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Come cambiano le regole sulle intercettazioni con la nuova riforma della giustizia

Con il ddl di riforma della giustizia, il governo Meloni è intervenuto su numerosi temi. Uno dei più discussi è quello sulle intercettazioni telefoniche e sui nuovi limiti alle pubblicazioni sui giornali. Potranno essere rese note solo se saranno utilizzate nei procedimenti o dal giudice per motivare un provvedimento.
A cura di Luca Pons
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Dopo più di sette mesi di lavori del ministro della Giustizia Carlo Nordio, ieri il Consiglio dei ministri del governo Meloni ha approvato la riforma della giustizia che ha detto di voler portare avanti "in nome di Berlusconi", morto lunedì 12 giugno. Nel testo, che sarà presentato al Parlamento come disegno di legge e quindi non è ancora in vigore al momento, si prevedono numerosi interventi. Uno dei più discussi è quello che cancella l'abuso d'ufficio, che tra l'altro ha spinto Azione di Carlo Calenda a dichiararsi apertamente a favore del ddl. Un altro dei punti che stanno ricevendo particolare attenzione è quello sulle nuove regole per le intercettazioni.

Nella proposta di legge, infatti, c'è un provvedimento "in materia di intercettazioni a tutela della riservatezza del terzo estraneo al procedimento". Nella sostanza, l'obiettivo è evitare che le intercettazioni telefoniche che emergono dalle indagini delle Procure finiscano sui giornali, a parte alcune limitate eccezioni. La norma è presentata con l'obiettivo di tutelare, appunto, la "riservatezza del terzo" che sia "estraneo al procedimento". Cioè, una persona che viene citata nelle conversazioni intercettate, ma non è coinvolta nelle indagini, non deve essere presente negli atti e i riferimenti vanno stralciati. Tanto meno deve essere presente in una pubblicazione giornalistica.

Anzi, sui giornali il divieto sarà sempre valido per le intercettazioni, a meno che queste non siano "riprodotte dal giudice nella motivazione di un provvedimento o utilizzate nel corso del dibattimento", intervenendo sull'articolo 114 del codice di procedura penale. Insomma, se una telefonata intercettata non finirà, nel dettaglio, in atti pubblici del processo, allora non potrà essere pubblicata. Oggi invece il confine è più labile, e può succedere che delle conversazioni vengano pubblicate quando sono in mano agli inquirenti.

La stretta è particolarmente significativa perché esclude anche tutte le intercettazioni che sono già depositate e, perciò, sono a disposizione sia dell'accusa che della difesa. Anche in questa fase, per quanto le persone coinvolte siano informate, le conversazioni non potranno essere pubblicate a meno che non vengano esplicitamente citate durante il processo o il giudice non le utilizzi esplicitamente per motivare un qualche provvedimento.

Allo stesso tempo, le carte del processo e le copie degli atti che vengono consegnate a difesa e accusa non potranno essere rilasciate a nessuno, se non alle parti e ai loro difensori. Un taglio quasi totale, quindi, sull'accesso dei giornalisti ai documenti che descrivono il processo e le indagini. Il ministro Nordio ha difeso questa scelta dicendo che non si intende mettere "nessun bavaglio alla stampa", ma che in passato l'attuale sistema di pubblicazione delle intercettazioni ha raggiunto un livello di "quasi imbarbarimento".

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