Colpo di mano di Meloni: dl Paesi Sicuri non verrà esaminato in Aula, diventa emendamento a dl Flussi
La maggioranza di centrodestra non arretra di un millimetro nello scontro aperto con i magistrati. Nella nuova puntata della disputa che si è aperta con l'avvio del progetto Albania, l'esecutivo contesta la scelta dei magistrati del capoluogo emiliano di rivolgersi alla Corte di Giustizia Ue, per domandare quale sia il parametro "sulla cui base debbono essere individuate le condizioni di sicurezza che sottendono alla designazione di un Paese terzo come Paese di origine sicuro".
Contestualmente il tribunale di Bologna ha chiesto alla Corte di Giustizia Ue se "sussista sempre l'obbligo per il giudice nazionale di non applicare" le disposizioni nazionali in caso di contrasto con la direttiva 32/2013, che riguarda le procedure comuni "ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione. In pratica la Corte dovrà dire ai giudici se il nuovo provvedimento non sia in contrasto con la sentenza della Corte di Giustizia Ue del 4 ottobre scorso. Ma la scelta del tribunale di Bologna di rivolgersi alla Corte di Giustizia europea è stato letto da parte del governo come l'ennesimo ‘atto ostile' da parte dei magistrati.
Oggi pomeriggio la maggioranza ha deciso di sottrarre il decreto Paesi sicuri, approvato in Cdm la scorsa settimana, all'esame del Parlamento, per velocizzarne l'iter di approvazione.
Il decreto, in esame al Senato, confluirà all’interno di un emendamento al dl Flussi che sarà in esame in Aula alla Camera il prossimo 21 novembre. L'obiettivo della maggioranza è saltare le audizioni e presentare il provvedimento come emendamento di un dl che si trova in una fase più avanzata. La decisione è stata presa durante la conferenza dei capigruppo della Camera di oggi pomeriggio.
"Dopo aver ovviamente avvisato tutte le parti interessate, abbiamo preferito rinunciare alla conversione del decreto legge Paesi sicuri in Senato e presentare al decreto Flussi, in esame alla Camera, un emendamento in cui confluiscono i contenuti del decreto stesso", ha spiegato Luca Ciriani, ministro per i Rapporti con il Parlamento. "La decisione non vuole assolutamente ledere le prerogative parlamentari, ma essendo i due provvedimenti affini per materia è strettamente connessi tra di loro riteniamo per questo opportuno che vengano esaminati insieme".
La reazione delle opposizioni
Per Pd e Avs è un fatto "gravissimo". "Abbiamo appreso dal governo che intende trasformare il decreto ‘Paesi sicuri' in un emendamento da inserire nel decreto Flussi che è all'esame della Camera. Questo significa che quel decreto non verrà esaminato e non si potranno fare audizioni. Come è noto si tratta di un decreto controverso, che ha aperto uno scontro con le istituzioni europee ed è stato oggetto di pesantissime critiche. Quindi con questo tentativo goffo di nasconderlo dentro un altro decreto non vogliono se ne parli. Questo in una fase in cui invece abbiamo gli occhi puntati addosso: l'Ue ha di nuovo detto che la normativa italiana deve essere rispettosa di quella europea", ha detto Chiara Braga, capogruppo del Partito Democratico alla Camera, al termine della conferenza dei capigruppo a Montecitorio.
"Noi abbiamo posto il tema anche alla presidenza della Camera perché assistere al fatto che un decreto venga assegnato a un altro ramo – dopo un balletto tra Camera e Senato – e poi ridotta la discussione a un emendamento su un provvedimento assegnato qui è davvero una cosa inaccettabile. Il presidente ha sostanzialmente fatto riferimento alla scelta del governo e al fatto che ci sono stati altri precedenti. Siamo di fronte a forzature su forzature e forse a un tentativo della maggioranza di nascondere il più possibile la mano dopo aver fatto il disastro che ha fatto".
"Il governo intende far decadere il decreto Paesi sicuri senza ritirarlo e trasformarlo in emendamento al decreto flussi. Si tratta di un vergognoso espediente per impedire al Senato di discutere il decreto", si legge in una nota del senatore Enrico Borghi, capogruppo al Senato di Italia Viva, e della senatrice di Italia Viva Dafne Musolino, componente della Commissione Affari costituzionali del Senato. "Un trucco tanto più grave, in quanto su questo decreto è già stata devoluta alla Corte di Giustizia Europea la questione di legittimità rispetto alle norme comunitarie. Si tratta di una manovra del tutto irrituale e non rispettosa delle prerogative del Parlamento. Un tentativo maldestro di mettere una pezza a una vicenda, quella degli hot spot in Albania, che si sta rivelando sempre più un pasticcio".
Per il senatore Peppe De Cristofaro di Avs l'annuncio del governo dello spostamento all'interno del decreto Flussi delle norme del decreto Paesi sicuri ha causato "in modo abbastanza palpabile l'imbarazzo delle forze di maggioranza".
"Dinanzi alle nostre rimostranze hanno avuto pochi argomenti", ha aggiunto. "Penso che a questa cosa – ha affermato l'esponente di Avs – non sia arrivata per caso ma ha a che fare col conflitto che si è aperto in queste settimane. Mi pare dare il senso di un disprezzo per le regole democratiche e per la centralità del Parlamento, che peraltro non è la prima volta che registriamo ma che ancora una volta sembra essere l'indirizzo politico che il governo sceglie".
Per De Cristofaro la decisione del Governo "è un tentativo di minimizzare l'impatto del provvedimento nell'opinione pubblica, quindi evitare le caratteristiche di un normale iter legislativo: le audizioni, il dibattito parlamentare, ma conservando il merito del provvedimento. Togliendo alle opposizioni la possibilità di fare il mestiere delle opposizioni, cioè portare il dibattito anche fuori dalle aule parlamentari e farlo vivere nel Paese".
Fdi: "Giudici hanno dichiarato guerra al governo"
Per la senatrice Campione (Fdi) la scelta del tribunale di Bologna è una vera e propria dichiarazione di guerra: "Dieci giorni fa la mail del giudice Patarnello che definisce ‘Giorgia Meloni più pericolosa di Berlusconi perché non ha inchieste giudiziarie a carico', ieri il provvedimento choc del Tribunale di Bologna che arriva ad evocare addirittura la Germania nazista pur di boicottare il decreto del governo sui ‘Paesi sicuri'; oggi arriva anche l'annuncio dello "stato di agitazione permanente" dei magistrati della Corte dei Conti contro la proposta di legge del presidente dei deputati di FdI, Tommaso Foti. Tre indizi fanno una prova, verrebbe da osservare citando Agata Christie. La prova che contro il governo di centrodestra una parte significativa della magistratura sia scesa in campo e abbia dichiarato pubblicamente guerra. Una presa di posizione molto grave che conferma come una parte della magistratura abbia assunto una postura che esula dalle sue prerogative. I magistrati che vogliono fare politica siano conseguenti: dismettano la toga e si candidino per sostenere le proprie battaglie ideologiche ma non facciano gli l'arbitri e i giocatori contemporaneamente", ha detto la senatrice, componente della Commissione Giustizia di Palazzo Madama.