Il quorum non c'è e su questo Renzi ha avuto ragione. Diamogli atto che "personalizzare" il quesito referendario gli ha permesso di raggiungere il risultato e certo il premier non mancherà di capitalizzare la giornata di oggi. "Avete voluto fare del referendum una battaglia contro il di me e avete perso": prima ancora che pronunci la frase se ne potrebbe già scrivere, talmente sarà scontata. E il risultato finale non è certo una vittoria sfiorata, il che rende tutto ancora più semplice.
Eppure questo referendum (osteggiato, nascosto e mortificato da alti esponenti istituzionali) alla fine ha portato alle urne un considerevole numero di persone e, soprattutto, ha accentuato una spaccatura nel Paese tra filorenziani e antirenziani. Renzi, insomma, esce ufficialmente dal campo politico del tentativo di mediazione e ufficializza (per l'ennesima volta) la strategia dello scontro e imbocca una strada da cui non è possibile tornare indietro.
Intorno a questo referendum comunque si è rinsaldata anche l'anima ecologista del Paese che ha provato a oliare di nuovo i meccanismi dell'eccezionale voto sull'acqua pubblica di qualche anno fa e, allo stesso tempo, ha riacceso la discussione sulla partecipazione politica dei cittadini alla vita pubblica. Che piaccia o no il dibattito sul dovere del voto e sulla legittimità o meno dell'astensione ha riportato il tema dell'attivismo politico al centro dell'agenda e già questo è di per sé un ottimo segnale per la democrazia.
Lo scontro poi, come sempre succede, ha anche calato le maschere di alcuni dirigenti che, ancora una volta, hanno messo a nudo la grettezza, la prepotenza e la stupidità di una classe politica che riesce ha mostrato il proprio lato peggiore. Il #ciaone del piddino Carbone è solo la punta dell'iceberg di un bullismo politico che ormai travalica il buongusto: non si è mai visto un dirigente del più importante partito d'Italia irridere gli elettori (e ce ne sono anche del PD) che oggi hanno deciso di fare sentire la propria voce andando alle urne. La vicenda avrà evidentemente anche una ricaduto nel fronte interno dei democratici.
Questo referendum andava fatto: lo hanno voluto le Regioni, i cittadini e provarci è stata la cosa giusta. Così come ora bisognerà essere cauti nella valutazione del risultato: il sentimento diffuso potrebbe avere fatto le "prove generali" per il referendum costituzionale di ottobre. "Se perdo il referendum sulle riforme mi dimetto e vado a casa" ha ripetuto Renzi rinnovando la sfida dopo l'estate. Se questo risultato sarà un'ulteriore fortificazione del premier e del suo governo oppure la rincorsa per un'azione più compatta (e numerosa) per ottobre ce lo dirà il tempo.