Ciciliano (Cts) a Fanpage: “Normale che indicazioni scientifiche cambino, su J&J valuteremo”
Dopo il divieto del governo di somministrare AstraZeneca sotto i 60 anni di età e il via libera dell'Aifa, l'Agenzia italiana del farmaco, al richiamo con un vaccino diverso si cerca di capire quale sarà l'impatto delle nuove regole sulla campagna vaccinale. Intanto le Regioni insistono per avere più dosi a mRna e c'è chi chiede di poter somministrare comunque anche la seconda dose di AstraZeneca su base volontaria, in modo da non rallentare la campagna vaccinale facendo slittare le prenotazioni in attesa di ulteriori dosi Pfizer o Moderna. Lo fanno anche sottolineando che l'Ema, l'Agenzia europea del farmaco, ha ribadito come tutti i vaccini approvati possano essere somministrati a tutte le fasce d'età. Abbiamo cercato di fare chiarezza con Fabio Ciciliano, membro del Comitato tecnico scientifico. Ecco cosa ci ha detto.
L'Ema ha ribadito che il vaccino AstraZeneca è approvato per tutte le fasce di età, mentre in Italia è stato vietato sotto i 60 anni. Come vi rapportate voi del Cts con l'Agenzia europea?
Il Cts non si interfaccia con l'Ema, che però si interfaccia con Aifa. Detto questo, l'Ema ha sottolineato che i vaccini approvati sono autorizzati all'uso per tutte le categorie d'età al di sopra dei 18 anni, ma esiste una direttiva del ministero della Salute che dice che il vaccino di AstraZeneca va somministrato solo al di sopra dei 60 anni e che è perentoria. Tutti quanti i vaccini sono autorizzati per la somministrazione al di sopra dei 18 anni, tranne Pfizer che è autorizzato sopra i 12, ma c'è una direttiva che impone di somministrarlo solo alla popolazione più anziana. Bisogna rispettare la circolare del ministero, altrimenti non ne usciremo mai.
Alcune Regioni stanno chiedendo comunque di somministrare AstraZeneca su base volontaria, secondo lei è giusto?
Le Regioni si comportano in maniera diversa l'una dall'altra. Il vero problema è proprio qui: gli obiettivi del governo centrale e quelli delle Regioni rischiano di sembrare obiettivi diversi. In realtà non è così: l'obiettivo di tutti deve essere quello di vaccinare la più ampia platea di persone possibili nel minor tempo possibile. E questo traguardo deve ovviamente essere un traguardo comune. I contrasti che si creano sono per lo più politici, ma questa cosa non va bene perché poi i cittadini rimangono interdetti da questa indecisione. Già è un panorama molto complesso, perché il virus è un virus nuovo e i tempi per arrivare a un vaccino normalmente sono molto più lunghi. Questo di per sé crea un sospetto, anche se infondato: normalmente la fase di sperimentazione del vaccino richiede tanto tempo soprattutto per la difficoltà di reclutare volontari a cui somministrarlo nella fase tre, però in questo caso tale difficoltà non c'è stata. Questo ha compresso i tempi, però non viene spiegato. Oppure viene spiegato male, aumentando la sfiducia nella popolazione generale. I quattro vaccini che sono approvati in questo Paese funzionano, ma bisogna fare delle valutazioni.
Di che tipo?
Se io ho raccolto 45 mila volontari per la sperimentazione di AstraZeneca e non ho trovato complicanze trombotiche potrebbe essere perché il rischio di tale complicanza è 1 su 100 mila nella fascia sotto i 60 anni. Quando c'è stata la vaccinazione di massa che ha interessato milioni di persone, queste complicanze sono emerse. È ovvio che si tratta di un caso avverso molto raro. L'Aifa definisce una complicanza rara un evento ogni 10 mila noi stiamo parlando di uno ogni 100 mila. Sono numeri molto bassi, ma facendo milioni di vaccinazioni è possibile che queste complicanze si verifichino. Questo rischio deve poi essere comparato al rischio che si ha di morire di Covid. Se il Covid è molto circolante ovviamente il rischio di ammalarsi e di morire è evidentemente molto più alto, su questo siamo d'accordo. Se invece proprio anche grazie alla campagna vaccinale, anche quella di AstraZeneca e degli Open Day, si riduce la circolazione virale a quel punto anche il rischio di morire di Covid si riduce drasticamente. Quando però il rischio legato al Covid è inferiore alla complicanza emersa con AstraZeneca, perché allora non utilizzare vaccini che non presentano questo tipo complicanze?
