Se c’è qualcuno che può rispondere ai “gravi interrogativi” sollevati secondo il Capo dello Stato dallo stallo per l’elezione dei due membri della Consulta, quella persona ha un nome e cognome: Denis Verdini. L’intervento di Giorgio Napolitano fa scattare l’allarme rosso tra i due principali protagonisti del Patto del Nazareno, certo: Silvio Berlusconi da una parte, Matteo Renzi dall’altra. Ma in questi giorni di agguati, franchi tiratori, candidati saltati, candidati quasi saltati, fumate nerissime, i corridoi di Camera e Senato lasciano trapelare uno ad uno i tasselli di questo mosaico, intricatissimo eppure straordinariamente semplice.
Al centro del quale si staglia la figura di colui il quale ha chiuso l’accordo originario, quello che prevedeva l’elezione di Antonio Catricalà in quota Forza Italia e di Luciano Violante per il Partito Democratico. Ovviamente, si tratta di Verdini, il cui strapotere all’interno di Forza Italia, dopo aver stretto un patto d’acciaio con gli ex-nemici interni del cerchio magico Toti-Rossi-Pascale, è cresciuto a dismisura. Grazie anche al grande feeling che lo stesso Verdini ha (ricambiato) con il premier Matteo Renzi.
Verdini ha stretto l’accordo su Violante e Catricalà – E’ stato Verdini, stando a quanto trapela da ambienti azzurri molto molto informati sui fatti, a comunicare ai parlamentari che l’accordo era su Catricalà e Violante. Il primo vicino a Gianni Letta, il secondo scelto da Renzi. E nelle prime votazioni sembrava che Catricalà potesse farcela e Violante fosse invece più in difficoltà. Lo stesso Berlusconi veniva continuamente rassicurato dal suo eterno braccio destro: “Catricalà verrà eletto di sicuro”. Intanto però tra i senatori e i deputati di Forza Italia prendeva quota la candidatura di Donato Bruno. E la reazione di Verdini avrebbe peggiorato la situazione.
“Se non passano, non vi ricandido”: ma stavolta la minaccia non ha funzionato – “Ha iniziato a utilizzare i suoi soliti metodi – racconta un protagonista – minacciando mancate ricandidature, elezioni anticipate, allontanamenti e ritorsioni politiche se Catricalà e Violante non fossero stati votati. Ovviamente, parlava a nome di Berlusconi. Il problema è che di solito quando il presidente tiene davvero a qualcosa, non ha problemi a comunicarlo direttamente ai parlamentari. Ma da quando è stato stretto intorno a lui il cordone sanitario dal cerchio magico Verdini-Rossi-Pascale, Berlusconi con noi non parla più. Tra l’altro, il fatto stesso che Denis abbia concordato anche la candidatura di Violante col Pd in perfetta solitudine ha peggiorato la situazione. Più Verdini sbraitava, più Catricalà perdeva terreno. Finchè ha capito il gioco al massacro e saggiamente si è ritirato”. E Violante?
La sindrome da ultimo atto fa affondare Forza Italia – Stando alle indiscrezioni, la sua candidatura sarebbe stata letta dal grosso delle “truppe” forziste come l’ennesima toppa ai problemi giudiziari di Berlusconi e dello stesso Verdini. Aggiungiamo il malcontento dilagante intorno a Violante anche tra i democratici, un pizzico di voglia di tornare alle elezioni prima dell’abolizione del Senato e uno spruzzo di “sindrome da ultimo atto” che pervade Forza Italia, e la frittata è servita. E adesso?
E adesso la situazione è ingarbugliatissima: c’è chi pensa di dover ripartire da zero con due nuovi candidati nuovi di zecca e chi invece è convinto che occorra andare avanti con il ticket Bruno-Violante per non ammettere la resa e per non sancire ufficialmente il dato di fatto che Silvio e Matteo non controllano i loro parlamentari. Ma soprattutto per non confermare quello che un parlamentare forzista di grande esperienza dice sorridendo soddisfatto: “Da quel giorno della fiducia a Enrico Letta è chiaro che Verdini con i numeri non ci prende più. Anzi, i numeri ha iniziato a darli. Sarà che gli gira la testa da quando gioca troppo a pallina con Dudù…”.