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Come funzionano i rimpatri forzati: 115mila euro e 74 persone per scortare 29 migranti

Il resoconto fatto dal Garante dei diritti dei detenuti di quanto accaduto il 19 maggio 2016, quando si è proceduto al rimpatrio di ventinove tunisini, tra fascette ai polsi, telecamere, tappe e colloqui.
A cura di Claudia Torrisi
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Il piano del Viminale sui migranti che sarà presentato oggi al Parlamento dal ministro Marco Minniti va nel senso di un raddoppio dei rimpatri, attraverso un risveglio di quel sistema fatto di Cie e accordi bilaterali con i paesi d'origine. Al di là del giudizio su questa svolta del governo, i rimpatri forzati sono sicuramente un iter parecchio costoso e complesso. Su Repubblica Vladimiro Polchi ha raccolto il resoconto fatto dal Garante dei diritti dei detenuti di quanto accaduto il 19 maggio 2016, quando si è proceduto al rimpatrio di ventinove tunisini, uno in meno del limite massimo previsto dall'accordo con la Tunisia per una singola operazione.

Il racconto parla di una spesa totale di 115mila euro. Ad accompagnare ad Hammamet i ventinove migranti c'erano settantaquattro accompagnatori: un funzionario della polizia di Stato, un medico, un infermiere, due delegati del Garante nazionale dei detenuti, 69 agenti di scorta non armati e in borghese. I tunisini avevano i polsi legati con delle fascette in velcro; e tutta l'operazione è stata accompagnata da perquisizioni, carabinieri in tenuta anti-sommossa, riprese video delle operazioni, audizioni di due funzionari del consolato tunisino.

Il Viminale noleggia un volo della Bulgarian Air Charter, con decollo da Roma Fiumicino alle ore 8.40 e rientro alle 17 dello stesso giorno. A bordo, oltre al funzionario responsabile, siedono 71 persone appartenenti alla polizia di Stato. "Tra questi, un medico e un infermiere provenienti dai ruoli tecnici della polizia, che hanno garantito il presidio sanitario sino in Tunisia. Gli altri componenti avevano funzioni di scorta.

Nel rapporto il Garante sottolinea come non vi fossero interpreti a bordo, "anche se il caposcorta ha dichiarato la presenza di personale in grado di parlare inglese e francese". Gli agenti non sono armati, né in divisa, ma sono riconoscibili "per l'esposizione della placca, ovvero il distintivo di riconoscimento della polizia di Stato in cui non è visibile il nome, ma un numero identificativo. Sono presenti anche operatrici di sesso femminile ".

La prima tappa del viaggio è l'isola di Lampedusa. I tunisini aspettano dentro un pullman sulla pista, "scortati da circa dieci carabinieri in tenuta da ordine pubblico".

Non mancano le tensioni. I tunisini devono ancora firmare i decreti d'espulsione, alcuni rifiutano di scendere dal pullman, arriva un nuovo contingente di carabinieri in tenuta anti-sommossa, la questura di Agrigento riprende tutto con una telecamera. La situazione rischia di precipitare. Alla fine, grazie al dialogo instaurato da due ispettori anziani, tutti scendono. Dopo le perquisizioni personali ("nella grande maggioranza dei casi viene chiesto di abbassare le mutande") e dei bagagli, vengono applicate ai polsi degli espulsi fascette di velcro, che terranno anche in volo.

"Il caposcorta ci ha informato che durante il volo i rimpatriandi avrebbero tenuto sempre le fascette per salvaguardare la sicurezza, specificando che per rimpatri più lunghi, per esempio quelli in Nigeria organizzati dall'Italia con il coordinamento di Frontex, le fascette vengono tolte. Sui voli brevi, le fascette vengono tenute il più possibile, essendo minore la necessità di usare i bagni e dovendo i rimpatriandi consumare un solo pasto, fornito dalla Polaria durante lo scalo", si legge nel rapporto.

L'aereo si ferma poi a Palermo, dove si svolgono le audizioni con due funzionari del consolato della Tunisia e due agenti della polizia italiana, per verificare "l'effettiva provenienza e cittadinanza " dei migranti. Durante i colloqui emerge che un ragazzo è minorenne, e viene allontanato dal gruppo perché non può essere espulso. Alle 15 e 10 il volo atterra ad Hammamet. Nonostante l'avvertimento della possibilità di "gesti di autolesionismo", non succede nulla di rilevante. I ventinove cittadini tunisini vengono liberati dalle fascette e consegnati alle autorità locali direttamente dalla porta anteriore dell'aereo. Quaranta minuti dopo, l'aereo si è riposizionato sulla pista per fare rientro a Fiumicino.

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