per capirlo, la cosa migliore da fare è andare dritti alla fonte. L’anno scorso Meloni ha pubblicato un’autobiografia in cui racconta la sua infanzia, gli anni dell’adolescenza e l’avvicinamento alla politica, l’ascesa nei palazzi.
Chi è Giorgia Meloni, l'inizio della militanza
Meloni nasce nel 1977 a Roma. Ma ancora prima di nascere, accade qualcosa che ha dei legami con la sua visione politica oggi. La madre, ci racconta Meloni nel suo libro, voleva abortire. Non andava più d’accordo con il compagno, il padre di Meloni, e pensava non avesse senso fare un figlio con quei presupposti. Ma all’ultimissimo minuto cambia idea, non vuole rinunciare ad essere madre.
Giorgia Meloni parla di questo episodio per appena poche righe. Ma appare comunque significativo, pensando che oggi, pur affermando di non voler cancellare la legge 194 sull’aborto, dice di voler proteggere specialmente le donne che non vorrebbero interrompere la gravidanza ma si sentono costrette a farlo.
Meloni passa i primissimi anni di vita in un quartiere di Roma Nord, la Camilluccia, da dove veniva il padre. Che però, poco dopo, abbandona la famiglia e parte per le Canarie. Giorgia Meloni rimane con la madre e la sorella, poco più grande di lei. Si trasferiscono alla Garbatella, un quartiere popolare dall’altro lato di Roma. Meloni andrà sempre fiera del quartiere dove è cresciuta. E scrive nel suo libro:
“La Garbatella è il mio quartiere non sono perché lì sono cresciuta e ho vissuto per lunghi anni, ma perché abitare in un determinato luogo non ci è mai indifferente, imprime dentro di noi uno certo modo di stare al mondo”
Meloni parla della sua infanzia come di un’infanzia felice, nonostante non fosse molto estroversa. Racconta di essersi sempre fatta trascinare dalla sorella per uscire di casa e di aver subito bullismo o per l’aspetto fisico e per i vestiti di seconda mano, ma assicura che tutto ciò l’ha aiutata a formare il suo carattere.
Già qui vediamo come due aspetti personali della sua vita abbiano poi influito nella sua visione politica. Meloni è cresciuta in una famiglia monogenitoriale, ma scrive di essere stata una bambina felice e di essersi sentita amata. Tuttavia, oggi è una paladina della famiglia tradizionale e si batte contro le adozioni da parte di coppie dello stesso sesso, affermando che i bambini abbiano diritto a una mamma e un papà. Perché, verrebbe da chiedersi, se lei è stata felice crescendo solo con la mamma? Meloni a questo risponde che lo Stato non deve regolare i sentimenti, ma “incentivare la forma di unione più solida possibile, proprio guardando ai figli” e “garantire a ogni bambino la condizione ottimale” e, scrive ancora, non può essere la legge a privare di questa condizione ottimale solo “perché altri hanno ritenuto che il loro desiderio valesse più dei diritti” dei bambini.
E poi c’è un altro fattore della sua infanzia che influirà sulla posizione politica: gli episodi di bullismo. E spiega così la sua posizione avversa al ddl Zan e a una legge che condanni l’omofobia:
“Anche io sono stata vittima di bullismo, e sono etero. La Costituzione già condanna ogni discriminazione (…). Stilare un elenco più specifico diventa un’operazione pericolosa perché giocoforza finirebbe per escludere chi non è esattamente tutelato da norme specifiche”.
Queste le sue posizioni politiche oggi. Ma Meloni si avvicina alla politica esattamente trent’anni fa. A quindici anni va infatti alla sede del Fronte della Gioventù a Garbatella e chiede di iscriversi. Il motivo che l’ha spinta a farlo, racconta lei stessa, è stato l’attentato a Paolo Borsellino, il 19 luglio 1992. Non era una questione di destra o sinistra, dice. Ma sono gli anni della Prima Repubblica e Mani Pulite e, si legge nel suo libro, “il Movimento Sociale Italiano era del tutto estraneo alle ruberie e alla corruzione che venivano scoperchiate in quegli anni”.
