Botta e risposta, accuse velate, ultimatum, minacce, polemiche roventi, rappacificazioni a favore di telecamera accompagnate da retroscena al vetriolo: anche in questo caso, la nuova legislatura parte in assoluta continuità con le precedenti. A essere onesti, però, in pochi si sarebbero aspettati uno scontro così violento fra i leader della maggioranza nei primi due giorni di lavoro in Parlamento. Perché, meglio chiarirlo subito, quelle tra Meloni e Berlusconi (in misura minore Salvini) non sono semplici scaramucce, ma manifestazioni di una rottura profonda e sostanziale, che condizionerà l’azione del prossimo governo. Se non subito, certamente negli snodi cruciali.
Che Berlusconi e Meloni si tollerino a malapena è il segreto di Pulcinella. Così come sono note le distanze tra la leader di Fratelli d’Italia e Salvini, politiche, strategiche e persino personali. Per tutta la campagna elettorale i tre hanno faticato molto a restituire l’immagine di una coalizione compatta e unita, ma tutto sommato ne sono usciti indenni grazie soprattutto all’inconsistenza degli avversari e all’accondiscendenza di gran parte dei media. Era però un cartonato, che è finito in frantumi con l’avvio delle riflessioni sulla squadra di governo, che è poi la vera ragione della plateale rottura avvenuta nel corso dell’elezione dei presidenti di Camera e Senato.
Come noto, le due principali vertenze riguardano il ruolo di Matteo Salvini all’interno dell’esecutivo e la posizione di Licia Ronzulli, plenipotenziaria di Silvio Berlusconi nel partito. Se il leader leghista preferisce lavorare sotto traccia e probabilmente farà concessioni sostanziali (tra cui il Viminale e Giorgetti all’Economia) pur di mantenere il controllo sul partito, il Cavaliere ha scelto di giocare la partita a modo suo. Visto che la girandola dei retroscena su vertici e incontri non gli garantiva la visibilità di un tempo, Berlusconi ha deciso di mostrare platealmente la frattura con Meloni: come atto politico, Forza Italia non ha votato il candidato della coalizione al Senato; come elemento comunicativo, ha platealmente discusso con La Russa, a beneficio di televisioni e giornali. Quello degli “appunti rubati” resta invece un piccolo giallo, perché per quanto singolare sia appuntarsi critiche e insulti nei confronti della futura presidente del Consiglio, appare difficile pensare al dolo, mentre è più sensato attribuire la paternità del caso alla bravura del giornalista di Repubblica che ha effettuato gli scatti.
Conta poco, in realtà, perché Berlusconi ha sostanzialmente confermato i giudizi poco lusinghieri nei confronti di Meloni, trovando peraltro una durissima replica. La leader di Fdi non ha minimizzato lo scontro, anzi. Nel parlare apertamente di ricatto, ha confermato le pressioni di Forza Italia nelle trattative sul governo e il clima non proprio idilliaco con cui si sta lavorando a squadra e programma.
Certo, nelle prossime ore i pontieri proveranno a riportare serenità fra le compagini ed è molto probabile che ci riusciranno. Nessuno può permettersi di far naufragare con questa rapidità il vascello della destra, specie con una maggioranza così ampia in Parlamento. La stessa Meloni non ha alcuna volontà di mollare Berlusconi, magari per consegnarsi a Renzi. Si troverà un compromesso, dicono in molti, e nelle prossime settimane si parlerà del governo e non di queste scaramucce. Ma, a nostro parere, lo si farà alle condizioni di Meloni, che non ha alcuna intenzione di prestare il volto all’ennesimo accrocchio di governo gestito da una classe dirigente vecchia e imbolsita. Sa che sulla squadra e ancor di più sulla gestione dei primi dossier si sta giocando la vera partita, quella da cui dipende il futuro della sua esperienza di governo. E sa che già i suoi margini di manovra sono limitati da impegni presi dal Paese in precedenza (politica estera e fiscale, per cominciare) o da priorità ineludibili (questione energetica e spinta inflazionistica). Non può accettare ulteriori zavorre, che le renderebbero impossibile governare con efficacia. È un azzardo, considerando che storicamente i leader che hanno provato a sganciarsi da dinamiche di questo tipo hanno spesso pagato in termini di consenso, ma è la scelta probabilmente più coerente con il quadro di questi giorni.
La vera questione non è capire se Meloni terrà il punto sulle nomine e governerà senza farsi influenzare da veti e minacce, perché ciò appare fuori dubbio. Ma come si muoveranno Berlusconi e Salvini, fino a quando abbozzeranno e fino a dove accetteranno di portare i loro parlamentari. Non è una partita semplice, perché la leader di Fdi potrebbe dimostrare carisma e forza politica per marginalizzare i suoi alleati/avversari, che si troverebbero nell’impossibilità di staccare la spina, o comunque rendere la vita difficile, a un governo in grado di rappresentare al meglio i loro eletti ed elettori. L'incastro è tutto qui: Meloni ha bisogno di una squadra forte e compatta per governare bene, ma anche per limitare Berlusconi e aiutare i leghisti a sostituire Salvini; ma i leader di Fi e Lega possono sabotare il loro governo per salvare le loro posizioni?