Chi ha debiti per 150mila euro non saldati col fisco rischia fino a 2 anni di carcere: il decreto in Cdm
Dopo la comunicazione affidata ai social da Giorgia Meloni, la retromarcia sul redditometro è praticamente certa: il decreto è stato bloccato quando già era in Gazzetta Ufficiale. Se ne parlerà nel Consiglio dei ministri di domani, ma già oggi nella riunione preliminare verrà presentata la bozza del decreto delegato della riforma fiscale, il cosiddetto "decreto Leo". Tra le novità contenute nel decreto ci sono le pene da scontare in carcere: se non vengono saldati dei debiti dai 150mila euro in su, si rischiano dai sei mesi ai due anni di reclusione.
"Viene punito con la reclusione chiunque non versa, entro il 31 dicembre dell'anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione di sostituto di imposta – si legge nella bozza – ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituti per un ammontare superiore a 150mila euro per ciascun periodo se il debito tributario non è in corso di estinzione mediante rateazione".
Chi non sta già pagando i debiti arretrati a rate, insomma, potrebbe finire in prigione. E le pene sarebbero le stesse anche per i debiti non saldati sull'imposta sul valore aggiunto: chi dovrà più di 250mila euro al fisco potrebbe dover scontare fino a due anni in carcere.
Cosa contiene la proposta (accantonata) sul redditometro
Per quanto riguarda il redditometro, secondo quanto previsto dalla bozza di decreto, l'Agenzia delle entrate avrebbe potuto verificare la presenza di una discrepanza tra reddito reale e dichiarato della persona sospettata di evasione: per farlo, sarebbe stato necessario analizzare la sua capacità di spesa e constatarne l'incompatibilità con quanto dichiarato al fisco. L'avviso di accertamento sarebbe scattato per quei casi in cui il divario tra reddito reale e dichiarato fosse stato uguale o superiore al 20%. Questo decreto avrebbe avuto la funzione di riformulare lo strumento del redditometro dopo che era stato congelato nel 2018 dal primo governo Conte.
Il decreto Leo, che sarà discusso e quasi certamente accantonato – almeno per quel che riguarda il redditometro – tra il pre-Consiglio di oggi e il Cdm di domani, prevedeva il censimento di 56 voci di spesa, "distinte per gruppi e categorie di consumi del nucleo familiare di appartenenza del contribuente" e "desunte dall'indagine annuale sulle spese delle famiglie" condotta annualmente dall'Istat.