Per questo aderisce al Fronte della Gioventù, che era appunto l’organizzazione giovanile del MSI, partito di estrema destra nato nel 1946 raccogliendo i reduci della Repubblica sociale italiana e gli ex esponenti del regime fascista.
Inizia così una militanza totalizzante per Meloni. Che parla di una nuova famiglia. I cui componenti sono in realtà tanti dei volti che vediamo oggi nella classe dirigente di Fratelli d’Italia. La cosiddetta “banda di Atreju”. Ci sono Fabio Rampelli, primo mentore di Meloni, Marco Marsilio, Andrea De Priamo, Carlo Fidanza, Francesco Lollobrigida. Oggi tutti parlamentari, eurodeputati, governatori, consiglieri comunali con Fratelli d’Italia. Che ora aspirano a una carica di governo.
L'ascesa in politica: una carriera di primati
Il resto è storia. Da quel momento per Meloni inizia la scalata politica. Nel 1996 il MSI si trasforma in Alleanza Nazionale. Alla guida della cosiddetta “svolta di Fiuggi” c’è Gianfranco Fini e l’obiettivo è quello di allargare la casa politica dei missini agli altri fronti della destra, come repubblicani e cattolici. Il Fronte della Gioventù si trasforma in Azione Studentesca. Giorgia Meloni ha appena 19 anni, ma subito ne diventa responsabile nazionale.
Meloni nel suo libro racconta che il passaggio da MSI a AN per il movimento giovanile è qualcosa di naturale. “Era un modo per rendere più appetibili le nostre istanze”, dice. E ancora: “Al movimento giovanile, in particolare romano, che non aveva mai vissuto di nostalgia e aveva sempre ragionato da avanguardia rispetto al MSI, fu immediatamente chiaro che AN fosse quella fase storica più adatta all’obiettivo di far vincere le nostre idee”.
È l’inizio di una carriera politica inarrestabile in cui brucia letteralmente le tappe. Nel 1998 viene eletta consigliera della Provincia di Roma, ruolo che ricopre fino al 2002. Nel 2004, al congresso di Viterbo, viene eletta segretaria di Azione Giovani. E due anni dopo, nel 2006, a soli 29 anni, viene eletta alla Camera dei deputati nella lista di Alleanza nazionale. Diventa anche vicepresidente della Camera. È la più giovane parlamentare della XV Legislatura.
Dopo due anni appena, un altro primato. È il 2008 ed entra a far parte del governo Berlusconi (il quarto e ultimo) come ministra per la Gioventù. È la più giovane della storia repubblicana italiana a ricoprire la carica di ministro.
Quest’anno, il 2008, segna però anche la fine di Alleanza Nazionale. Silvio Berlusconi lancia infatti l’idea del partito unico, il Popol o della Libertà, per unire tutte le anime del centrodestra e dopo un’iniziale resistenza Gianfranco Fini accetta. Mentre il passaggio da MSI ad AN era stato descritto come “naturale”, Meloni parla di questo come sofferto. “Rischiava di annacquare le nostre idee”, scrive nel suo libro. Per molti militanti è un colpo durissimo. La leadership è di Berlusconi e dal logo sparisce la fiamma tricolore, simbolo storico del MSI a rappresentanza della fiamma che arde ancora sulla tomba di Mussolini.
La fine di Alleanza Nazionale, nasce Fratelli d'Italia
Poi arriva un altro scossone. Il governo cade nel 2011. Sono gli anni della crisi del debito pubblico e Berlusconi è travolto dagli scandali. Lo spread è ai massimi livelli, il Paese rischia il default.
