Chi era Licio Gelli, l’uomo che vendeva materassi
Si parla tanto di banche in questo paese. Banche sull’orlo del fallimento, o già fallite, sempre pronte ad essere aiutate da questo o quel governo, ieri come oggi.
Vi ricordate di Michele Sindona e della sua Banca Privata Italiana? Fu ammazzato Giorgio Ambrosoli perché si mise di traverso al salvataggio (che significava riciclaggio dei proventi mafiosi) voluto dagli “amici” democristiani. Vi ricordate del “suicidio” di Roberto Calvi sotto il Blackfriars Bridge a Londra? Sulla sua morte il mafioso pentito, Francesco Marino Mannoia, dichiarò: «Calvi si era impadronito di una grossa somma di danaro che apparteneva a Licio Gelli e a Pippo Calò. Prima di fare fuori Calvi, Calò e Gelli erano riusciti a recuperare decine di miliardi e, quel che più conta, Calò si era tolto una preoccupazione perché Calvi si era dimostrato inaffidabile». Nel 2005, Gelli fu formalmente indiziato dai magistrati romani per la morte di Calvi. Durate il processo per scagionarsi incolpò personaggi connessi con i finanziamenti di Roberto Calvi al movimento polacco Solidarność, presumibilmente per conto del Vaticano.
Quando si parla di banche in questo paese si ha sempre a che fare con un sistema drogato dietro cui si celano relazioni e trame invisibili a favore di qualcuno contro tutti, soprattutto i risparmiatori. Così può capitare che dalla banche si finisca a discutere di massoneria e di quel buco nero che è l’insieme dei misteri italiani, la cui storia rischia di essere seppellita con il corpo di Gelli.
Ma la cosa più paradossale è che lo scandalo della banca Etruria riguarda Arezzo, ovvero la città dove viveva il venerabile, nella impenetrabile villa Wanda. Una volta sono stato davanti ai cancelli a manifestare con i ragazzi dell’Arci aretina durante una Carovana anitmafia. Lo stile architettonico è rinascimentale con il tetto in tegole a cappello. Il colore è un anonimo giallo paglierino e sembra in tutto e per tutto una delle tante residenze della campagna toscana. Prima che Gelli l’acquistasse era di proprietà della famiglia Lebole con la quale era entrato in affari per la fabbricazione di materassi.
Se ci pensate è davvero bizzarro il fatto che il gran maestro producesse giacigli. Sembra quasi una presa in giro: “Con Gelli dormirete sonni tranquilli”, questo sarebbe potuto essere lo slogan del nuovo regime autoritario instaurato dagli uomini di Propaganda 2.
Purtroppo sulla loro strada capitò un tal Gherardo Colombo che, indagando sull'omicidio dell'avvocato Ambrosoli e sulla finta scomparsa del banchiere Sindona, arriva, il 17 marzo 1981, a mettere le mani sull’elenco degli iscritti alla P2: 962 nomi, buona parte della classe dirigente italiana e dei servizi segreti implicati nel depistaggio delle stragi. «Cinquemila fogli – ricorda Colombo – più 36 o 37 buste sigillate, ciascuna contenente una notizia di reato… Passiamo due notti a fotocopiare ed autenticare quelle carte. Ma poi la Cassazione decide che il fascicolo deve passare a Roma e in breve tempo si archivia. Non è necessario pensar male, era un dato assolutamente scontato, allora, che non si potesse guardare in certi cassetti. Ma se si fosse indagato ancora, avremmo scoperto Tangentopoli con dieci anni di anticipo. E molti punti ancora oscuri del nostro passato si sarebbero chiariti di più».
Se vogliamo veramente capire chi era quest’uomo non si può prescindere dal ricostruire la sua vicenda biografica antecedente al clamore mediatico. Dopo l'8 settembre 1943, ovvero a soli 24 anni, aderì alla Repubblica di Salò. Gli fu affidato l’incarico di ufficiale di collegamento fra il governo fascista e il Terzo Reich. Tuttavia, quando comprese che la disfatta dei nazifascisti era ormai certa cambiò casacca schierandosi con le brigate partigiane. Cominciò, così, a fare il doppio gioco accreditandosi con i futuri vincitori.
Insomma, mentre ufficialmente era un fascista, segretamente faceva il comunista. Non si trattava di una scelta ideologica piuttosto era un modo per “acconciarsi” al nuovo regime. Tanto è vero che qualche anno dopo lo ritroveremo ben piazzato a Frosinone (nel collegio elettorale di Giulio Andreotti) ricoprendo il ruolo di direttore dello stabilimento Permaflex.
Fascista, comunista, democristiano, a seconda delle fasi storiche. Tutto e niente. Sempre dalla parte del più forte al momento giusto e senza clamore, navigando sotto traccia. Il profilo è quello tipico dell’agente segreto, in un mondo diviso tra russi e americani, che, avendo ricevuto carta bianca (da chi?), si muove a suo piacimento strumentalizzando uomini, istituzioni e strutture secondo fini preordinati tesi al raggiungimento di un nuovo assetto autoritario, ovvero di apparente democrazia. Non a caso lo ritroviamo coinvolto anche in Gladio, la struttura paramilitare fantasma messa su per intervenire in caso di vittoria del Pci.
Da queste poche notizie si può ritenere verosimile la descrizione tracciata nella relazione di maggioranza della commissione d’inchiesta sulla P2, presieduta da Tina Anselmi:
«Abbiamo visto come Licio Gelli si sia valso di una tecnica di approccio strumentale rispetto a tutto ciò che ha avvicinato nel corso della sua carriera. Strumentale è il suo rapporto con la massoneria, strumentale è il suo rapporto con gli ambienti militari, strumentale il suo rapporto con gli ambienti eversivi, strumentale insomma è il contatto che egli stabilisce con uomini ed istituzioni con i quali entra in contatto, perché strumentale al massimo è la filosofia di fondo che si cela al fondo della concezione politica del controllo, che tutto usa ed a nessuno risponde se non a se stesso, contrapposto al governo che esercita il potere, ma è al contempo al servizio di chi vi è sottoposto. Ma allora, se tutto ciò deve avere un rinvenibile significato, quest'altro non può essere che quello di riconoscere che chi tutto strumentalizza, in realtà è egli stesso strumento. Questa infatti è nella logica della sua concezione teorica e della sua pratica costruzione la Loggia Propaganda 2: uno strumento neutro di intervento per operazioni di controllo e di condizionamento».
Chi sia stato Licio Gelli non è dato saperlo, l’unica certezza che abbiamo è la sua morte e il silenzio assordante di numerose vittime a cui non è stata data giustizia.