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Speciale Elezioni europee 2019

Chi vince le Elezioni Europee? Le previsioni e come valutare i risultati

Cosa significa vincere le Elezioni Europee? Quale risultato potrebbe essere ritenuto accettabile dalle singole forze politiche e come potrebbe cambiare il quadro politico complessivo dopo il voto del 26 maggio 2019? La guida definitiva per capire cosa ci aspetta dopo lo spoglio dei voti di lunedì prossimo.
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Le Elezioni Europee del 26 maggio sono considerate decisive, tanto per gli equilibri politici interni che per l’assetto del nuovo Parlamento Europeo. Non a caso, tutte le forze politiche hanno giocato su un doppio binario, legando l’elezione dei rappresentanti a Strasburgo e Bruxelles a probabili mutamenti di scenario tra Palazzo Chigi, Montecitorio e Palazzo Madama. In tale contesto, dunque, le europee diventano un turning point, un potenziale momento di svolta non solo per l’Unione nel suo complesso, ma anche per la politica interna e in particolare per gli equilibri in seno alla maggioranza che sostiene il governo guidato da Giuseppe Conte. Negli ultimi giorni di campagna elettorale, in effetti, i partiti e i candidati stanno evidenziando proprio questo aspetto, un concetto che è possibile riassumere con l'espressione: vincere per cambiare a un tempo l'Italia e l'Europa. Ma cosa significa in concreto “vincere” le elezioni Europee? Quali sono i risultati che i diversi partiti considererebbero utili alla loro causa e quale scenario ci aspetta nel caso in cui le previsioni della vigilia fossero confermate? Proviamo a capirlo, partito per partito.

La questione del risultato della Lega alle Elezioni Europee

Il ministro dell’Interno Matteo Salvini considera il voto del 26 maggio come un vero e proprio referendum sul suo operato al Viminale. Da tempo si discute sulla possibilità che la Lega stacchi la spina al governo Conte sulla scia di un risultato clamoroso dalle urne. Una suggestione caldeggiata anche da Forza Italia e Fratelli d’Italia che, seppure in modi molto diversi, spingono affinché Salvini chiuda la parentesi dell’alleanza di governo coi 5 Stelle. Il vicepresidente del Consiglio, però, resta prudente, anche sulla scorta di alcune considerazioni piuttosto rilevanti.

Salvini prima di tutto ha la necessità di capire qual è la consistenza del consenso nei suoi confronti e quanto è riuscito a guadagnare con la scelta di sostenere il Governo Conte. Il termine di paragone potrebbe essere il risultato delle elezioni politiche del 4 marzo 2018, quando la Lega conquistò poco più del 17% dei consensi, ma andrebbe anche ricordato che alle scorse Europee il Carroccio si era fermato al 6,2%. Mesi di sondaggi favorevoli e di propaganda senza sosta, però, hanno alzato di molto l'asticella, spingendo gli analisti a ipotizzare che un risultato inferiore al 30% possa essere considerato come "non pienamente soddisfacente" dallo stesso Salvini. La questione è piuttosto complessa e bisogna diffidare da chi vede un automatismo fra risultato "positivo" alle Europee e ripercussioni sul governo: paradossalmente, in questa fase proprio un risultato "non soddisfacente" potrebbe convincere Salvini della necessità di un cambio di marcia, che, a parere di chi scrive, dovrebbe concretizzarsi più nella richiesta di un rimpasto di governo (con l'avvicendamento in ministeri giudicati chiave nel progetto leghista, come Trasporti e Sanità e con la sostituzione di Tria all'Economia), che nella sfiducia a Giuseppe Conte. Ciò sia perché non c'è la garanzia che in caso di caduta del governo Conte l'unica opzione siano le elezioni (per i tempi tecnici e per la possibilità di soluzioni alternative di natura parlamentare), sia per lo spauracchio dell'aumento dell'IVA nel 2020, la vera grande incognita di cui nessuna forza politica vuole avere la paternità.

Singolare è invece il poco spazio che sta trovando il ragionamento sulla collocazione a livello europeo dei candidati della Lega e su quanto possa pesare negli equilibri politici europei un eventuale boom leghista in termini di rappresentanza. Perché, malgrado in casa leghista le elezioni siano dipinte come un derby fra sovranisti e "partiti tradizionali", le variabili in gioco sono tante e i nodi da sciogliere finanche troppi (cosa farà il PPE? Che risultato globale otterranno gli euroscettici? Quanto forte è il legame fra i gruppi sovranisti?).

