Come si dice in questi casi, partiamo dai dati. Non quelli ufficiali, perché ad oltre 16 ore dalla chiusura dei seggi ancora non si hanno a disposizione dati certi nemmeno sull'affluenza alle urne. Stando dunque a quanto "ufficiosamente" comunicato sul sito ufficiale delle primarie del centrosinistra, i votanti sarebbero 3.107.568; il candidato più votato è Pierluigi Bersani, che raccoglie 1.393.990 voti pari al 44,9%; alle sue spalle Matteo Renzi con 1.103.790 voti che corrispondono al 35,5%, seguito da Nichi Vendola con 485.158 consensi (15,6%), infine Laura Puppato che ottiene 80.600 voti (2,6%) e Bruno Tabacci che si ferma a quota 44.030 preferenze (1,4%).
Chi ha vinto? Risposta numero 1: La democrazia e la politica – Titoli a caso dai giornali di oggi: Una risposta all'antipolitica; La migliore risposta all'antipolitica; Quando vince la democrazia; Una lezione al centrodestra; Il popolo ritrovato; Per ora hanno vinto i 4 milioni in fila. Al di là della sagra dell'ovvio, un dato è però indiscutibile: la mobilitazione del popolo del centrosinistra, l'adesione (paziente ed entusiasta) al progetto "primarie", la volontà di intervenire direttamente nei meccanismi di partecipazione democratica. Ecco, tra alchimie e progetti più o meno ambiziosi, appare chiaro che nell'immaginare la struttura, il ruolo e la fisionomia del "partito della Terza Repubblica" non si possa fare a meno di includere lo strumento delle primarie come metodo di selezione della classe dirigente, come corsia essenziale del rapporto fra partito e militanti. Magari aprendo in maniera decisa al voto elettronico, a meccanismi di partecipazione "telematica". Fin qui, nessun dubbio. È chiaro però che un'analisi completa non può non tener conto di alcuni dati. Tre milioni di elettori sono un buon risultato, non un trionfo.
E la partecipazione non può essere la coperta di Linus sotto cui nascondere errori, ritardi e promesse disattese. Questo è una specie di ultimo appello, l'ennesima concessione di credito dei militanti ad una politica cui si chiede unità, responsabilità e compattezza. E non è una risposta all'antipolitica, semplicemente perché questa gente non ha mai pensato "al disimpegno come un'opzione possibile". Almeno fino ad ora. E la testimonianza è data anche dai 100mila volontari che hanno lavorato per ore (ed in maniera del tutto gratuita) affinché 3 milioni di italiani potessero esprimere la loro opinione: sono loro la vera forza del centrosinistra. Non è nemmeno una risposta a Grillo, semplicemente ridicolo (detto con tutto il rispetto) quando ricorda che in Italia non esiste il premierato (e dimentica il Porcellum e l'obbligo di indicare capo della coalizione, legge 270 del dicembre 2005) ma soprattutto offensivo nei confronti di oltre 3 milioni di italiani (quando imparerà non dico a considerare, ma almeno a rispettare chi la pensa diversamente?).
Chi ha vinto? Risposta numero 2: Il PD – Sommando i consensi ottenuti da Renzi e Bersani si arriva a circa 2,5 milioni, oltre l'80% dei voti validi. Un risultato che relega Nichi Vendola al ruolo di comprimario, probabilmente ben oltre le attese. È chiaro che il leader di Sinistra Ecologia e Libertà gareggiava con l'handicap di una campagna partita in ritardo e con la coscienza di non potersi giocare fino in fondo la partita. Così come va detto che la polarizzazione dello scontro non lo ha favorito, va però sottolineato il fatto che il Governatore della Puglia in pratica non è riuscito a convincere il "suo popolo" ad andare alle urne: insomma, se Renzi e Bersani hanno (ri)portato ai seggi elettori sfiduciati e militanti storici, Vendola non è riuscito nella stessa operazione "a sinistra". Insomma, considerazione condivisa è che il PD esca rafforzato dal primo turno. Non fosse altro per il coraggio di Bersani nell'accettare la sfida delle primarie e per la fiducia che Renzi ha sempre mostrato nello strumento (al di là della polemica sulle regole). Ad onor del vero, bisogna però anche considerare l'altro lato della medaglia. Perché oltre un milione di italiani ha scelto Renzi: un consenso che non si riflette negli "equilibri" interni al partito, come ben evidenziato dalla discussione nel nostro hangout sulle primarie del centrosinistra. E comunque vada a finire, lunedì prossimo il PD sarà "un'altra cosa". E Bersani lo sa.
Chi ha vinto? Risposta numero 3: Bersani, forse – Bersani ha raccolto la maggioranza relativa dei voti. Ha voluto le primarie ed il doppio turno. Ha contribuito a scrivere le regole ed ha tenuto insieme il partito in una situazione delicatissima. Ha vinto il primo round, ma la sensazione è che la vera partita sia appena cominciata. Questo perché anche disaggregando il dato per singole regioni si nota come i giochi siano ancora aperti. Renzi sa che deve recuperare consensi fra gli elettori del Sud Italia, il problema è che non ha idea di come fare, almeno se le procedure per i "nuovi votanti" restassero così come sono (cosa molto probabile, del resto). Ma allo stesso tempo, Bersani non può dare per scontato il sostegno dei vendoliani che, dopo la delusione del primo turno, potrebbero scegliere di astenersi. Ma soprattutto, come dicevamo in precedenza, Bersani deve necessariamente fare i conti con un avversario – compagno che ha catalizzato oltre un milione di consensi e al quale non potrà dire: "Torna a fare il Sindaco e ci rivediamo fra qualche anno". Renzi è un "fattore", la sua proposta politica e la sua forza comunicativa devono necessariamente trovare spazio all'interno del Partito, qualunque sia il risultato di lunedì. E se a Bersani importa relativamente poco, lo stesso non si può dire per i tanti dirigenti che lo hanno sostenuto (ed il cui nervosismo ieri sera era palpabile…).
Una postilla sull'organizzazione – Il lavoro dei volontari è stato straordinario. Meno, molto meno la gestione della macchina organizzativa. Il giorno dopo non si conoscono i dati precisi e le polemiche sulle "interpretazioni" dei dati sono una delle cose più assurde che abbiamo visto negli ultimi anni. Insomma, ai piani alti del Nazareno qualche domanda dovrebbero cominciare a farsela…