Come è andato lo sciopero dei magistrati e come potrebbe cambiare la riforma della Giustizia
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Il governo Meloni è disponibile a un confronto con la magistratura, ma sulla riforma della giustizia tira dritto. È quello che è emerso ieri, dopo lo sciopero nazionale convocato dall'Associazione nazionale magistrati (Anm), che ha coinvolto da Nord a Sud tutte le principali città italiane.
La mobilitazione ha raccolto un record di adesioni che hanno superato l'80%, come dichiarato dal presidente dell'Anm, Cesare Parodi. Al centro della protesta c'è la riforma portata avanti dal Guardasigilli Carlo Nordio, che si fonda su alcuni pilastri: la separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri, l'istituzione di un'Alta corte responsabile dei provvedimenti disciplinari, i due Csm distinti e il sorteggio dei suoi componenti, che non verranno più eletti.
Nel vertice a Palazzo Chigi, Meloni ha incontrato Nordio e i vicepremier Matteo Salvini e Antonio Tajani per fare il punto della situazione e definire la strategia da adottare nei confronti delle toghe. Il 5 marzo infatti, la premier incontrerà le Camere penali e l'Anm e in quell'occasione ascolterà le loro richieste.
Stando a quanto trapelato dall'incontro di ieri, la linea sarebbe quella del confronto con la magistratura, pur mantenendo fermi alcuni punti. Il governo vuole proseguire sulla riforma che – assicurano da Chigi – non "è pensata contro i magistrati". Chi contesta il disegno di legge infatti, ritiene che le novità introdotte finiranno per accrescere il controllo della politica nei confronti del potere giudiziario e per metterne in pericolo l'indipendenza. Su questo, Tajani ha garantito che non è intenzione dell'esecutivo e che "non ci sarà mai alcun tentativo di mettere sotto l'ala del governo i magistrati".
Nel confronto con le toghe quindi, il margine per una modifica del ddl sarà risicato. Il governo punta a mantenere intatta la struttura della riforma ma apre all'ipotesi di piccoli ritocchi. Questi ultimi potrebbero riguardare la questione relativa alle cosiddette "quote rosa" dentro il Csm e il sorteggio "temperato" dei suoi membri. In sostanza, l'idea sarebbe quella di sorteggiare una gruppo di magistrati eleggibili, all’interno della quale giudici e pm voterebbero i futuri togati dei due Csm. Per i componenti laici del Consiglio, la platea di candidati verrebbe scelta dal Parlamento.
Ad ogni modo, per il momento si tratta solamente di ipotesi e per capire di più bisognerà attendere il prossimo incontro con i vertici dell'Associazione. Restano fuori dalla discussione invece gli aspetti centrali della riforma, tra cui naturalmente i percorsi separati per giudici e pm.
Attualmente il testo si trova al Senato dopo l'ok ricevuto dalla Camera il 16 gennaio scorso. Tuttavia, dal momento che la riforma interviene sulla Costituzione modificandola, il processo di approvazione sarà più lungo. L'iter è quello previsto per le leggi di revisione costituzionale che per entrare in vigore richiedono la doppia deliberazione da entrambe le Camere, a distanza di almeno tre mesi l'una dall'altra. Eventuali modifiche al ddl allungherebbero ulteriormente i tempi rispetto al termine fissato dallo stesso Nordio, che si è impegnato ad approvarla entro il 2026.