Chi potrebbe perdere il reddito di cittadinanza con la riforma Draghi
Nella manovra approvata pochi giorni fa dal governo Draghi ci sono diverse novità. Una delle misure che resiste ma subisce un importante restyling è il reddito di cittadinanza, provvedimento bandiera del Movimento 5 Stelle e ritenuto fondamentale anche dal resto del centrosinistra, Partito Democratico in testa, soprattutto per l'impatto che ha avuto la pandemia di Covid sulle fasce più povere della popolazione. Draghi lo aveva detto chiaramente: il reddito di cittadinanza è una misura importante che merita di essere preservata, ma presenta delle problematiche evidenti soprattutto nella parte che riguarda l'accompagnamento all'impiego. Da qui tutta una serie di migliorie che serviranno, dal prossimo anno, a rendere più corretto il meccanismo di assegnazione del sostegno al reddito.
Come cambia il reddito di cittadinanza con la manovra
Il reddito di cittadinanza cambia con la manovra del governo, ma l'impianto di base resta lo stesso. L'Inps dovrà verificare preventivamente i dati anagrafici e di residenza, insieme a quelli del casellario giudiziario, mentre fino ad ora il controllo avveniva a posteriori. Viene anche allargato l'elenco dei reati che rendono incompatibile chi fa la richiesta con l'ottenimento del reddito. Inoltre, sempre in modo preliminare, bisogna compilare la Dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro – ovviamente chi è considerato occupabile – mentre ad oggi deve essere consegnata entro trenta giorni dall'accettazione della domanda o dalla prima convocazione da parte dei centri per l'impiego. La Did, invece, diventa una discriminante per far sì che la domanda sia approvata. Un'altra novità riguarda i Comuni, che devono organizzare obbligatoriamente i progetti utili alla collettività per i soggetti che percepiscono il sostegno e sono occupabili. La misura già faceva parte del provvedimento, ma ora diventa obbligatoria per tutti i comuni per almeno il 30% degli occupabili residenti.
Le nuove regole per chiedere il reddito di cittadinanza
Le novità più importanti riguardano la connessione del sostegno alle politiche attive del lavoro, la parte che – a detta un po' di tutti – non ha funzionato particolarmente bene in questi anni. Infatti c'è una revisione della nozione di offerta congrua di lavoro: la prima offerta prima doveva essere entro il 100 chilometri, ora passerà a 80, mentre la seconda – che era entro i 250 chilometri – sarà considerata valida su tutto il territorio nazionale. Viene ritenuta congrua anche l'offerta part-time, basta che non sia inferiore al 60% dell'orario dell'ultimo contratto del percettore. C'è anche una revisione delle sanzioni: se non ci si presenta – salvo valide giustificazioni – all'appuntamento al centro per l'impiego scatta lo stop al sostegno. Abbassato anche il limite di offerte di lavoro che si possono rifiutare: passano da tre a due, dopodiché si perde il reddito. Dopo il primo rifiuto, inoltre, scatta un taglio di 5 euro al mese all'assegno fino a che non si trova un impiego. Il sostegno, in ogni caso, non può scendere sotto la soglia dei 300 euro.