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Come andare in pensione cinque anni prima usando la pace contributiva e chi può farlo nel 2024

Per il 2024 tornerà in vigore una misura già sperimentata negli anni passati: la cosiddetta “pace contributiva”. Questa rende possibile riscattare un periodo in cui non si sono versati contributi, pari fino a cinque anni. Così si può aumentare il cumulo contributivo e l’assegno pensionistico, ma anche anticipare l’arrivo della pensione in alcuni casi.
A cura di Luca Pons
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Arriva la pace contributiva, il meccanismo che renderà possibile nel 2024 e nel 2025 riscattare i propri ‘buchi contributivi' versando una certa somma all'Inps. In questo modo aumentano gli anni di contributi versati ufficialmente, e questo può significare o un assegno più alto quando si lascia il lavoro, oppure anche un arrivo anticipato del momento della pensione.

La pace contributiva fu lanciata per la prima volta nel 2019 e rimase in vigore fino al 2021, poi fu cancellata. In pratica, chi rispetta certi requisiti può fare questo: versando all'Inps una certa quantità di contributi, si ‘riscattano' i periodi negli anni scorsi in cui non si è lavorato. Può trattarsi di periodi di inoccupazione, di aspettativa, di semplice disoccupazione tra impieghi diversi o anche di periodi di studio che non rientrano nel riscatto della laurea.

Il tempo massimo che si può riscattare è pari a cinque anni, anche non continuativi. Perciò si possono aggiungere fino a cinque anni al proprio montante contributivo. Questo potrebbe aiutare con il raggiungimento di alcuni requisiti per la pensione. Ad esempio, la pensione di anzianità scatta con 42 anni e 10 mesi di contributi (per gli uomini, mentre sono 41 anni e 10 mesi per le donne). Quota 103 richiede 62 anni di età e 41 anni di contributi, e così via. Aggiungendo cinque anni al conto, si può anticipare il momento della pensione.

Chi può riscattare i buchi contributivi

La possibilità di usare la pace contributiva non è per tutti. Infatti, il meccanismo è riservato a coloro che che hanno iniziato a versare i contributi dopo il 31 dicembre 1995. Questi rientrano nel cosiddetto sistema contributivo puro, cioè la loro pensione sarà calcolata solo sulla base dei contributi che hanno versato. Sono esclusi i lavoratori che ricadono nel calcolo misto o in quello retributivo.

In più, nei cinque anni che si vogliono riscattare (dal 1° gennaio 1996 a al 31 dicembre 2023) non possono rientrare quei periodi in cui si aveva un contratti di lavoro ma il datore di lavoro non ha effettuato i versamenti. Infatti, sono esclusi i periodi che erano soggetti a obbligo contributivo, anche se questo non è stato riscattato. Allo stesso modo, i periodi coperti da contribuzione figurativa non contano.

Quanto costa la pace contributiva e come si paga

Per riscattare questi periodi, sarà sufficiente fare richiesta all'Inps e concordare il pagamento. La somma da pagare è pari ai contributi che si sono versati nell'ultimo anno, moltiplicati per il numero di anni da riscattare. Più precisamente, si calcola la retribuzione imponibile media ricevuta negli ultimi 12 mesi prima della domanda, e si applica l'aliquota della gestione in cui si sta chiedendo il riscatto. Questa aliquota è pari al 33% per i dipendenti, al 24% circa per gli autonomi e al 25,7% per gli iscritti alla Gestione separata.

Per quanto riguarda il pagamento, questo può essere diviso in rate mensili per un periodo fino a 10 anni, quindi fino a 120 rate, senza interessi. L'unico caso in cui non si ha diritto alle rate è se il periodo che si vuole riscattare darà immediatamente accesso alla pensione. La somma che si versa all'Inps può essere recuperata in parte: il 50% si può detrarre dall'Irpef, dividendolo in cinque rate annuali di pari importo.

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