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Elezioni europee 2024

Chi ha vinto e chi ha perso le Elezioni Europee e come cambia il nuovo Parlamento

Cosa cambia per l’Unione Europea dopo le Elezioni e, soprattutto, come cambiano gli equilibri all’interno del Parlamento UE. E se davvero il vento da destra cambierà tutto in Europa (spoiler: no, non proprio).
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In Francia, il Rassemblement National di Marine Le Pen sfonda il muro del 30% e doppia il partito del presidente in carica Emmanuel Macron, che prende atto della sconfitta, scioglie il Parlamento e indice le elezioni anticipate. In Germania, la formazione dell’ultradestra AFD raggiunge un risultato clamoroso a livello nazionale e ottiene consensi di portata storica nell’est del Paese. In Italia, Fratelli d’Italia è egemone nel centrodestra e Giorgia Meloni conferma di avere un consenso personale altissimo, per nulla logorato da quasi due anni di governo del Paese. La vittoria delle formazioni di destra nei tre maggiori Paesi dell’Unione Europea, insomma, è stata netta e indiscutibile, oltre le previsioni della vigilia. Le conseguenze della notte europea, però, sono tutt’altro che semplici da indicare.

Perché oltre l’impatto emotivo e la sensazione che il vento da destra soffi sempre più forte, vanno considerati anche i numeri complessivi. E, anche a causa di alcuni risultati piuttosto sorprendenti, il cambiamento e lo spostamento a destra degli equilibri europei sono meno eclatanti di quanto si possa pensare. Considerando sempre un minimo margine di assestamento dei dati, la nuova consiliatura europea aprirà con questa conformazione (FONTE POLITICO):

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Come si legge questo grafico? Il nuovo Parlamento sarà composto da 720 membri, 76 dei quali eletti in Italia. Il gruppo più numeroso continuerà a essere quello del Partito Popolare (191 seggi), che esprime anche la presidente uscente della Commissione Europea Ursula von der Leyen. I Popolari complessivamente guadagnano 15 seggi e rappresentano oltre il 25% dell’emiciclo, continuando a essere imprescindibili per la formazione della maggioranza politica, che appunto elegge la presidenza della Commissione. In leggera flessione i Socialisti e Democratici, che perdono una manciata di europarlamentari ma tengono botta, contrariamente ad alcune ipotesi circolate negli ultimi mesi.

Appare praticamente scontato che la prossima maggioranza verterà ancora una volta sull’asse PPE-S&D, dunque. Tant’è vero che il leader dei Popolari, Manfred Weber si è già espresso pubblicamente in favore di un accordo, parlando di una piattaforma “pro-Europa”, ampliata a Renew. Già, i liberali sono i grandi sconfitti di questa tornata elettorale: un risultato determinato dalla debacle francese, ma anche dalle difficoltà complessive del progetto politico. Tuttavia, con i loro 83 eletti potrebbero garantire il raggiungimento di una maggioranza piuttosto solida all’asse S&D-PPE. Questo vuol dire principalmente una cosa: in materia fiscale, sulle alleanze strategiche e sulle grandi questioni del nostro tempo, le politiche UE molto difficilmente cambieranno in maniera radicale.

Vanno poi considerati gli eletti tra i Verdi, una cinquantina, con cui una maggioranza di questo tipo potrebbe trovare punti di convergenza su determinate tematiche (ma ci torneremo). Più complesso il dialogo con gli eletti del gruppo LEFT, su posizioni più radicali e con un'agenda politica molto diversa.

E questo successo della destra, dunque?

Malgrado in molti avessero avvertito sull'improbabilità di uno scenario di cambiamento radicale degli equilibri europei, nel corso degli ultimi mesi tante erano state le speculazioni sulla possibilità che si formasse una maggioranza diversa, avente come baricentro il PPE e come braccetto di destra ECR. La formazione guidata da Giorgia Meloni non ha però sfondato e ha eletto poco più di una settantina di rappresentanti. Alla sua destra, inoltre, è cresciuta la pattuglia di ID, il gruppo Identità e Democrazia di cui fanno parte il Rassemblement National di Le Pen e la Lega di Salvini (e da cui è stata recentemente esclusa la rappresentanza di AfD), che ora conta poco meno di 60 europarlamentari.

La vera novità di queste elezioni è però la crescita enorme del gruppo dei non iscritti: formazioni politiche che non trovano collocazione in alcun gruppo esistente e che hanno orientamenti diversi. Spiccano sovranisti, populisti ed estremisti di destra, certo, ma non mancano formazioni di area moderata o "non allineate" (come ad esempio il Movimento 5 stelle o altre che hanno votato von der Leyen). Ci sono delle interlocuzioni con tali partiti, è noto, dunque non sappiamo come evolverà la situazione nelle prossime settimane e quali gruppi cresceranno di numero (gli orbaniani potrebbero aumentare le fila di ECR, AfD potrebbe tornare in ID).

Appare altamente improbabile, in ogni caso, che ECR possa essere coinvolta nella scelta del* nuov* presidente della Commissione Europea, principale carica politica eletta dal Parlamento Europeo. Se i popolari non sono contrari in linea di principio, l'ostacolo principale è infatti rappresentato dalla volontà di socialisti e liberali di estromettere i conservatori da quella che dovrebbe essere una "legislatura costituente", almeno nelle intenzioni.

La situazione, però, è tutt'altro che definita. Molto dipenderà dalle interlocuzioni delle prossime settimane (o mesi) e da quali saranno nomi e programmi su cui i tre partiti "centrali" della maggioranza cercheranno un accordo. Lo scetticismo sul nome di von der Leyen e le critiche sulla sua attività restano forti, tanto che alcuni analisti sono convinti che non ci sia un "margine di sicurezza" per la sua rielezione. Dopo la retromarcia su alcuni punti programmatici giudicati fondamentali per le forze di centrosinistra (le politiche green e il pacchetto migranti, tra le altre), appare peraltro difficile che i Verdi e "l'intero gruppo" socialista siano pronti a sostenerla. Insomma, c'è molto lavoro da fare, ma la sensazione è che non si potrà che ripartire dallo schema consolidato e che almeno la piattaforma europeista e atlantista sia al sicuro.

E questo successo della destra, quindi?

Quanto detto finora, attenzione, non significa che non sia cambiato nulla. I successi delle formazioni di destra nei tre maggiori Paesi europei determineranno comunque lo spostamento degli equilibri delle politiche dell'Europa, perché non tutto sarà riconducibile agli equilibri numerici nel Parlamento. Del resto, anche nella scorsa legislatura è stata determinante l'influenza di politici come Meloni, formalmente estranei alla maggioranza. Von der Leyen, ad esempio, ha cercato più volte la sponda della leader di ECR, appoggiandola sul dossier migranti e tenendo conto delle sue (e non solo sue) perplessità sulle politiche green. Conteranno molto i rapporti di forza in Commissione e in Consiglio, specie se in Francia le cose dovessero cambiare, insomma. Le destre conteranno molto e la loro crescita nelle tre maggiori nazioni del Continente è un dato politico dirimente. Ma le loro divisioni e la tenuta complessiva dei partiti europeisti (al netto delle sbandate del PPE) sono la garanzia di una certa continuità.

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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