"Beppe Grillo e Nigel Farage si sono incontrati oggi a Bruxelles per condividere un pasto e discutere di un futuro rapporto che potrebbe portare alla formazione di un nuovo gruppo al Parlamento europeo". La comunicazione dell'ufficio stampa di Nigel Farage, rilanciata dal blog del capo politico del Movimento 5 Stelle, ufficializza quello che è senza dubbio il fatto politico del momento: l'ipotesi di un accordo organico in sede europea con l'Ukip inglese. Del resto, Farage non usa mezzi toni e parla di una "mossa che dovrebbe incutere timore ai burocrati di Bruxelles" e spiega che "potremmo divertirci e causare un sacco di guai con Bruxelles". Ovviamente l'ipotesi di un accordo Ukip – M5S è stata accolta con preoccupazione e diffidenza, anche all'interno del Movimento. Se Grillo si limita a dire che "siamo ribelli con una causa e combatteremo con il sorriso", non mancano tante perplessità relative soprattutto alla piattaforma politico – ideologica dell'Ukip, il partito conservatore di Farage che alle ultime europee ha ottenuto un successo senza precedenti, collocandosi ben oltre il 27% dei consensi.
L'Ukip è un partito anomalo, che per nascita e struttura sembra ricordare il Tea party statunitense (pur con profonde differenze). Nasce nel 1993 per iniziativa del nazionalista Alan Sked, attraendo da subito alcuni tories oltranzisti (l'estrema destra del Partito Conservatore, in pratica) e si caratterizza fin da subito per la scelta isolazionista, con la contrarietà al Trattato di Maastricht e la proposta del ritiro dall'Unione Europea. Il primo exploit lo ottiene nel 1999 quando alle Europee conquista il 7% dei consensi e 3 parlamentari, per poi tornare, tra alterne vicende, ad una percentuale nettamente più bassa negli anni a seguire. Nel 2006 la svolta, con la guida assunta da Farage (con un breve intervallo tra il 2009 ed il 2010) e la svolta in termini di proposta politica. L'Ukip di Farage (che ora ha tre membri nella camera dei Lord e 24 seggi al Parlamento Europeo) si struttura territorialmente e avvia una revisione della piattaforma politico – ideologica che lo porta in qualche modo ad andare oltre la sola questione "isolazionista" e ad abbracciare alcuni temi cari alla base liberale e conservatrice. L'Ukip, che nel frattempo macina consensi alle elezioni locali, diventa sostanzialmente un partito ultra-conservatore, che si pone l'obiettivo di "svuotare" il bacino elettorale del partito conservatore, che, essendo al Governo, appare necessariamente "timido" su alcuni punti cari al suo elettorato "duro e puro".
Dal punto di vista della politica economica, Farage si muove nell'orizzonte della destra ultraliberista, con la revisione della politica fiscale (propone una sorta di flat tax, l'aliquota unica indipendente dal reddito), il ricorso a massicce (ed ulteriori) privatizzazioni nel quadro della contestazione dell'invasività dello Stato e la revisione della spesa pubblica. Quest'ultimo punto si riallaccia ad una delle questioni più controverse dell'intera proposta politica dello United Kingdom Independence Party: l'immigrazione e le sue conseguenze in termini di costi per lo Stato e di stabilità sociale.