Il risultato del Movimento 5 Stelle e le incognite sul Governo

Le elezioni Europee rappresentano uno spartiacque anche per il Movimento 5 Stelle e per il suo leader Luigi Di Maio. Dopo i risultati negativi delle Regionali, si tratta del primo vero test per valutare in che modo le scelte operate dai dirigenti (si veda l’alleanza con la Lega) e dei ministri grillini (leggasi provvedimenti di governo) siano state recepite dagli elettori e dai militanti storici del Movimento 5 Stelle. Anche qui, però, nel fissare l’asticella di un risultato positivo o negativo occorre tenere conto di una serie di fattori.

Il punto di riferimento non possono essere le elezioni politiche, quando i 5 Stelle raccolsero oltre il 33% dei consensi. Le Europee, infatti, presentano delle specificità che tendenzialmente non favoriscono una forza come il Movimento 5 Stelle (preferenze, assenza di leader riconoscibili, meccanismo interno di selezione che porta a candidati deboli, assenza o quasi di collegamento con gruppi europei). Inoltre, la previsione di un calo dell’affluenza al Sud e nelle Isole potrebbe abbassare ulteriormente il dato nazionale dei 5 Stelle.

Allo stesso tempo, appare errato utilizzare il metro di paragone delle scorse Elezioni Europee, quando i 5 Stelle raccolsero il 21,1%. Quel dato, oltre ad appartenere a un’altra era politica, fu determinato dal boom di Matteo Renzi e dagli errori comunicativi e strategici di Beppe Grillo (che impostò una campagna elettorale aggressiva e confusa), elementi quasi completamente assenti in questo appuntamento elettorale. Realisticamente, l’entourage di Di Maio ritiene che un dato intorno al 25 / 27 per cento possa essere considerato ottimo, mentre i problemi comincerebbero se i 5 Stelle si ritrovassero a ballare intorno al 20 / 22. In tale caso, a far traballare il governo sarebbero proprio le tensioni interne ai grillini, con la fronda che si oppone e si è opposta da sempre all’abbraccio con la Lega di Salvini che potrebbe riacquistare vigore e peso politico.

L’esito del Partito Democratico alle Elezioni Europee

Il Partito Democratico è un cantiere aperto, come testimonia anche la scelta di Nicola Zingaretti di dare una grande centralità al movimento Siamo Europei di Carlo Calenda, inserito addirittura nel simbolo elettorale per le Europee. Dopo aver segnalato una inversione di tendenza, i sondaggi hanno rilevato lo stop alla crescita del PD proprio in concomitanza con l’avvio della campagna elettorale. A pesare in maniera decisiva rischiano di essere la sovraesposizione delle figure di Salvini e Di Maio e le contraddizioni interne al partito su alcuni temi cardine dell’agenda politica (TAV, immigrazione, salario minimo, corruzione e legalizzazione cannabis su tutte). Con i due vicepresidenti del Consiglio che occupano l’intero dibattito pubblico, scambiandosi il ruolo di maggioranza e opposizione, lo spazio di manovra dei candidati del Partito Democratico sembra limitato e, nonostante le tante contestazioni nel Paese nei confronti di alcune scelte dell’esecutivo, appare difficile pronosticare clamorose sorprese dalle urne.

Il sogno è quello di operare un sorpasso ai danni del Movimento 5 Stelle, risultato che permetterebbe anche di migliorare il tremendo risultato delle politiche del marzo 2018. Realisticamente, un discreto risultato potrebbe essere quello di superare la soglia del 20%: anche se sullo sfondo peserà inevitabilmente il confronto con il 40,8% dei voti ottenuti all’alba della breve era renziana. Molto interessante, soprattutto in chiave futura, sarà pesare i risultati personali in termini di preferenze di Carlo Calenda e Giuliano Pisapia, ma anche valutare come si inserirà la rappresentanza eletta in Europa nel dibattito interno al Partito Socialista Europeo, la vera questione di cui così poco si è parlato in questa campagna elettorale.

Le previsioni sul voto europeo per Forza Italia

Il partito di Silvio Berlusconi attraversa da anni una crisi complessa, con margini di manovra che si vanno restringendo sempre di più. Accettata la subalternità alla leadership a destra da parte di Matteo Salvini, Silvio Berlusconi è sceso nuovamente in campo in prima persona per la campagna elettorale delle Europee, pur in una condizione di oggettiva difficoltà determinata dall’alleanza di governo tra “l’alleato di ieri e di domani” e “i nemici di ieri, oggi e domani”. Negli ultimi giorni, peraltro, Berlusconi è stato scaricato anche da Giorgia Meloni, che ha chiesto a Salvini di mollare Conte e i 5 Stelle per andare verso un governo di destra senza Forza Italia.

