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Come evitare l’astensione record alle prossime elezioni: far cambiare legge elettorale ai cittadini

Il ripristino dei pieni diritti di partecipazione è una priorità. Il concetto è semplice: laddove i partiti sono più a rischio di confondere i propri interessi di bottega con gli interessi della cittadinanza, è auspicabile che quest’ultima prenda parte diretta alle deliberazioni. Perché non nominare ora un’Assemblea cittadina con il compito di riformare la legge elettorale?
A cura di Redazione
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di Lorenzo Marsili, Virginia Fiume e Marco Cappato

Era stato previsto e così è accaduto: con un tasso di astensione del 37%, il più alto di sempre, le elezioni del 25 settembre hanno reso palpabile la crisi della democrazia italiana.

Sul banco degli imputati  – ancora una volta – finiscono la crisi dei partiti e la legge elettorale. Ma è importante non dimenticare altri due durissimi colpi inferti al desiderio di partecipazione popolare politica. Da un lato, le decisioni della Corte Costituzionale guidata da Giuliano Amato sui referendum Eutanasia Legale e Cannabis, che avevano raccolto oltre 2 milioni di firme nell’estate del 2021 in una delle più significative mobilitazioni democratiche nella storia italiana. Dall’altro, l’esclusione dalla competizione elettorale della Lista Referendum e Democrazia con Marco Cappato, “colpevole” di avere raccolto le firme solo digitalmente per denunciare così la violazione dei diritti politici in Italia.

Il ripristino dei pieni diritti di partecipazione è una priorità che supera di gran lunga le esigenze di corto respiro di riorganizzazione dei partiti. Un modo per connettere i neuroni della democrazia esiste.

Se davvero il tempo è maturo per una riscrittura della legge elettorale, allora è il tempo di farlo  con il pieno coinvolgimento di quelli che sono i veri portatori di interesse di tale legge: gli elettori e le elettrici. Proponiamo di riformare la legge elettorale attraverso un’Assemblea Civica estratta a sorte che possa deliberare sulla legge migliore – migliore, non per i partiti ma per garantire il pieno funzionamento della democrazia in Italia.

Da diversi anni oramai molti Paesi stanno portando avanti iniziative importanti di partecipazione cittadina, anche in ambito elettorale. Il concetto è semplice: laddove i partiti sono più a rischio di confondere i propri interessi di bottega con gli interessi della cittadinanza, è auspicabile che quest’ultima prenda parte diretta alle deliberazioni.

Il meccanismo dell’Assemblea cittadina è stato sperimentato in Canada nel 2004 e nel 2007 per la ridefinizione della legge elettorale di due Stati regionali. Centinaia di cittadini sono stati estratti a sorte e inseriti in un programma di formazione e deliberazione. Dopo mesi di studio, discussione, confronto con le parti sociali e politiche e consultazioni con esperti e costituzionalisti, una proposta di legge elettorale è stata deliberata e presentata a referendum confermativo. In Europa, è stata l’Olanda a fare da apripista. Un’Assemblea cittadina è stata organizzata nel 2008 – il Burgerforum – per proporre cambiamenti alla legge elettorale del Paese.

È l’Irlanda a portare l’esperienza più significativa. Fra il 2012 e il 2014 un’Assemblea composta per due terzi da cittadini estratti a sorte e per un terzo da parlamentari ha avanzato niente di meno che un progetto di riforma costituzionale. La storica approvazione, nel 2015, della piena parità fra matrimonio eterosessuale ed omosessuale deriva precisamente dai lavori di questa Assemblea.

La stessa Unione Europea ha avviato delle importanti sperimentazioni in questa direzione. Solo il 14 settembre scorso la Presidente della Commissione Europea Ursula Von Der Leyen ha fatto riferimento al mandato popolare della Conferenza Sul Futuro dell’Europa – composta in parte da panel civici estratti a sorte – per avanzare l’ipotesi di un percorso di riforma dei Trattati Europei, già approvato dal Parlamento europeo.

E da noi? Perché non nominare ora un’Assemblea cittadina con il compito di riformare la legge elettorale? Questa Assemblea gestirebbe un percorso di consultazione e deliberazione, arrivando a definire una nuova proposta di legge elettorale da presentare in un referendum confermativo.

Si tratta di una proposta popolare e non populista, democratica e non demagogica, basata non solo sulle evidenze scientifiche e le migliori pratiche internazionali ma anche sui criteri statistici e inclusivi del sorteggio: la rappresentanza di tutti gli strati sociali, le condizioni economiche, di genere e ideologiche.

Chi è stato eletto da pochi ha ora il dovere di coinvolgere pienamente i cittadini e le cittadine nel processo politico. Dopo anni caratterizzati da imbarazzanti e incomprensibili leggi elettorali scritte da una parte politica contro l’altra, è arrivato il momento di permettere ai cittadini stessi di deliberare sul processo di elezioni del loro prossimo Parlamento.

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