Farage in una recente intervista al Giornale ha messo le mani avanti, spiegando che "il nostro messaggio non è radicale o estremista ma solo di buon senso: spetta solo agli inglesi di occuparsi di temi tanto importanti come l'immigrazione". In sostanza Farage critica brutalmente le normative comunitarie in materia di immigrazione, sia per quel che concerne i cittadini extracomunitari che per quelli comunitari: "Si arriva a un punto di rottura quando una cosa chiamata Unione europa inizia a scrivere la maggior parte delle tue leggi e finisce per essere una porta aperta per 485 milioni di persone. […] Dobbiamo tornare a controllare le nostre frontiere. Dobbiamo poter dire agli europei meridionali e orientali: se hai una qualifica professionale che ci serve, ti daremo un lavoro, ma non possiamo darti subito tutti i benefici del Welfare. Non abbiamo i posti nelle scuole per i tuoi bimbi". Lla critica è strumentalmente rivolta alla "invasione dei cittadini bulgari e rumeni" che, oltre ad essere contestato dal punto di vista "concettuale", è ritenuto fonte di spreco delle risorse economiche del Regno Unito. Scrive Dario Mazzocchi su RightNation: "Dallo scorso gennaio gli emigranti rumeni e bulgari possono liberamente attraccare sulle coste a sud dell’isola e alla vigilia del nuovo corso il timore di assistere ad un’invasione dall’est europeo ha tenuto banco sulla stampa popolare che ha riproposto le immagini provenienti da alcuni quartieri delle maggiori città del continente, in particolari tedesche, in balìa di comunità di zingari e rom, con condizioni igienico-sanitarie misere e ridotti in fatiscenza […] Razzismo? Farage ha dovuto fare i conti con alcune uscite dei suoi candidati più in vista che non hanno saputo dosare le parole, ma ha trovato un altro punto su quale controbattere per aggirare le accuse: la sanità.[…] “Il solo turismo sanitario costa 2 miliardi di sterline”, si legge nel manifesto dello UKIP: il servizio pubblico è sotto attacco, è tempo di riconquistare il controllo dell’isola. Così gli spazi verdi, messi all’angolo dall’aumento prossimo della popolazione – causato dall’immigrazione di massa – e le scuole".
La questione immigrazione dunque appare centrale nella riflessione politica dell'Ukip. Ecco, diciamo subito che, al netto delle interpretazioni successive, non è complicato trovare alcuni punti in comune fra la linea della "sostenibilità" di Grillo e quella della chiusura preventiva di Farage. Le differenze sono però profonde e legate evidentemente alla sovrastruttura ideologica a sfondo nazionalista / razzista dell'Ukip, che non può in alcun modo essere paragonata alla riflessione grillina (ricordiamo, per inciso, il voto della base grillina sul reato di clandestinità o la valutazione sull'operazione Mare Nostrum). Ed è anche per questo motivo che si sono levate molte voci critiche sulla prospettiva di una alleanza organica con l'Ukip. Stesso discorso sulla questione dei diritti civili, con Farage che, pur evitando accuratamente di esporsi personalmente, non può certamente far finta di ignorare la posizione dello zoccolo duro del suo elettorato.
Il piano sul quale Grillo e Farage invece hanno mostrato di intendersi è quello della critica "all'Europa dei tecnocrati e dei banchieri", responsabile dell'Austerity e della gestione pilotata della crisi in Grecia ed in Italia. Il "popolo grillino" ha scoperto Farage col famoso intervento nel quale accusava Van Rompuy e compagnia di aver messo in atto una serie di colpi di mano per pilotare le crisi di Governo in Grecia ed in Italia, lamentando l'esautorazione della volontà popolare e prospettando uno scenario in cui la Troika agisca come una sorta di dittatura occulta nell'intero Vecchio Continente. Una lettura condivisa in casa 5 Stelle che però appare tutto sommato limitante, rispetto alla complessità dei temi in gioco. Considerando solo i 7 punti per l'Europa del M5S, infatti, si scopre che: su alcuni punti le divergenze con Farage sono profonde (Eurobond, investimenti e finanziamenti); sulla politica europea comune i due partito sono in antitesi; sul referendum sull'euro ed il pareggio di bilancio non è possibile fare un confronto a causa della specificità britannica. Probabilmente solo sull'abolizione del fiscal compact Grillo e Farage potrebbero trovare terreno comune (va da se che la questione è davvero molto complessa). Poi va detto che l'Ukip è un partito tradizionale, che non rinuncia ai rimborsi (lo stesso Farage è accusato di aver sprecato fondi europei e di non aver rendicontato spese per centinaia di migliaia di sterline), che appare scettico nei confronti della "democrazia diretta" (o meglio, alle aperture "di concetto" di Farage non sono mai seguiti passaggi formali o concreti nelle pratiche decisionali dell'Ukip) e con una classe dirigente non di primissimo pelo. Per non parlare del fatto che l'eventuale collocazione del M5S nel gruppo di cui fa parte l'Ukip rappresenterebbe una chiara indicazione "politica": il gruppo "Europa della Libertà e Democrazia" è infatti molto vicino alla destra conservatrice.
Insomma, la domanda (che in effetti si fanno tanti parlamentari M5S) resta: ma che c'azzecca l'Ukip con il Movimento 5 Stelle?