Clienti Poste esclusi dai prestiti del Dl liquidità: il governo non applica le misure del governo
In questi giorni migliaia di piccoli e medi imprenditori stanno cercando di ottenere i prestiti previsti dal cosiddetto Decreto Liquidità che dovrebbero aiutare a tenere in vita le attività schiacciate dall’emergenza Coronavirus. Molti utenti denunciano ritardi e intoppi nella procedura. Ma per molti altri la strada per l’accesso al credito è sbarrata ancora prima di iniziare. Per paradosso si tratta di quelli imprenditori che hanno un “conto aperto” con lo Stato.
Come funziona il decreto Liquidità
Approvato dal governo il 6 Aprile scorso, il Dl Liquidità prevede che le aziende possano ottenere denaro in prestito con garanzia dello Stato. Entità del contributo e livello dell’assicurazione pubblica cambiano a seconda delle dimensioni dell’attività. Particolarmente ambito è il finanziamento fino a 25mila euro per professionisti e ai piccoli imprenditori, coperto dal 100 percento di garanzia statale. Il meccanismo per ottenerlo è all’apparenza semplice: l’impresa fa domanda a un istituto di credito che gira la pratica al Fondo di garanzia per le Pmi. Una volta che questo ha dato l’ok a coprire la richiesta, può partire l’erogazione.
In realtà il percorso per molti si è rivelato più tortuoso del previsto, se è vero che di fronte a centinaia di migliaia di domande presentate alle banche, poco più di duemila ad oggi sono quelle girate al Fondo di garanzia e ancora meno i versamenti effettivamente avvenuti nelle casse delle imprese in difficoltà. Per qualcuno però le cose sono andate anche peggio. Ai professionisti o piccoli imprenditori che hanno un conto corrente BancoPosta, infatti, l’accesso al credito è impedito già in partenza. Le Poste Italiane, infatti, non è tra gli intermediari finanziari attraverso cui è possibile ottenere i fondi previsti dal decreto.
Clienti delle Poste esclusi dai prestiti
Sui social e sui quotidiani di settore sono state raccolte le proteste di quanti sono stati esclusi dai prestiti per questo motivo. “Non ho l’accesso al finanziamento ‘Covid’ perché le Poste sono in tutto come una banca privata ma operano con una mentalità pubblica e quindi si attrezzeranno per questi servizi entro il 3000”, scrive ad esempio Marco Granzarolo nella sezione de “Il Sole 24 Ore” dedicata alle osservazioni dei lettori sul Dl Liquidità. Gli fa eco Maria Elisa Munoz: “Ho rilevato un bar a febbraio. Un mese dopo è arrivato lo stop Covid. A oggi non posso chiedere un prestito garantito dallo Stato perché gli unici istituti di credito abilitati sono quelli bancari e non quelli postali. Le banche consultate non aprono nuovi conti perché: dobbiamo pensare prima ai nostri clienti”
L’unica possibilità per i clienti delle Poste rimane dunque quella di aprire un conto presso una banca, cosa improba da realizzare in questi tempi di emergenza. E in ogni caso la situazione appare paradossale: per avere l’accesso a un finanziamento garantito dallo Stato, non si possono utilizzare i canali di un’azienda a controllo pubblico, ma si deve bussare alle porte degli istituti privati. Ricordiamo, infatti, che i maggiori azionisti di Poste sono il ministero dell’Economia e Cassa Depositi e Prestiti. Si poteva immaginare, quindi, che le comunicazioni con il Fondo (pubblico) di garanzia per le Pmi potesse essere più semplice e l’erogazione dei soldi più rapida rispetto a quanto previsto dalle banche. Invece il dialogo tra le due istituzioni non è nemmeno iniziato.
Abbiamo chiesto i motivi di questa esclusione sia a Poste Italiane sia al Ministero dello Sviluppo Economico a cui fa capo l’iniziativa dei prestiti per le Pmi. Al momento di pubblicare questo articolo non ci è arrivata nessuna risposta