Che palle, quelli che hanno paura di una donna che viaggia.
Che insopportabili, quelli che "se vuoi viaggiare ti prendi tutto il pacchetto". Gente che avrebbe difficoltà a farsi il biglietto del treno alla macchinetta della stazione degli autobus di san Teodoro, e si permette di spiegare come si viaggia a una donna di 30 anni, in viaggio da sette.
Facciamo un passo indietro: è stata arrestata in Iran Alessia Piperno, una ragazza italiana di 30 anni, viaggiatrice per professione. Le motivazioni dell'arresto non sono state rese note, si è ipotizzato siano collegate alla repressione della "polizia morale" del regime di Teheran, che ha già causato l'uccisione a bastonate di Mahsa Amini.
L'ultimo accesso a WhatsApp di Alessia Piperno è del 28 settembre alle ore 11:01. Poi, il silenzio.
Qualche giorno dopo il padre di Alessia ha lanciato un appello pubblico, e la notizia è rimbalzata su ogni organo di informazione. E' stato in quel momento che sono iniziati a comparire commenti che dire "fanno paura" non è corretto, la dizione giusta è "fanno orrore", perché sono la fotografia di un'Italia che somiglia spaventosamente alla mentalità del regime iraniano: "La vittima se l'è cercata". Perché in fondo, una donna sola che viaggia, rompe sempre troppi pregiudizi per poterle semplicemente augurare "buon viaggio".
Tesi colpevolizzanti che tirano in ballo i luoghi visitati, la Farnesina, i riscatti, e finiscono sempre con "non avrebbe dovuto viaggiare da sola".
Del resto ancora oggi raccontiamo ai nostri figli la favola di Cappuccetto Rosso come se l'errore fosse nell'iniziativa di lei, e non nell'abuso da parte del lupo.
Uomini che vogliono spiegare ad Alessia Piperno cos'è la libertà, e che per essere liberi bisogna fare esattamente come dicono loro. Ma signori miei non è così, che funziona il concetto di libertà.
Alessia Piperno è una viaggiatrice solitaria per mestiere e passione, e sappiamo che era lì da almeno due mesi, cioè molto prima che scoppiassero le rivolte, quando ancora l'Iran era un Paese anche turistico, anche secondo la Farnesina, se si seguono regole che Alessia Piperno ha dimostrato nei suoi scritti di aver seguito in ogni suo viaggio.
E invece, quel ditino accusatorio che oggi vorrebbe trasformarla in stupida, o addirittura in complice, è sempre proteso verso di lei, come se "chi è causa del suo mal…" non fosse un proverbio arcaico ma una tesi su cui basare ogni condanna al vivere altrui.
Il problema è che Alessia Piperno è una donna. Perciò non basta seguire le regole, quando ti accade qualcosa la responsabile sei tu. Si chiama victim blaming: è il fenomeno di colpevolizzazione della vittima.
Se un uomo viaggia solo è coraggioso, se lo fa una donna è sprovveduta.
Se capita a un uomo ha avuto sfortuna, se capita a una donna sarebbe dovuta stare più attenta.
Mi rivolgo a voi, giudici impenitenti, condannatori seriali: ma sperare semplicemente che Alessia Piperno torni sana e salva a casa è così difficile?
Eppure molti, come la polizia iraniana, hanno la soluzione: "Sarebbe dovuta restare a casa". Immagino intendano da sette anni, cioè da quando Alessia ha iniziato a viaggiare.
E poi quelli che tirano in ballo i genitori: "Io da genitore avrei fatto di tutto per trattenerla". E allora ve lo dico serenamente: sareste stati dei pessimi genitori. I genitori infatti non trattengono, ma aiutano a tagliare le catene affinché le figlie e i figli possano scegliere secondo desiderio. Soprattutto perché certe forme di viaggio sono un mestiere, soprattutto perché l'Iran non è conosciuta né per gli attacchi terroristici né per i rapimenti.
Anche Alberto Angelo fu sequestrato durante un suo viaggio in Niger. Può succedere nonostante le precauzioni e la scorta.
Quelli che mettono l'emoticon che ride a una notizia di dolore, quelli che complottano sul fatto che in realtà lei sia un'agente segreto, quelli che non tacciono mai neanche di fronte alle evidenze, o alla semplice necessità di attendere i fatti prima di emettere un giudizio, come se poi fosse sempre così necessario darne uno. Io tutti questi non li capirò mai.
Il mondo cambia in meglio grazie a chi viaggia, a chi scrive, a chi legge senza pregiudizi, a chi scatta una foto, a chi si taglia i capelli di fronte a un'ingiustizia; il mondo cambia grazie a chi non pensa di sapere sempre tutto, a chi si sofferma a guardare e si ferma a riflettere. Il mondo cambia in meglio grazie a scelte non univoche, informali, difformi rispetto al panorama.
"C'è un piccolo Iran dentro a parecchi di noi", mi ha detto un ragazzo. Ha ragione, e credo serva renderlo migliore, in ogni caso.
In bocca al lupo, cara Alessia. Staremo vicini alla tua famiglia, e in qualche modo anche a te.