A Palazzo Chigi arriva il tecnico Mario Monti. Berlusconi decide di sostenerlo, una scelta che Meloni non approva. Segue la linea del partito, ma sente che le distanze tra lei e il PdL sono ormai un divario incolmabile. Nel 2012 si candida alle primarie del PdL come gesto di sfida, racconta lei stessa. Ma poi Berlusconi le annulla. “È la goccia che fa traboccare il vaso”, scrive Meloni nel suo libro.
Torniamo così all’inizio del nostro racconto. Meloni, insieme a Guido Crosetto e Ignazio La Russa, decide di fondare il proprio partito. Che si chiamerà, appunto, Fratelli d’Italia. Il logo riprende i colori e il simbolo del MSI, il nome è un un richiamo, ovviamente all’inno nazionale. In questo richiamo c’è tutto ciò che per Meloni rappresenta il valore fondante della destra: il concetto di identità.
Quel “Giorgia – donna – madre – cristiana – italiana”, il filone che tra l’altro segue per i capitoli della sua biografia, è parte di un progetto politico radicato nella tradizione e nel senso di comunità che sono alla base del suo partito.
La visione politica: il concetto di identità
Nel suo libro Meloni fa una vera e propria costruzione del suo io secondo diverse identità: il suo nome come primo atto di amore da parte della famiglia, il suo sesso che, scrive, la “colloca in in una parte precisa del genere umano”, la sua fede che è anche sintomatologia della terra in cui è nata e della cultura che l’ha crescita, la sua nazionalità come appartenenza a un popolo che ha ereditato una stessa idea di mondo. Da quest’ultima, spiega sempre lei stessa, nasce il suo patriottismo e il profondo legame con la tradizione.
In tutto questo possiamo rintracciare la visione politica di Meloni, di cui è intriso il suo partito: il conservatorismo, la visione della famiglia e dei ruoli nella società, l’avversione al progresso e alle migrazioni, che per Meloni non sono altro che il tentativo dell’establishment di sinistra di, e qui leggo, “scardinare le appartenenze nazionali, creare un miscuglio indistinto di culture, per avere un mondo tutto uguale fatto di gente debole”.
Come è arrivata Meloni a Palazzo Chigi
Ma torniamo, ancora una volta, alla nascita di Fratelli d’Italia. L’inizio è tutto in salita. Alle elezioni politiche del 2013 prende appena il 2%: riesce ad eleggere dei rappresentanti alla Camera in quanto si presenta nella coalizione di centrodestra. Nel 2018 il risultato migliora e il partito di Meloni, che ne è diventata presidente nel 2014, arriva al 4%. In entrambe queste esperienze Fratelli d’Italia farà scelte molto diverse da quelle degli alleati, decidendo di restare praticamente sempre all’opposizione, contro le larghe intese, contro i governi tecnici, contro quelli che definisce burocrati europei.
Questa scelta permette a Meloni di portare avanti le sue battaglie senza alcun tipo di compromesso, proponendosi costantemente come l’alternativa o, più semplicemente, come la soluzione al caos politico italiano. Meloni si è spesso proposta in questi ultimi anni, che sono stati decisamente complicati, come portavoce del malcontento popolare. E ha funzionato: alle ultime elezioni, lo scorso 25 settembre, Fratelli d’Italia ha preso il 26% dei voti risultando il primo partito.
Ora è cominciata un’operazione diversa per Meloni. Quella di “istituzionalizzazione”, in cui cerca di rassicurare i più scettici , soprattutto all’estero, su quello che sarà il suo governo. Già, perché con la maggioranza assoluta in entrambe le Camere, Giorgia Meloni si prepara a governare.
Sarà la prima donna presidente del Consiglio, un altro primato da aggiungere alla sua carriera, sicuramente. La vera domanda è come si concretizzerà un esecutivo Meloni, se sarà la rivoluzione conservatrice a cui la destra auspica oppure se dovrà smorzare toni e accettare compromessi per governare. Sarà il tempo a raccontarcelo, se sarà la novità che lei stessa afferma di essere o una storia che si ripete.