I candidati di Forza Italia, stavolta, sono chiamati ad aggiungere consenso piuttosto che a sfruttare l'onda lunga del berlusconismo, come accaduto in passato. Nell’entourage del Cavaliere si parla di “buon risultato” con il superamento della soglia del 10%. Alle scorse Europee FI si fermò al 16,8%. Sorprese clamorose ci sentiamo di escluderle, nonostante la scelta di tenere dentro anche l'UDC (che assieme al Nuovo Centro Destra di Alfano prese oltre il 4% alle Europee del 2014).

Le aspettative di Fratelli d’Italia e la soglia di sbarramento

Giorgia Meloni è riuscita in una operazione molto difficile: consolidare il consenso verso Fratelli d’Italia resistendo all’OPA di Salvini nel campo della destra e dell’estrema destra italiana. Pur avendo margini di crescita minimi, FdI si è ritagliata uno spazio importante (e i candidati di Fratelli d'Italia testimoniano la diffusione capillare sul territorio del partito), tanto da poter guardare alle prossime Europee come un’occasione per confermare o anche migliorare il dato delle politiche. Nella precedente tornata del 2014, FdI prese il 3,7% senza ottenere alcun seggio al Parlamento UE: l’obiettivo principale è dunque quello di superare la soglia del 4% e avere rappresentanza a Bruxelles / Strasburgo. Il sogno? Quello di andare oltre il 5,5 / 6 percento e dare a Matteo Salvini un’ulteriore ragione per…

Le previsioni sui risultati di La Sinistra e Europa Verde

La conferma da parte della Corte Costituzionale della liceità della soglia di sbarramento al 4% su base nazionale per l’elezione de membri del Parlamento Europeo sembrava aver aperto la strada alla presentazione di una lista unica a sinistra. Dopo settimane di discussioni, avvicinamenti e rotture, però, l’obiettivo è sfumato e il 26 maggio le forze di sinistra si presenteranno divise. La Sinistra è la forza che aspira a ottenere il risultato migliore alle urne, forte del sostegno di Sinistra Italiana e Rifondazione Comunista, gruppi che fanno riferimento al GUE / NGL European Left a livello sovranazionale. Nel 2014 l’allora Lista Tsipras ottenne il 4% e riuscì a eleggere 3 rappresentanti, risultato migliore di quello ottenuto alle Politiche dal cartello Liberi e Uguali. Le cose sono molto cambiate rispetto all’anno scorso, tra defezioni, spaccature e ulteriori scissioni (SI non potrà contare sui voti di Mdp, Rifondazione ha chiuso con Potere al Popolo, de Magistris si è sfilato da tempo), ma l’obiettivo resta sempre la soglia del 4%.

Complicata anche la scalata di Europa Verde, che pure si presentava alle Europee con l’appoggio di Possibile e il traino delle proteste ambientaliste di questi ultimi mesi. A pochi giorni dal voto, però, la scoperta del background di destra di alcuni candidati di Europa Verde ha portato Civati e il gruppo di Possibile a prendere le distanze dalla lista e a sospendere ogni attività elettorale (non potendo tecnicamente ritirare la candidatura).

Il Partito Comunista di Marco Rizzo, invece, corre da solo.

+ Europa e Italia in Comune: quale risultato?

La lista +Europa – Italia in Comune – PDE Italia è la versione riveduta e corretta del cartello +Europa presentatosi alle ultime politiche a supporto della coalizione di centrosinistra. Le Europee rappresentano un test per la creatura “Italia in Comune”, cui fanno riferimento alcuni sindaci guidati dall’ex 5 Stelle Federico Pizzarotti, nonché per capire quanto valga in termini di consenso l’identificazione fra il partito di Emma Bonino e la battaglia europeista. Raggiungere il 4% e ottenere rappresentanza in Parlamento non sarà affatto semplice, anche perché lo schiacciamento del dibattito su temi di politica interna non ha aiutato una forza che punta su temi di respiro più ampio.

Il Popolo della Famiglia di Mario Adinolfi, il Partito Pirata, le formazioni di estrema destra

Il Popolo della Famiglia, alla sua prima assoluta alle Europee, è riuscito a presentarsi in tutte le circoscrizioni e punta ad aumentare il numero di consensi raccolto alle ultime Elezioni politiche: circa 220mila per lo 0,7% complessivo.

Stesso discorso per il Partito Pirata, che sarà presente nelle 5 circoscrizioni e punta a consolidare la propria presenza sulla scena politica italiana.

Forza Nuova e Casapound – Destre Unite proveranno a dare rappresentanza all’estrema destra italiana, provando a non essere cannibalizzate dalla Lega di Salvini.

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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