Come funzionerà la flat tax al 15% estesa in manovra e cosa prevede il nuovo meccanismo anti-evasione
L'ampliamento della flat tax al 15%, alla fine, è entrato nella manovra. Rispetto a quanto prospettavano i programmi elettorali, però, la portata del provvedimento è ridotta: le partite Iva e i lavoratori autonomi che possono usufruire dell'aliquota ridotta passano da quelli con ricavi inferiori ai 65mila euro all'anno, a quelli sotto gli 85mila euro. In campagna elettorale, i partiti del centrodestra avevano promesso di alzare il tetto dei ricavi fino a 100mila euro.
La bozza di legge di bilancio circolata ieri, invece, conferma quanto dichiarato da Giorgia Meloni nella conferenza stampa di presentazione della manovra: il regime forfettario al 15% sarà valido per tutte le partite Iva sotto gli 85mila euro di ricavi annuali. Secondo le stime del ministero dell'Economia e delle Finanze, ad essere coinvolte saranno poco più di 100mila persone che prima non avevano accesso alla flat tax.
È un allargamento limitato, come è successo per diverse delle misure promesse dai partiti di maggioranza. Non solo è più ristretto di quanto promesso, ma anche rispetto a quello effettuato dal primo governo Conte (quello guidato da M5s e Lega) nella legge di bilancio del 2018. Allora, si era intervenuti sulla ‘flat tax' già esistente, creata dal governo Renzi nel 2014.
Prima, la soglia di ricavi per accedere al regime forfettario variava in base al codice Ateco (cioè al settore) in cui operava il lavoratore autonomo, e comunque oscillava tra i 25mila e i 50mila euro. In più, c'erano diversi requisiti ulteriori, come una spesa limitata (non oltre 5mila euro) per pagare eventuali collaboratori.
Il governo gialloverde guidato da Giuseppe Conte aveva non solo alzato la soglia di ricavi a 65mila euro, a prescindere dal settore lavorativo, ma aveva anche rimosso tutti gli altri requisiti previsti dalla legge, poi tornati in parte con la legge di bilancio del 2019 del secondo governo Conte. Le persone interessate erano passate dalle 500mila del 2014 agli 1,6 milioni segnalati dal Mef nel 2021.
Il nuovo paletto: oltre i 100mila euro, la flat tax al 15% finisce subito
La manovra del governo Meloni, invece, oltre a portare il tetto di ricavi a 85mila euro aggiunge un nuovo paletto. Il regime agevolato finirà immediatamente, già per l'anno in corso, se il contribuente interessato supera i 100mila euro di ricavi o compensi. Nel caso, si inizieranno a pagare le tasse aggiuntive calcolate non dall'anno successivo, ma retroattivamente, cioè dal momento in cui si è svolta l'operazione che ha portato i ricavi a superare i 100mila euro.
Questa misura pare pensata per limitare l'evasione fiscale legata al sistema forfettario. Per come funzionano le cose adesso, per esempio, una partita Iva potrebbe fatturare meno di 65mila euro nel 2022 – così da rientrare nel regime agevolato – e poi nel 2023 avere ricavi anche per 200mila euro, e per quell'anno pagherebbe comunque la flat tax al 15%, perché sarebbe ancora ufficialmente "in regime agevolato". Sarebbe escluso da questo regime solo l'anno dopo, nel 2024, ma se quell'anno fatturasse nuovamente poco (meno di 65mila euro) tornerebbe alla flat tax.
La cosa potrebbe spingere a fatturare di meno, o trovare comunque altri modi per abbassare artificialmente i propri ricavi, per mantenere i vantaggi fiscali. Un meccanismo di ‘porta girevole' che dovrebbe essere fermato, nelle intenzioni del governo, con questo nuovo limite. Per chi fattura da 85mila a 100mila euro, ci sarà comunque il passaggio al regime ordinario dall'anno dopo, ma per chi supera i 100mila la fine della flat tax arriverà immediatamente e retroattivamente.