Class action contro Autostrade, Sansa a Fanpage.it: “Chiediamo 1000 euro per ogni cittadino ligure”
Una class action da un miliardo e mezzo di euro contro Autostrade per l'Italia, per risarcire i cittadini liguri dei disagi che si trovano ad affrontare ogni giorno, tra traffico, code e cantieri. Una situazione peggiorata dal crollo del ponte Morandi e per cui ora si chiede un indennizzo di mille euro per ogni cittadino. È l'iniziativa lanciata dalla Lista Sansa: il capogruppo in consiglio regionale, Ferrucio Sansa, ha messo la firma ancora a metà luglio presso lo studio legale dell'avvocato e senatore de ‘L'alternativa c'è' Mattia Crucioli. "La Liguria ha subìto abbastanza: tragedie, enormi problemi di sicurezza, danni all’economia, ai porti e al turismo. Migliaia di ore rubate alla nostra vita, al lavoro e alla famiglia trascorse in coda. L’arma c’è: la più grande class action della storia d’Italia. Chiediamo mille euro per ogni ligure, pretendiamo 1,5 miliardi da Autostrade", si legge nel sito della class action lanciata dalla Lista. "Io firmerò per primo, come cittadino, come consigliere regionale e quindi rappresentante dei liguri", ha scritto Sansa, a cui Fanpage.it ha rivolto alcune domande sull'iniziativa e sulla situazione attuale in Liguria. Ecco cosa ci ha risposto.
Avete annunciato una class action contro Autostrade per risarcire i liguri dei disagi che incontrano ogni giorno: perché proprio una class action e a che punto siamo?
Abbiamo lanciato la più grande class action italiana perché è rivolta a tutti gli abitanti di una regione, la Liguria. Così chiederemo mille euro per ogni ligure, che moltiplicato per un milione e mezzo di persone può arrivare a un miliardo e mezzo di euro. In pochi giorni siamo già arrivati a oltre 5mila adesioni che è un risultato straordinario, ma andremo avanti per mesi. È importante sottolineare che chi aderisce non rischia niente, basta una firma. Tutte le spese e i rischi dell'azione ce li siamo presi noi.Si poteva anche tentare una class action riservata agli utenti delle autostrade, ma noi – dopo aver interpellato anche esperti italiani e stranieri – abbiamo creduto che sia possibile estenderla a tutti gli abitanti. Proprio perché tutti noi liguri abbiamo subito danni dalla disastrosa gestione di Autostrade. Se saremo tanti non sarà più una battaglia di Davide contro Golia, ma potremo davvero mettere con le spalle al muro perfino a un colosso come Autostrade.
Perché avete deciso di annunciare una class action proprio ora? Autostrade è passata sotto il controllo di Cdp…
Abbiamo deciso di fare la class action adesso perché a maggio è entrata in vigore la nuova legge che offre mezzi nuovi e molto più efficaci. Vedrete, la class action diventerà una delle armi più straordinarie per le battaglie civili e politiche del futuro. Stiamo già pensando di utilizzarla anche in campo sanitario e ambientale. Non solo, lo abbiamo fatto adesso proprio per migliorare le condizioni dell'operazione di acquisto di Aspi da parte dello Stato finché siamo ancora in tempo. Noi vogliamo che Autostrade torni in mano pubblica, ma ci pare incredibile che si debbano pagare 9,5 miliardi per acquistare un bene già nostro. Ci sembra assurdo pagare tanto a un concessionario che ha gestito così male le strutture che gli erano affidate; che ci lascia miliardi di debiti e quasi 20 miliardi di cantieri da realizzare. Dopo aver incassato oltre 10 miliardi di dividendi in vent'anni.
Qual è stato l’impatto del crollo del ponte Morandi sulla viabilità e cosa ha significato questo per la quotidianità dei cittadini liguri?
Autostrade ha messo in ginocchio una Regione. Sia dal punto di vista economico che sociale. Prima c'è stata la tragedia del Ponte Morandi che ha provocato 43 morti e ha letteralmente spezzato in due la Liguria. Poi ci siamo accorti che per anni il concessionario non aveva effettuattto adeguata manuntezione. Così siamo stati costretti a viaggiare su viadotti e in gallerie pericolosi per la nostra incolumità. Da tre anni affrontiamo disagi enormi perdendo ogni giorno ore nel traffico. E saremo costretti a convivere con i cantieri per altri cinque, dieci anni. Lo dicono i tecnici, non noi. Per i liguri i danni sono immensi: quelli alla sicurezza prima di tutto. Poi le ore, i giorni, le settimane di vita che ci sono stati rubati. Quindi l'impatto enorme sull'economia, penso ai traffici portuali (solo il porto di Genova dà lavoro con l'indotto a circa 60mila persone), al trasporto delle merci delle nostre imprese, al turismo che vale il 15% del nostro Pil e alla crocieristica. Ma c'è stato anche un enorme danno alla vita di relazione, al tessuto sociale della regione. Le città della Liguria oggi sono molto più lontane, la gente stenta a spostarsi per incontrare parenti e amici. Abbiamo raccolto storie di nonni che per le code e il traffico hanno visto diradare drasticamente gli incontri con i nipoti, di studenti che hanno avuto enormi difficoltà a spostarsi per andare all'università. Addirittura c'è chi ha rinunciato a importanti esami medici o ha perso l'appuntamento per fare il vaccino. Tutti noi liguri siamo stati daneggiati.
Quali sono gli interventi che in questo senso sarebbero necessari per la sua Regione?
Il tracollo delle infrastrutture autostradali dimostra che occorre agire simultaneamente in direzioni diverse. Occorre ovviamente proseguire con la massima rapidità per rimettere la rete in condizioni decenti. Occorre, però, anche puntare su altri mezzi di trasporto, tra l'altro meno inquinanti, come il treno: penso al completamento del nodo ferroviario di Genova, in ritardo di anni; poi serve il doppio binario per le ferrovie verso la Francia, anche senza ricorrere a una linea nuova che costerebbe molto di più e taglierebbe fuori i paesi. Infine occorre accelerare al massimo l'adeguamento delle linee ferroviarie verso il Piemonte e verso Milano. Ma servono anche infrastrutture digitali che avvicinano le persone senza farle spostare e senza inquinare. Tra l'altro sarebbe un modo per combattere la grande piaga della Liguria: lo spopolamento. Sarebbe un modo per non far morire il nostro splendido entroterra che rischia di morire. L'esperienza del Covid ci ha insegnato molto: si può lavorare, ci si può far curare con la telemedicina anche restando ad abitare nel paese dove siamo nati. Anzi, i piccoli centri possono attirare nuovi abitanti: oggi si può decidere di fare l'architetto o il pubblicitario e di abitare in un paese meraviglioso come Triora, ai piedi della Alpi Marittime alle spalle di Imperia, invece che nella provincia di Milano.
Il Pnrr ne prevede qualcuno?
Il primo documento elaborato per il Recovery prevedeva infrastrutture concepite oltre trent'anni fa. E non teneva minimamente conto degli obiettivi fissati dall'Europa, dalla transizione verde alla digitalizzazione. C'erano decine di progetti buoni solo per ottenere consenso politico, ma destinati a essere bocciati dall'Europa. Erano un piano nato pensando al passato e non al futuro della Liguria. Soprattutto era un documento concepito senza consultare minimamente i giovani. Ma senza i giovani la Liguria non può sopravvivere.