Ci sono stati però degli errori nella comunicazione?
Assolutamente sì. Dobbiamo tenere a mente una cosa: che questo è un virus nuovo e quindi anche dal punto di vista scientifico ci sono delle incertezze. Mentre sia la politica che la gente comune associa la scienza a delle certezze. Che è un concetto sbagliato: come diceva Popper, la scienza è scienza finché non emerge una prova che confuta la scienza. Uno dei problemi è stato riportare alla considerazione comune le discussioni della comunità scientifica. Che non sono querelle, ma valutazioni cliniche, scientifiche. Degli orientamenti che vanno in una direzione piuttosto che in un'altra, ma è così che funziona e che porta alla fine ad evidenze considerate buone per tutti. È giusto che ci sia un confronto scientifico tra colleghi che fanno valutazioni diverse, ma quando questo dibattito viene portato alla popolazione generale ciò che viene percepito è un senso di incertezza. Ma l'incertezza scientifica è la base della scienza. La trasmissione dell'incertezza scientifica alla popolazione generale è una cosa che deve essere fatta con cautela.
Il ministro Speranza ha detto che la vaccinazione eterologa può anche essere più efficace. Ma perché è stato detto solo adesso, nel momento in cui sono cambiate le regole?
La vaccinazione eterologa non è nuova nel panorama scientifico. Si è fatto con l'influenza, con l'epatite B. Non è nulla di sconvolgente per la comunità scientifica. Glie enti regolatori con EMA e AIFA di norma autorizzano o raccomandano farmaci con la modalità di somministrazione di quel tipo di farmaco. Ma nel momento in cui ci si accorge di un possibile effetto avverso allora deve essere analizzata un'alternativa, che in questo caso è rappresentata dalla vaccinazione eterologa. Ci sono degli studi che hanno valutato la reattogenicità e l'immunogenicità. La prima è relativa all’analisi delle reazioni avverse, e si è visto che non sono superiori alla somministrazione “autologa”. Sulla seconda si è visto in diversi studi che c'è un importante aumento della risposta anticorpale. Ad esempio, la vaccinazione eterologa in Francia si fa da aprile, ed anche altri paesi con diverse modalità come Inghilterra, Germania, Spagna. Su questo serve chiarezza. Ad esempio, non si dovrebbe parlare di mix o di cocktail di vaccini, che hanno un'accezione negativa: la vaccinazione eterologa è un match.
Su Johnson & Johnson, per cui al momento c'è solo una raccomandazione, come stanno le cose?
AstraZeneca e Johnson & Johnson sono vaccini analoghi, cioè utilizzano la stessa piattaforma: sono vaccini a base adenovirale, uno di scimpanzé per il primo e uno umano per il secondo. I meccanismi di funzionamento sono abbasta simili, rispetto all'altra famiglia di vaccini che è quella a mRna. In entrambi i casi si sono registrate delle rare complicanze, in Johnson & Johnson in verità con incidenza molto minore, anche perché è stato somministrato molto meno. Per il principio di massima precauzione l'Aifa l'ha raccomandato solo per gli over 60 analogamente al Cts. Il vantaggio indubbio risiede nella tipologia di somministrazione rappresentata dalla monosomministrazione del vaccino Johnson & Johnson, e che potrebbe essere utile in alcune fasce di popolazione. Il Cts in casi specifici e limitati ha indicato la possibilità al suo utilizzo nelle fasce di età al di sotto dei 60 anni a patto che si pronuncino i comitati etici locali per un parere relativo alla valutazione dei rischi e dei benefici su questi specifici gruppi di popolazione. Nel prossimo futuro potrebbero essere possibili nuove evidenze che potrebbero anche modificare le attuali indicazioni. E questo è assolutamente normale. Ma il fatto che le indicazioni possano cambiare in senso migliorativo, non trasforma i cittadini in cavie, come ho avuto modo di ascoltare in alcuni casi: è assolutamente normale con il mutamento nelle evidenze scientifiche.