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Chi nega il razzismo è il miglior alleato dei razzisti

Si parla di odio e di razzismo in rete ma se volete toccare con mano l’odio e il razzismo vi basta fare un giro in uno stadio italiano. L’ultimo caso è quello dei tifosi del Verona contro Balotelli ma le notizie dagli stadi sono ormai all’ordine del giorno. Eppure, se ci pensate, lì sono tutti facilmente identificabili, con nome e cognome.
A cura di Giulio Cavalli
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Avete voglia di trovare fogne che marciscono di odio e di razzismo? Davvero? Avete voglia una volta, una volta soltanto, di abbandonare le frasi fatte contro i social, la rete e internet (che vengono comode per fingere di dimenticare ciò che accade qui fuori) e capire una volta per tutte come il problema non sia l'anonimato ma il fatto che gli spargitori di bile si sentano impuniti ovunque, mica solo su Facebook? Bene, allora fatevi un giro negli stadi italiani (Verona contro Balotelli è solo l'ultimo caso) e vi rendete conto che anche lì ci sono tutti gli elementi tipici della circuitazione dell'odio (che sia razziale o di qualsiasi altra natura).

C'è la vigliaccheria, innanzitutto. Perché non tutti i vigliacchi sono fascisti e razzisti ma tutti i razzisti e fascisti sono vigliacchi. Insultano la Segre tutti belli tronfi sui loro profili social ma dicono di non essere neonazisti. Insultano un calciatore nero ma dicono di non essere razzisti. Sfilano con le facce di Mussolini e con il braccio teso e poi negano di essere fascisti. Allo stadio, allo stesso modo, si fanno forti mentre sono nascosti nella mandria del tifo ma poi addirittura fanno gli offesi quando qualcuno li racconta per quello che sono. Gli stadi sono ottimi catini, come i social e come i discorsi da bar, come quei luoghi in cui ci si sente liberi di esprimere la parte peggiore di se stessi: il problema è che lo spazio in cui dare il peggio ormai è diventato ampio, troppo ampio, e sconfina anche lì dove finisce per inquinare il vivere civile. Perché se li prendi uno a uno, questi urlatori da stadio, anche loro alla fine balbettano. Vigliacchi, insomma.

Ci sono i negazionisti. Come sui social che tutti additano, esattamente così: sulla vicenda di ieri di Balotelli a Verona tutti i negazionismi hanno dato il meglio di sé. Non sono negazionismi che fanno sorridere per le loro teorie strampalate piantate su YouTube, no, questi negazionisti sono in giacca e cravatta, ricoprono ruoli dirigenziali (presidenti di club, ad esempio) e continuano ad applicare il benaltrismo: vorrebbero dirci che gli insulti razzisti sono solo dei buuu contro l'avversario di turno e il fatto che gli improperi siano indirizzati al suo colore della pelle non è vero, dicono che è solo "ironia", "innocenti sfottò", "robe da curva" e in realtà non si rendono conto che negazionisti travestiti da minimizzatori sono i migliori alleati dei razzisti.

E infine, se ci pensate, ci sono anche i mancati provvedimenti: negli stadi italiani ormai l'ostentazione dell'odio razzista è diventato all'ordine del giorno eppure poco si muove al di là delle belle parole. Si commina qualche multa (come un prurito) alle società e si inventa qualche nuovo slogan eppure i colpevoli sembrano non pagare mai. Eppure negli stadi si entra con nome e cognome, si è identificabili per tutta la durata della partita da telecamere sempre puntate e esistono già leggi chiare che sembra faticoso riuscire ad applicarle.

Ora capite perché fingere che l'odio sia una dinamica "solo" della rete è qualcosa che non ha senso? In rete ci sono le stesse persone che ci sono negli stadi, nei bar, nell'urna elettorale, negli uffici e nelle piazze. Per questo sarebbe ora di affrontare sul serio il problema. Sul serio.

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Autore, attore, scrittore, politicamente attivo. Racconto storie, sul palcoscenico, su carte e su schermo e cerco di tenere allenato il muscolo della curiosità. Collaboro dal 2013 con Fanpage.it, curando le rubriche "Le uova nel paniere" e "L'eroe del giorno" e realizzando il format video "RadioMafiopoli". Quando alcuni mafiosi mi hanno dato dello “scassaminchia” ho deciso di aggiungerlo alle referenze.
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