Ciafani (Legambiente): “Per salvare il clima la priorità è cancellare i sussidi alle fonti fossili”
Gli scienziati dell'Ipcc ci raccontano due cose molto chiare. Prima di tutto l'emergenza climatica va veloce, più veloce dei modelli di previsione, ma siamo ancora in tempo per arginare gli effetti disastrosi in alcune parti del pianeta. Se facciamo in fretta l'obiettivo di rimanere sotto 1.5° dell'innalzamento della temperatura media è ancora raggiungibile, però serve agire ora con politiche globali. La prima cosa da fare, e lo spiegano con grande chiarezza, è spostare i sussidi dalle fonti fossili che alimentano la crisi climatica alle fonti pulite. Anche in Italia i sussidi per le fonti inquinanti sono di più rispetto ai sussidi per le rinnovabili.
In Italia si rischia di fare passi indietro sulla strada della riconversione ecologica? Siete preoccupati dalle prime prese di posizioni del governo Meloni in questo senso?
Come potremmo non essere preoccupati? Le prese di posizioni del governo Meloni sui dossier più importanti sui temi energetici e ambientali, sono tutte regressive. Se a livello nazionale si sono fatte delle azioni per provare a velocizzare l'iter di autorizzazione delle degli impianti e fonti rinnovabili, penso al raddoppio della commissione VIA – VAS presso il Ministero dell'Ambiente, dall'altra parte si presente il nostro paese non più come l'hub delle fonti rinnovabili, ma come l'hub energetico del gas.
Si riferisce al cosiddetto "Piano Mattei"?
Esattamente. L'idea che l'Italia deve diventare il paese di passaggio del gas, che noi importeremo dal continente africano o da altri continenti con le navi,. Tant'è vero che non si sta più solo perseguendo l'obiettivo di autorizzare e di far realizzare i due rigassificatori galleggianti a Piombino a Ravenna, ma si sta parlando con sempre più insistenza di un rigassificatore a porte Empedocle in Sicilia e di uno a Gioia Tauro in Calabria e di nuovi gasdotti. Abbiamo visto poi la premier andare in Algeria per firmare un memorandum d'intesa proprio su gas. L'idea che il gas sia una fonte fossile meno dannosa di altre, che sia una fonte di energia di transizione verso le rinnovabili era valide 30 o 20 anni fa, oggi vuol dire fermare il processo di transizione.
Abbiamo visto poi la strenua opposizione dei partito di governo allo stop entro il 2035 alle auto a motore endotermico e l'opposizione alla direttiva sulle case green…
Le destre dove governano a livello nazionale e dentro l'Europarlamento sembrano determinate a contrastare il Green Deal. In particolare la scelta di opporsi alla direttiva sull'efficientamento energetico delle abitazioni, nello stesso momento in cui si cancellava la cessione del credito e lo sconto in fattura per i bonus edilizi, tra cui il superbonus del 110%, mi sembra una scelta grave. Ora si tornerà ai vecchi tempi quando le ristrutturazioni delle case se le potevano permettere solo le persone che avevano i soldi da anticipare e che potevano scontare una parte dell'investimento con le dichiarazioni dei redditi degli anni degli anni successivi.
Legambiente nasce nel 1980, quando l'ambientalismo era soprattutto orientato alla salvaguardia della natura, alla tutela di animali e piante e alla lotta contro inquinamento e nocività. Oggi l'agenda è cambiata con l'emergenza climatica…
Nel 1990 Legambiente lancia la prima petizione per chiedere di ridurre l'uso dei combustili fossili, si chiamava "Fermiamo la febbre del pianete", alla conferenza di Rio de Janeiro mancavano due anni. Noi avevamo ben chiaro cosa stava succedendo perché con ricercatori e scienziati parlavamo. Ma certo uno spartiacque è stato senza dubbio la nascita di Fridays For Future, quando ai movimenti ambientalisti diciamo "tradizionali", si affiancato il movimento globale promosso da Greta Thunberg.
Cosa pensa delle azioni eclatanti degli attivisti climatici come quelle portate avanti da Ultima Generazione?
Capiamo molto bene il sentimento che muove tanti giovani, "l'eco ansia" e la paura per un futuro quanto mai incerto. Da qui l'urgenza di agire, di mandare un segnale, di pretendere che la politica prenda provvedimenti. Questi gesti eclatanti, noi probabilmente non li faremmo, ma è in dubbio che sono sta prese azioni repressive francamente eccessive e ridondanti. Quello che pensiamo di dover sottolineare è che il rischio è quello di concentrare l'attenzione sul gesto in sé piuttosto che sulle ragioni che portano a compierlo, rischiando di allontanare molti cittadini dai problemi. Il problema che condividiamo che appunto la lotta all'emergenza climatica quindi. Insomma credo che tutto il mondo ambientalista debba mobilitarsi e discutere di orientare le nostre energie, anche con azioni visibili e forti, per ottenere risultati al più presto ma che siano concreti.
Il movimento ambientalista in Italia si salda fin da subito, fin dagli anni Ottanta, con le grandi marce per la pace e nella battaglia contro il nucleare. La guerra che torna in Europa oggi ci allontana anche dalla riconversione ecologica?
La guerra in Ucraina causata dall'aggressione militare russa ha sicuramente spostato l'attenzione della politica a livello internazionale e dei cittadini, sui due problemi che erano stati fino a quel momento al centro: l'emergenza sanitaria causata dal Covid-19 e l'emergenza climatica. La questione ambientale ed energetica è intimamente connessa ai conflitti, non solo in Ucraina, basta pensare a come in Iraq vent'anni fa è scoppiata una guerra del petrolio le cui conseguenze paghiamo ancora oggi. Quello che dobbiamo capire che gli impianti di energie rinnovabili sono allo stesso tempo un tassello fondamentale per la transizione ecologica, e un'operazione di peacekeeping garantendo autonomia e approvvigionamento energetico a tutti i paesi.