Chi sarà escluso dalla sanatoria per il Superbonus 110% e rischia di dover restituire i crediti
La sanatoria per il Superbonus 110% permetterà a chi chiude i lavori in anticipo di non dover subire sanzioni né restituire i crediti già accumulati, ma questo sarà valido solo per chi ha usufruito dello sconto in fattura o della cessione del credito. Per gli altri, invece, non ci saranno agevolazioni: se si concludono gli interventi senza aver fatto un doppio salto di categoria energetica, i soldi già incassati andranno resi all'Agenzia delle Entrate.
La Camera ha approvato il decreto Superbonus, varato dal governo Meloni negli ultimi giorni dell'anno scorso, e come previsto non ci sono state modifiche rispetto al testo approvato dal Consiglio dei ministri. Ora la norma è passata al Senato, dove ci si aspetta che accadrà la stessa cosa. Così, si va verso l'addio definitivo all'ipotesi di una proroga per il Superbonus 110%, mentre entreranno in vigore altre misure. Tra queste, la ‘sanatoria‘ per chi decide di chiudere i lavori in anticipo è una di quelle più attese. Ma bisogna ricordare che non varrà per tutti.
Come funziona la sanatoria per il Superbonus 110% e a chi spetta
Il problema è che, con la fine del 110% alla fine dell'anno scorso, tutte le spese effettuate dal 1° gennaio 2024 in poi possono ottenere al massimo una detrazione del 70% (con poche eccezioni). Così, molti committenti si troveranno a dover pagare più di quanto avevano preventivato, e per questo potrebbero anche decidere di chiudere i lavori in anticipo, magari rendendoli meno ambiziosi del previsto. Tuttavia, c'è un problema: gli sconti fiscali del Superbonus 110% sono legati a una condizione, cioè li può ottenere chi con il cantiere fa un salto di due classi energetiche.
Dunque, chi interrompe i lavori nel 2024 per non dover pagare di più, ma non ha raggiunto il miglioramento di due classi energetiche, non solo non avrà diritti a sconti ulteriori, ma dovrebbe anche restituire i crediti già ottenuti negli scorsi anni. Oltre a chiudere il cantiere, quindi, dovrebbe sostanzialmente pagare gli arretrati. Per questo, il governo è intervenuto con una sanatoria.
All'articolo 1 del decreto Superbonus si legge che "le detrazioni spettanti" per i lavori effettuati "fino al 31 dicembre 2023, non sono oggetto di recupero di recupero in caso di mancata ultimazione dell’intervento stesso, ancorché tale circostanza comporti il mancato soddisfacimento del requisito del miglioramento di due classi energetiche". Insomma, chi non finisce i lavori e non riesce a migliorare dal punto di vista energetico non deve restituire i crediti fiscali accumulati, se rispetta tutte le altre condizioni previste.
Chi rischia di dover restituire i crediti già ottenuti
Il problema è emerso negli ultimi giorni, perché lo stesso articolo 1 del decreto specifica che la sanatoria si applica alle detrazioni "per le quali è stata esercitata l’opzione di cui all’articolo 121, comma 1, del medesimo decreto-legge n. 34 del 2020". Detto in parole povere, e come spiega anche la relazione tecnica del ddl di conversione, la sanatoria è valida solo se "è stata esercitata l’opzione per lo sconto in fattura/cessione del credito d’imposta".
Questo significa che chi non ha usato questi strumenti, ma ha usufruito del bonus al 110% e programmava di detrarre gli sconti accumulati dalle proprie imposte nei prossimi anni, continuerà ad avere l'obbligo di restituire i soldi ottenuti in caso di chiusura anticipata dei lavori. Per chi ha scelto questa strada, quindi, diventa molto meno conveniente l'idea di chiudere i lavori in anticipo e senza ottenere il salto di classi energetiche.