Chi ci guadagna con il taglio dei tassi della Bce e cosa succederà nel 2025: lo spiega un economista
La Banca centrale europea continua la sua politica di taglio dei tassi di interesse: giovedì è arrivato il quinto taglio in poco più di sei mesi, pari a 25 punti base. Questo ha portato il tasso sui depositi – il più importante per mutui e prestiti – al 2,75%. Fanpage.it ha intervistato, ordinario di Economia degli intermediari finanziari all'università La Sapienza di Roma, per spiegare che effetto avrà sulle famiglie questo nuovo taglio. E anche per capire cosa ci si può aspettare nel 2025: molti analisti pensano che arriveranno altre riduzioni dei tassi, ma Pesic ha spiegato che in questo momento l'incertezza sui mercati è alta.
Professore, in poche parole, perché le decisioni della Bce sono importanti per le famiglie che hanno un mutuo o che lo vogliono richiedere?
La politica di tasso fissata dalla Banca centrale europea è un punto di riferimento per le banche, per tutte le attività di finanziamento e prestito che effettuano con la Bce, tra di loro, e poi con la clientela. Quindi diciamo che quando la Bce muove il livello dei tassi – in rialzo o, come un questo caso, in ribasso – questo cambia di conseguenza, in modo più o meno proporzionato, tutti i tassi di mercato. Inclusi quelli dei prestiti alle famiglie.
Che effetti avrà l'ultimo taglio da 25 punti base?
È. un'operazione di riduzione del costo del denaro. Questo porterà un conseguente adeguamento per tutti i finanziamenti o prestiti a tasso variabile. Tutti coloro che in questo momento hanno un finanziamento a tasso variabile dovrebbero beneficiarne. Chi invece ha avuto la ‘prudenza' di scegliere un mutuo a tasso fisso non è stato colpito in passato dal rialzo dei tasso, e non viene beneficiato oggi dal loro taglio.
In più la riduzione dovrebbe portare anche dei benefici sul mercato finanziario. Gli strumenti finanziari dovrebbero registrare un leggero rialzo dei prezzi, perché più è basso il costo del denaro, più diventa conveniente investire. Infine, c'è un aspetto di cui tenere conto che riguarderà direttamente le banche commerciali tradizionali.
Ovvero?
Si tratta degli istituti che avevano beneficiato del rialzo dei tassi negli ultimi anni. Questa diminuzione dei tassi, progressivamente porterà a una riduzione del loro margine di interesse. Quindi, insomma, tornerà di attualità il tema dell'evoluzione dei modelli di business delle banche, probabilmente anche con la necessità di sviluppare nuove tipologie di servizi meno dipendenti dalle condizioni di tassazione di mercato.
È la quinta volta che la Bce abbassa i tassi d'interesse, dalla metà dello scorso anno a oggi. Perché?
Perché le condizioni che avevano portato la necessità di un rialzo dei tassi, ovvero le dinamiche di forte inflazione, negli ultimi tempi si erano ridotte. In più ovviamente il rialzo dei tassi, oltre a portare a una riduzione dell'inflazione, rischia anche di causare un rallentamento dell'economia. Le imprese hanno più difficoltà a effettuare investimenti, le famiglie hanno più difficoltà nell'accedere a risorse finanziarie per l'acquisto della casa e altri finanziamenti…
In passato, c'è chi ha chiesto alla Banca di fare tagli più consistenti, magari di 50 punti base. Secondo lei perché invece la Bce ha scelto di restare su tagli contenuti?
Sono tagli progressivi e continui, l'obiettivo delle Banche centrali è sempre di intervenire in maniera non troppo drastica per non creare shock nei mercati, difficilmente si muovono in maniera drastica. Un'adozione progressiva di questi tagli fa sì che tutti gli intermediari, tutti gli operatori del mercato recepiscano questo segnale in maniera soft. Non bisogna essere né troppo bruschi né troppo scontati.
Per il 2025 ci possiamo aspettare altri tagli?
Ci si aspetta che ci possa essere un'ulteriore riduzione, ma su questo non c'è un consenso generale. Anche perché c'è un meccanismo da tenere in considerazione. Cambiare i tassi serve a indurre gli operatori economici a cambiare il proprio comportamento. Se tutti fossero certi che ci sarà un altro ribasso, si adeguerebbero di conseguenza già prima che questo avvenga. E così quella riduzione perderebbe di valore. Al momento, poi, si sta aprendo una fase di incertezza.
Anche Christine Lagarde, presidente della Bce, ha parlato di incertezza. Per quale motivo?
Soprattutto perché la nuova amministrazione americana, con questa politica dell'"America prima", con le ipotesi di dazi per tutti gli altri Paesi, potrebbe mettere in difficoltà tutte le economie che sono basate sull'export. Siccome l'Europa ha molto puntato su questo, ci può essere qualche prospettiva di di criticità. Il timore c'è. L'atteggiamento della Bce in questo senso può essere una presa di posizione rispetto a uno scenario che si potrebbe verificare.
Negli Stati Uniti la Fed, l'equivalente americana della Bce, ha smesso di tagliare i tassi d'interesse. Questo può avere un effetto anche per noi?
Gli Stati Uniti adesso scontano un momento di transizione, potrebbe esserci un cambiamento drastico nella loro politica economica e internazionale. La parola che più caratterizza il mercato è "incertezza". Quindi, anche per gli istituti è complesso capire in che direzione ci si stia muovendo.
Detto questo, l'economia americana ha delle condizioni di crescita sicuramente più forti di quelle che abbiamo in questo momento in Europa, perciò da noi una politica monetaria restrittiva rischierebbe di avere effetti peggiori: alcuni settori industriali sono in grande difficoltà, un importante Paese manifatturiero come la Germania è in grave difficoltà, e noi siamo molti integrati nella filiera tedesca. La grande sfida per l'Europa, in questo momento, è quella di decidere che vuole fare da grande. Per forza di cose, dovrà prendere posizione su tutta una serie di temi.