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Autonomia differenziata delle Regioni

Chi vincerebbe il referendum sull’Autonomia differenziata se si votasse oggi

Sembra probabile che il prossimo anno si svolgerà il referendum per abrogare l’autonomia differenziata. Per il momento, i sondaggi politici danno ragione a chi l’ha proposto. Non solo perché una netta maggioranza degli intervistati è contraria, ma perché l’affluenza sembra poter superare ampiamente il quorum del 50% più uno, necessario per rendere valida la votazione.
A cura di Luca Pons
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Il 2025 potrebbe essere un anno di referendum. Alla Corte di Cassazione sono stati depositati i quattro quesiti della Cgil sul lavoro precario, il referendum sulla cittadinanza, e anche quello che è stato forse il più discusso in assoluto: il referendum contro l'autonomia differenziata. Ora, mentre i giudici fanno il loro lavoro e valutano se il quesito sia effettivamente ammissibile, è già iniziata di fatto la campagna per convincere gli italiani a votare. E, stando ai sondaggi politici,  sembra che gli elettori siano decisamente interessati alla questione.

Il referendum dovrà passare il vaglio della Cassazione e poi della Corte Costituzionale, quindi non è ancora garantito che si andrà effettivamente al voto. Nel caso, il referendum si terrà tra metà aprile e metà giugno: si parla di un'attesa di sei-otto mesi, da oggi. Tuttavia, resta il fatto che nella rilevazione di Noto Sondaggi per Repubblica i risultati sembrano incoraggianti per le opposizioni che hanno promosso il quesito.

Innanzitutto l'affluenza, che è lo scoglio più importante da superare. Perché un referendum abrogativo sia valido, deve andare a votare il 50% più uno degli elettori. Oggi, si recherebbe alle urne il 57% degli italiani. Un dato in crescita negli ultimi mesi, dato che a luglio era al 55%. E, naturalmente, un risultato che sarebbe più che sufficiente per validare il risultato.

Come ci si può aspettare, il tema dell'autonomia differenziata è particolarmente sentito nel Meridione. Infatti, il dato sull'affluenza raggiunge un picco del 70% nel Sud e nelle Isole. È alto anche al Centro (52%), mentre sarebbe leggermente sotto la soglia minima legale al Nord (46%).

Guardando alla divisione tra partiti, naturalmente gli elettori dell'opposizione sarebbero tra i più attivi: il 70% di chi vota Movimento 5 stelle, il 69% per il Pd. Ma anche Forza Italia – notoriamente scettica sul tema, per quanto abbia votato a favore – vede il suo elettorato attivarsi sulla questione: il 70% andrebbe a votare. La percentuale scende al 59% per la Lega, un dato comunque alto, e al 44% per Fratelli d'Italia.

Oggi, quindi, non ci sarebbero problemi a raggiungere il quorum. Ma quale sarebbe il risultato? Come spesso avviene in questi casi, è probabile che andrebbe a votare soprattutto chi ha intenzione di mettere una croce sul Sì, per cancellare la riforma dell'autonomia differenziata. La campagna del No, invece, potrebbe puntare soprattutto sull'astensione.

In ogni caso, la maggior parte degli intervistati si è detta contraria all'autonomia, al di là dell'intenzione o meno di andare a votare. Ben il 57% nelle Regioni del Centro e il 66% nel Sud e nelle Isole. Al Nord invece c'è la percentuale più alta di persone che vorrebbero mantenere l'autonomia differenziata: si arriva però solamente al 47%, quindi meno della metà.

Anche sulle intenzioni di voto, la divisione tra partiti non è così netta. Certo, sia Pd che M5s vedono oltre il 75% dei loro elettori pronti a votare Sì contro l'autonomia. Ma anche in Forza Italia i favorevoli alla cancellazione sono la maggioranza: il 56%. E per Fratelli d'Italia sono una minoranza sostanziosa: 22%. La differenza sembra farla, più che il partito per cui si vota, il luogo in cui si abita. I residenti del Sud, infatti, tendono a essere contro l'autonomia a prescindere dal partito che sostengono.

Leader dell'opposizione si incontrano per sostenere il referendum, Conte non partecipa

Oggi, intanto, si è svolta l'assemblea nazionale del comitato referendario contro l'Autonomia, dopo aver depositato le firme in Cassazione. A parlare, tra gli altri leader, anche la segretaria del Pd Elly Schlein: "Adesso la vera sfida è quella di portare il Paese a votare contro una riforma sbagliata che spacca il Paese in due. Per questo obiettivo si è riunita una forte coalizione di forze sociali e politiche, sindacali e associative che insieme porta avanti questa battaglia per l'unità nazionale. Ora dobbiamo far capire alle persone che quando si parla di Autonomia differenziata stiamo parlando del tentativo di minare l'accesso ai servizi fondamentali del cittadino, ossia creare cittadini serie A e serie B".

La deputata di Italia viva Maria Elena Boschi ha commentato: "Se siamo uniti possiamo raggiungere il quorum e se il referendum per bloccare l'Autonomia referenziata va bene mandiamo a casa il governo, se siamo divisi facciamo un regalo a Meloni e Salvini". Un riferimento alle polemiche che hanno minato il campo largo negli ultimi giorni. "Oggi  nessuna polemica, se altri la vogliono fare è un problema loro".

Giuseppe Conte era assente, anche se la senatrice M5s ha detto che l'unico motivo era "il breve preavviso, per questo non e' potuto essere qui oggi". Maiorino ha anche garantito che "le battaglie che abbiamo iniziato insieme sono battaglie in cui crediamo e continuano, da quella contro l'Autonomia che è irrinunciabile al salario minimo, al congedo paritario, alla riduzione dell'orario di lavoro". E Angelo Bonelli, portavoce di Europa Verde, ha detto che la campagna per il referendum "non è assolutamente a rischio" dopo le tensioni interne.

Anche Antonio Tajani, leader di Forza Italia, nonostante non si trovasse all'evento ha parlato nelle stesse ore dell'autonomia differenziata, tornando a sollevare i dubbi del suo partito sulla riforma: "L'autonomia deve servire, non deve essere un capriccio che rischia di fare un danno ai cittadini", ha affermato, dicendo che non andrebbe applicata al commercio internazionale: "Essendo il 40% del Pil del nostro Paese, con un giro d'affari di 626 miliardi, non può essere devoluto alle Regioni. Non possiamo permetterci che ci siano venti politiche commerciali".

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