Settembre 2015, nella sala dell'acquario civico milanese che stava ospitando l'ultimo congresso dell'associazione Luca Coscioni, qualcuno si avvicinò e gli disse che non poteva fumare all'interno della struttura. Se ne fregò altamente, si girò dall'altra parte e continuò imperterrito ad aspirare il fumo del suo sigaro. Questo è uno degli ultimi ricordi che ho di Marco Pannella. Già gravemente malato, era diventato ancor più provocatore e irascibile del solito. Per tutta la vita Marco Pannella è stato il contestatore, il rompipalle, l'alfiere delle battaglie di retroguardia che tanti politici non avevano il coraggio di combattere, di sostenere, di appoggiare. Come un moderno Don Chisciotte, ha sfidato i mulini a vento del provincialismo all'italiana e lottato come un leone per le cause in cui credeva.
Simbolo della storia radicale italiana, Marco Pannella è stato per me come un padre, il padre del mio impegno politico. Un faro. Il faro che ha illuminato il mio percorso, che mi ha travolto e stravolto la vita. Ricordo il suo faccione in televisione, nei primi anni 90. Avrò avuto 6 o 7 anni la prima volta che lo vidi in televisione. Era l'epoca di Tangentopoli e delle stragi di mafia e io, io ero solo una bambina. Mi affascinava quel signore tanto alto e tanto dinoccolato, che spesso vedevo in televisione tutto intento a battersi per qualche causa, a fare lo sciopero della fame e della sete per protestare contro le condizioni dei carcerati italiani, per promuovere l'amnistia e l'indulto, per una giustizia giusta, contro la pena di morte, per il rispetto dei diritti civili di ogni essere umano, per il diritto alla vita e alla dignità.
Troppo piccola per capire, all'epoca, dieci anni dopo mi ritrovai a combattere a suo fianco la battaglia per l'abrogazione della legge 40 e poi, negli anni a venire, a sostenere le proposte di legge per l'introduzione del testamento biologico, per l'approvazione di una legge sull'eutanasia e contro l'accanimento terapeutico e, infine, la sua ultima cara battaglia, quella per il diritto alla conoscenza. Oltre mezzo secolo di lotte, per la legalizzazione dell'aborto, per i diritti degli omosessuali, per i detenuti. Una vita spesa al fianco degli ultimi, dei reietti, di quelle persone che la società fa finta di non vedere, relegandole all'oblio e sperando che, prima o poi, scompaiano, portandosi dietro i loro problemi, le loro richieste, le loro assurde pretese.
"Lotto per quel che devo e credo", con questa sua citazione si può riassumere la vita di Marco Pannella. Contestazione e provocazione hanno condito la sua intera esistenza politica. Cinquant'anni di battaglie condotte a testa alta, senza mai colpo ferire. "Sono un cornuto divorzista, un assassino abortista, un infame traditore della patria con gli obiettori, un drogato, un perverso pasoliniano, un mezzo-ebreo mezzo-fascista, un liberalborghese esibizionista, un nonviolento impotente", la descrizione che Marco Pannella diede di Marco Pannella. Poliedrico, eclettico, caleidoscopico. Marco è stato tutto e il contrario di tutto. Ma è sempre stato un uomo libero, libero fino alla fine.
Sedato, per non provare più dolore, l'alfiere dello stato laico, della libertà individuale e dei diritti civili ci ha definitivamente lasciato oggi pomeriggio. Mancherai molto a quest'Italia, caro Marco. Ti dobbiamo tanto, ti dobbiamo la libertà.