Ucraina, Ciani: “Armi prolungano guerre, non le fanno finire. Escalation con potenza nucleare è pericolosa”
Continuare a inviare armi in Ucraina non porterà alla soluzione del conflitto. Ad affermarlo è il deputato Paolo Ciani, all'indomani del voto alla Camera che proroga la possibilità di mandare armamenti a Kiev per tutto il 2023. Ciani, che siede tra i banchi del gruppo guidato dal Pd, ha votato contro il decreto, diversamente da quanto fatto dai dem. "Non ho votato in contrasto con il mio partito – spiega il deputato in un'intervista con Fanpage.it – Il mio partito è Demos (Democrazia Solidale, di cui Ciani è segretario) e la linea sulle armi è sempre stata chiara. Ho votato in contrasto con il gruppo parlamentare. Ci siamo presentati alle elezioni con una coalizione, di cui Demos fa parte, ma le nostre posizioni su guerra e armi sono sempre state le stesse".
Per Ciani continuare a sostenere l'Ucraina solo attraverso forniture militari non aprirà lo spazio per i negoziati di pace. E quindi per la fine del conflitto. "L'Italia e l'Occidente in questi mesi hanno sostanzialmente concentrato le loro attenzioni sull'invio di armi e su una collaborazione bellica, più che nei tentativi di arrivare a una mediazione e a un cessate il fuoco, e quindi in prospettiva alla pace", dice Ciani sottolineando che il Parlamento non si è occupato invece di prorogare il decreto per l'accoglienza dei profughi ucraini, in scadenza a marzo.
"L'escalation militare con una potenza nucleare è molto pericolosa"
"Ci si riempie la bocca del tema dell'aiuto agli ucraini e poi le misure di sostegno per i cittadini non vengono ancora prorogate. Per la mia cultura e le mie idee, ma anche per quello che l'esperienza di tante guerre ci ha dimostrato, una presenza maggiore di armi prolunga le guerre. Le armi non sono un aiuto a farle terminare prima. E un'escalation militare in cui un interlocutore è una potenza nucleare è molto pericolosa", aggiunge il deputato, sottolineando come sia preoccupante parlare di vittoria militare contro un contendente che dispone di un arsenale nucleare.
Un problema di metodo
"Inoltre è un provvedimento che prevede un anno di possibilità di invio di armi senza passaggi ulteriori in Parlamento", prosegue Ciani. C'è anche un problema di metodo, afferma, nelle modalità con cui il governo ha scelto di continuare a inviare armi a Kiev. "Il fatto che non si prevedano altri passaggi in Parlamento è qualcosa che lede la democrazia parlamentare. Se tra sei o otto mesi, ad esempio, cambiasse qualcosa a livello di scenari internazionali, il Parlamento potrebbe comunque essere scavalcato dalle decisioni e questo è sbagliato. I tempi cambiano: i primi provvedimenti sono stati la risposta a un'aggressione brutale e rispondevano anche a questa logica. Ora siamo in una nuova fase della guerra", spiega Ciani.
Che poi denuncia l'assenza di un monitoraggio sugli armamenti che vengono inviati: "Lo abbiamo già visto in altri scenari di guerra, questo è sbagliato. Esistono tante variabili, a volte poco chiare, e spesso è successo che armi occidentali finissero nella mani sbagliate. Lo abbiamo visto in Afghanistan, in Siria e non vorremmo che accadesse anche in Ucraina".
Come arrivare ai negoziati di pace
Su quanto sostenuto finora dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni, secondo cui per aprire i negoziati è necessaria una sostanziale parità delle forze in campo a livello militare, Ciani commenta: "Questo è abbastanza improponibile, è evidente che c'è una sproporzione di forze militari in campo. E su questo c'è anche un po' di ipocrisia da parte dell'Occidente. Quando dal primo giorno del conflitto Volodymyr Zelensky ha iniziato a chiedere la No Fly Zone, la Nato e l'Occidente non sono intervenuti, perché è evidente che non vogliono un'escalation. Allora non ha senso fornire armi per arrivare alla vittoria militare, è chiaro che è una contraddizione".
E ancora: "Bisogna trovare nuove strade per aprire i negoziati e anche piccole brecce per poter arrivare a trattare per un cessate il fuoco. I modi sprezzanti con cui sono stati trattati i tentativi in Bielorussia, in Turchia, così come le umiliazioni che ha subito Papa Francesco da parte della Russia quando ha parlato di trattative e di pace, non devono farci desistere. Anzi, devono farci impegnare maggiormente per trovare nuove strade. Non dobbiamo rassegnarci al fatto che l'unica risposta possa essere una risposta militare a bassa intensità che continui per un tempo indefinito".
Una guerra iniziata nel 2014
Alla domanda su cosa sia mancato finora da parte dell'Unione europea, perché venga aperto un serio tavolo di negoziati, Ciani risponde: "Sta mancando un'azione politico-diplomatica che trovi strade nuove oltre a quella delle sanzioni e della condanna oggettiva ed evidente all'aggressore. Manca un'azione che coinvolga altri attori e che spinga la Russia ad accettare una trattativa".
Per poi concludere ricordando che il conflitto tra Russia e Ucraina è in realtà iniziato nel 2014, con l'invasione della Crimea. "Tanti lo dimenticano, per tanti anni l'Occidente ha comunque continuato a parlare e a fare affari con Putin anche se aveva invaso militarmente la Crimea. Chi oggi dice che non si può parlare con un dittatore che ha invaso un Paese, si ricordi che tanti ci hanno parlato per anni dopo che già l'aveva fatto. Bisogna avere il coraggio di trovare nuove strade, quella dello scontro armato non è una soluzione".