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Chi ha preso davvero le decisioni durante l’emergenza Coronavirus

L’emergenza coronavirus è un evento senza precedenti, che ha inciso profondamente non solo sulla vita e sulle libertà fondamentali dei cittadini, ma anche sull’esercizio del potere a livello politico, ma non solo. Uno studio di Openpolis ha evidenziato come sono cambiati i processi decisionali durante la pandemia, nella giungla di task force e ordinanze.
A cura di Annalisa Girardi
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L'emergenza coronavirus ha cambiato il modo in cui vengono prese le decisioni a livello politico, e non solo. Sopratutto nelle prime fasi, la coordinazione della catena di comando a livello nazionale, regionale e dei Comuni non è stata semplice. Si è creata molta confusione rispetto alle competenze e ai poteri coinvolti, complicatasi ulteriormente con il passare dei giorni visto il numero di task force e comitati che hanno partecipato ai processi decisionali. Spesso, per i cittadini è risultato difficile capire che istituzione politica o unità di crisi ci fosse dietro una specifica misura. Provvedimenti che sono andati anche a incidere sulle loro libertà fondamentali sancite dalla Costituzione. Per questa ragione Openpolis ha voluto analizzare i protagonisti dell'emergenza fino ad oggi, cercando di evidenziare i campi in cui questi sono intervenuti e con quali strumenti hanno potuto farlo.

In Italia lo stato di emergenza è stato dichiarato il 31 gennaio scorso per un periodo di sei mesi. Da quel momento, prima che il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, si presentasse in Parlamento per informare sulle iniziative del governo. In quelle settimane, la gestione dell'emergenza è stata complessa tra Stato e Regioni, dando vita a numerose polemiche e gettando spesso i cittadini nella confusione rispetto ai comportamenti concessi e quelli vietati. Dalla dichiarazione dello stato di emergenza, inoltre, la gestione sul territorio è stata affidata alla Protezione Civile, guidata da Angelo Borrelli, a cui spetta il potere di ordinanza. Il processo decisionale, al quale si sono ritrovati sottoposti i cittadini, non è stato quindi solo verticale dallo Stato ai Comuni, passando per Regioni e Province: da subito si è anche iscritta nella catena di comando un'operazione orizzontale che ha visto sin dalle prime settimane l'entrata in scena di unità di crisi, comitati e task force.

Non è però stato sempre semplice, sottolinea Openpolis, risalire ai componenti di questi organismi, o ai poteri da loro esercitati. In seno all'emergenza coronavirus, sono state registrate 16 task force e 19 unità di crisi: "A questi poi si è dovuto aggiungere le varie cabine di regia, come anche le persone a cui sono state affidate specifiche deleghe dal soggetto attuatore (il presidente di regione), o che sono state nominate a supporto del soggetto attuatore", si legge nel report. Sono poi stati individuati 1.466 incarichi mappati in tutto il Paese: 636 ascrivibili a enti sanitari, 442 alle Regioni, 274 incarichi a livello nazionale e 114 riguardanti le prefetture.

Da aggiungersi alla difficoltà di capire il regolamento in vigore, visti i numerosi atti emanati. Openpolis ne registra 73 da parte del ministero della Salute, 59 della Protezione Civile, 23 del ministero dell'Interno, 21 della Presidenza del Consiglio, 11 da parte del commissario straordinario Domenico Arcuri e 9 emanati dall'Istituto superiore di sanità.Ma non si è trattato solo delle evidenti difficoltà nel capire a che ordinanza regionale, decreto ministeriale o comunicato stampa di una task force fare riferimento: un problema si è anche registrato nella comunicazione. In merito alla complessità delle numerose strutture create ad hoc per l'emergenza e le personalità che le formano. Anche per quanto riguarda gli incarichi pre-esistenti: ad esempio, aggiunge sempre Openpolis, 13 referenti sanitari su 20 sono rintracciabili dai siti internet, mentre sugli altri non vengono fornite le informazioni necessarie.

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